Schede del vino. Ceretto Barolo Bricco Rocche Prapò 2000. 4 scatti!
Prima cosa, confessare: quella minima carenza d’attenzione che finisci col dare (come a un figlio più bello e fortunato, quasi per non fa torto agli altri meno baciati dalla sorte) a quelle aziende che, assolutamente per merito, e con lungimiranza, hanno costruito un sistema di comunicazione e relazioni fitte che fa sì che di loro si parli spessissimo e da un sacco di parti.
Ecco: di queste aziende qui, e Ceretto ne è una “principessa”, io finisco col parlare meno del giusto. Ripeto: quasi per pudore. E finisco anche col nutrire, lo voglia o no, un filo di cautela sul prodotto. Come se, siccome se ne scrive in media di più, debbano dare più del normale per meritare anche la mia attenzione. Per fortuna poi, però, capita in mano la bottiglia che – a modo suo – ti dà una pacca sulla spalla, e ti dice: amico, ferma le bocce e rimettiamo i numeri in ordine giusto.
I numeri, già. Come il 2000. Altra fonte di sospetto, tonda e magica com’è la cifra e tanta è stata l’enfasi che a quella vendemmia venne attribuita. Salvo, anche in Barolo, preferire poi molti la precedente o la successiva. Mah… Misteri della fede. Fatto sta che Prapò 2000, in cantina da me da 6 anni, in piedi da 36 ore, aperto 6 ore prima di versare (antico rito, più che altro), servito a 17° scarsi (qui, scusate, ci tengo: odio i vini rossi brodo e i bianchi polari troppo spesso ammannitici in giro) ha spazzato via i dubbi alla prima snasata.
Fresco e vivo, con antichi sentori di bosco oltre che di frutto, e moderni e fini di fiore appassito. Poi in bocca tannino domestico e finemente presente, centro palato soddisfatto, finale di lunghezza ottima. Un bijoux. Senso di colpa hurrà, ho preso il telefono e “smsato” Roberta Ceretto. E sapete che ha risposto? “Sono particolarmente felice perché quello è l’anno in cui mio cugino Alessandro ha debuttato alla produzione. Si vede che buon sangue non mente!”. E si vede che no… Congratulations.
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