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Ricette
5 Maggio 2019

Soufflé: la ricetta scientifica spiegata in 5 punti

Il soufflé è considerato uno dei piatti, dolce o salato, più raffinati della cucina francese. Preparare un soufflé non è semplicissimo. C'è bisogno di
Soufflé: la ricetta scientifica spiegata in 5 punti

Il soufflé è considerato uno dei piatti, dolce o salato, più raffinati della cucina francese.

Preparare un soufflé non è semplicissimo.

C’è bisogno di rigore ed attenzione, tant’è che costituisce il banco di prova per valutare l’abilità di una buona cuoca o cuoco: deve essere cotto bene e lentamente. E non deve avere un cuore secco. Si narra che in passato i grandi chef, per scaramanzia preferivano non prepararlo spesso perché si sentivano sempre in tensione e temevano che un fallimento potesse compromettere la loro carriera.

La parola soufflé deriva dal francese souffler che significa “soffiare”, proprio ciò che accade all’impasto quando è messo a cuocere in forno: si “gonfia”.

Delicato, saporito ma soprattutto soffice, è il perfetto equilibrio tra la fragranza della parte esterna e la cremosità del ripieno che può essere dei più svariati gusti (verdure, funghi porcini, ma anche yogurt, frutta).

Per la nostra web serie La ricetta scientifica, ve lo proponiamo con gli asparagi.

Sul web tra le diverse versioni della ricetta c’è quella dello chef francese Cyril Lignac, che utilizza la panna e l’amido anziché il latte e la farina.

Tutte vi suggeriranno il modo per evitare che il soufflé si afflosci il meno possibile proprio come in questo articolo in cui ho utilizzato la ricetta “classica”, ovvero quella che parte dalla salsa bechamel.

La ricetta scientifica del soufflé

Ingredienti (per 6 stampini monodose di 9 cm di diametro)

200 g di asparagi puliti
250 ml di latte
20 g di burro
20 g di farina
30 g di Grana Padano
4 tuorli
3 albumi
Noce moscata
Sale
Pepe
Burro e semolino per gli stampi

1. Béchamel o besciamella

Considerata nella cucina francese una salsa madre, perché con delle aggiunte è possibile ottenere altre salse, prenderebbe il nome dal marchese di Nointel, Louis de Béchamel, che per primo nel XVII la propose nelle sue ricette.

Il nome besciamella, però, le fu assegnato solo dopo da Francois Pierre de la Varenne, cuoco del Re Luigi XIV, che la inserì nel suo libro di ricette “Le Cuisinier François” dandole questo nome per onorare il suo inventore. Anche se parrebbe essere altrettanto valida la teoria che vorrebbe una probabile origine Italiana della besciamella: deriverebbe dalla toscana salsa colla e sarebbe stata esportata in Francia da Caterina de’ Medici.

Ma veniamo a noi: la ricetta classica della besciamella impone parti uguali, in peso, di farina e grasso, solitamente il burro.

Necessita sempre che questo sia in quantità sufficiente da ricoprire tutti i granuli di amido presenti, ma non deve essere eccessivo, e vedremo poi che variare le quantità di burro e farina rispetto al latte ci servirà per avere una salsa più o meno liquida.

Facciamo sciogliere il burro in una casseruola o una padella dai bordi alti e, se non disponiamo del burro chiarificato avanzato ad esempio da quello preparato per cuocere la cotoletta alla milanese, vedremo il burro iniziare a schiumare, sarà l’acqua ad evaporare.

Attendiamo circa un minuto a fuoco medio/basso, quando diminuiscono le bolle buttiamo la farina, in un sol colpo, e mescoliamo con una frusta. Attendere l’evaporazione dell’acqua sarà l’unico modo per evitare la formazione di grumi, in quanto renderemo molto difficoltosa la formazione del glutine.

Continuando a mescolare dopo un paio di minuti vedremo la consistenza cambiare (diventerà più fluida), potremo abbassare il fuoco, far cuocere qualche minuto e prepararci ad inserire, sempre in una sola volta, il latte.

Che, lo dico una volta per tutte, deve essere freddo, o al massimo a temperatura ambiente. Spero ricordiate quanto detto a proposito dell’amido parlando della pasta e che evitiate quindi di inserire nella nostra besciamella del latte caldo: potremmo non essere riusciti a mescolare bene nella fase iniziale e, aggiungendo il latte caldo, porteremmo a gelificazione immediata la parte esterna di eventuali grumi di farina. E sappiamo che una béchamel, per chiamarsi tale, non deve avere grumi.

Chiaramente, per vederla addensare, dovremo portarla a temperatura vicina all’ebollizione e, una volta raggiunta, abbassare il fuoco al superminimo e continuare a cuocere per 4/5 minuti.

In questa fase io mescolo ogni tanto con la frusta, c’è chi usa il coperchio, l’importante è non far creare alcuna “pellicina” superficiale.

Saliamo, pepiamo, e grattugiamo della noce moscata, la nostra salsa sarà pronta per l’uso non appena raffreddata (o quantomeno intiepidita).

