Ristorante etnico come un lager: 60 ore di lavoro a settimana per 3 € all’ora
Dici ristorante etnico e sei sicuro che agli italiani, magari campanilisti quando devono mettersi a tavola, l’idea piace. Siamo curiosi di conoscere e sperimentare le cucine degli altri.
A volte, però, dietro a un mondo affascinante, dietro insomma a un ristorante etnico, si nascondono situazioni incresciose, se non proprio dei simil lager. Succedeva fino a qualche giorno fa in un ristorante di Pordenone, il cui nome non è stato reso pubblico, ora chiuso per aver sfruttato il lavoro dei 10 dipendenti.
I due titolari sono stati denunciati per una serie nutrita di reati. Lesioni colpose, minacce nei confronti di un lavoratore, falso documentale, uso indebito di sistemi di controllo dei lavoratori.
È scattata una multa di oltre 20 mila euro comminata per: impiego di lavoratori «in nero», registrazione irregolare delle ore lavorative e superamento dell’orario massimo di lavoro consentito.
Il ristorante dovrà anche versare circa 140 mila euro di contributi previdenziali a causa degli orari effettivamente svolti dai propri lavoratori.
3 euro netti all’ora
Gli accertamenti del Nucleo Carabinieri Ispettorato del Lavoro di Pordenone ha fatto emergere una situazione comune a tutti i dipendenti, sia stranieri che italiani giovani. Come ha raccontato Il Gazzettino, i lavoratori svolgevano oltre 60 ore settimanali non contabilizzate in busta paga. Venivano retribuiti con la paga prevista per il contratto part-time anche se lavoravano per un numero di ore molto superiore. Ne risultava un salario di circa 3 euro netti all’ora.
Ma non basta. All’interno del locale era stata installata una web-cam, ora sequestrata, usata dai titolari per avere il controllo continuo e in tempo reale dei propri dipendenti, così da poterli esortare a essere più attivi.
Il punto più basso si è toccato quando uno dei dipendenti, senza contratto, è stato minacciato per non denunciare agli uffici competenti una grave infortunio accaduto durante l’orario di lavoro.