Romeo chef&baker prende punti anche con il Calvados di Chateau d’Hebertot
Parlando di Romeo chef&baker finisce che viene in mente il liquido ambrato che Romeo offriva a Giulietta per brindare al loro amore. Ancora troppo presto per l’epoca per mettergli un’etichetta. Ma qui, nel XXI secolo la troviamo idealmente sulla bottiglia del Calvados di Chateau d’Hebertot. A Roma possono trovarlo nel nuovo locale aperto da pochi giorni a Roma. Ci siamo andati perché, dopo averne tanto letto e visto che conosciamo bene Glass e Roscioli, eravamo curiosi di testarlo sul versante distillati.
Ne abbiamo tratto le seguenti conclusioni: ambiente intrigante, locale invitante e certamente meritevole di una visita anche solo per l’innovativa impostazione architettonica della struttura, sicuramente per assaggiare il già celebrato hamburger Umami e, aggiungeremmo, per una tenerissima e saporita guancia di manzo con patate e mousse di castagne.
Ma… ma, e qui torniamo a noi, a fine pasto abbiamo chiesto se avevano un buon Calvados. E lo avevano, uno ma lo avevano, veramente interessante. E possiamo dire che, a parità di costo (che sembra essere una delle variabili più in voga nella Rete), non sfigura per esempio davanti al panino con pastrami di lingua, destinato questo a riempire lo stomaco piuttosto che a svuotarlo come fa il Calvados e anzi regala un bel momento di magia sensoriale.
Eccolo: Marquis d’Aguesseau, 20 ans XO, A. C. Pays d’Auge, Chateau d’Hebertot, fatto con tre diverse tipologie di mele (ce ne vuole una tonnellata per 700 litri di sidro a 6°), prima produzione ufficiale nel 17° secolo per un distillato cremoso che al naso offre un forte impatto di mela accompagnato da sentori di agrumi canditi, marzapane, pan di spagna e spezie.
In bocca, ancora tanta mela con mandarino cinese, zenzero e scorza di limone che portano verso un finale dolce-amaro di torroncino e mandorla tostata.
Che dire? Un bel Calvados tutto giocato sul frutto d’origine per esaltarne ogni singola sfumatura. 3 scatti e ½.
[Carlo Bertilaccio]