2. Grana Padano

Tutti conoscono i due formaggi da grattugiare Grana Padano e Parmigiano Reggiano. Due formaggi DOP, a pasta semidura, entrambi nati nel Nord Italia. Per entrambi si utilizza latte crudo, e per il Grana Padano viene utilizzato il latte crudo di massimo due mungiture dello stesso giorno, parzialmente scremato per affioramento.

Mediamente quindi il Grana Padano è un po’ più magro del Parmigiano (parliamo di piccole differenze), e per questo matura in tempi più brevi.

Per l’alimentazione degli animali che forniscono il latte per il Grana Padano è ammesso l’uso di insilati (ovvero cereali conservati all’interno di silos), che a causa dell’umidità del raccolto e della temperatura interna di questi grossi contenitori, tende a fermentare.

Il problema è strettamente legato a un batterio che vive proprio per la presenza dell’alimento fermentato, forte produttore di gas, che provoca danni irrimediabili nei formaggi, in particolare quelli a pasta dura e a lunga stagionatura. È proprio per questo che i produttori di Grana Padano intervengono preventivamente mediante l’utilizzo di lisozima, sostanza antibatterica e conservante.

3. Albume d’uovo

Basilare in questa preparazione, e andrà montato a neve.

Cerchiamo di capire, il più semplicemente possibile, cosa accade.

L’albume è composto per il 90% da acqua, il resto sono proteine, con tracce di minerali, grassi, vitamine e glucosio.

Le proteine nell’albume sono cariche negativamente e si respingono a vicenda.

Oltre a ciò hanno delle zone idrofobiche, che cercano di stare lontane dall’acqua, e delle zone idrofiliche, che amano l’acqua.

Sono rappresentabili come dei piccolissimi gomitoli di lana sospesi in tanta acqua.

Quando iniziamo a montare gli albumi, incorporiamo aria e, per effetto meccanico alcune proteine cominciano a “srotolarsi” parzialmente: stiamo “denaturando” le proteine, cioè svolgendo il gomitolo.

Le proteine si raccolgono a questo punto attorno alle bolle d’aria: i gruppi idrofobici si rivolgono verso l’aria e quelli idrofilici verso l’acqua.

Continuando a sbattere sempre più proteine si srotolano (cioè si denaturano) ed i filamenti srotolati di proteine cominciano a legarsi tra loro: inizia quindi la coagulazione. La battitura prolungata introduce nuove bolle mentre quelle già presenti si dividono in bolle sempre più piccole.

A questo punto le proteine formano un reticolo irregolare che imprigiona l’acqua e quest’ultima imprigiona le bollicine di aria.

Se si sbatte troppo la schiuma si ‘smonta’. Vuol dire che la coagulazione è eccessiva, cioè il reticolo è troppo fitto e le bolle d’aria troppo piccole. In questo caso le proteine non riescono a restare in soluzione e l’acqua viene drenata fuori dal reticolo, senza più riuscire a rientrarci.

Alcuni consigli (semplificati):

  • utilizziamo uova fresche, in quanto il pH delle uova tende a diventare alcalino (aumenta) perché l’uovo contiene anidride carbonica, sotto forma di acido carbonico disciolto in acqua che, col tempo, fuoriesce dal guscio; più è basso (acido) il pH, più stabile è la schiuma.
  • usiamo uova a temperatura ambiente, in quanto la temperatura iniziale dell’albume influenza il tempo che occorrerà per montarlo.
  • inutile utilizzare il sale, in quanto il vecchio consiglio è utile solo nella fase iniziale, perché il sodio neutralizza parzialmente le cariche negative delle proteine, permettendo loro di avvicinarsi; tuttavia, riduce la stabilità (in quanto interferisce con il lisozima, una proteina) e aumenta le perdite di liquido per la sua igroscopicità.

4. Asparagi

Gli asparagi sono ortaggi primaverili teneri e succulenti, estremamente ricchi di proprietà benefiche. Essi rappresentano una varietà perenne, la cui coltivazione in Europa ebbe inizio oltre mille anni fa.

Nel caso non lo sapeste, l’Italia è uno dei maggiori produttori europei di questa verdura insieme alla Francia e all Germania, e ne esistono tante varietà diverse, dagli asparagi verdi classici a quelli bianchi, passando per quelli selvatici e ad altre qualità diverse.

Gli asparagi sono uno scrigno di nutrienti benefici, e presentano un interessante contenuto di sali minerali, tra i quali è bene evidenziare il cromo, un minerale che permette di migliorare la capacità dell’insulina di trasportare il glucosio dal flusso sanguigno verso le cellule del nostro organismo.

Hanno davvero pochissime calorie, sono pieni zeppi di acido folico, e come l’avocado, i cavoli ed i cavolini di Bruxelles, risultano essere particolarmente ricchi di una sostanza denominata glutatione, che favorisce appunto la depurazione dell’organismo, migliorando la sua capacità di liberarsi di sostanze dannose e componenti cancerogeni, oltre che dei radicali liberi.

Un consiglio sul loro taglio: evitiamo di utilizzare il coltello ma spezziamoli con le mani uno a uno.  Basta piegare l’asparago tenendolo per le estremità e lo stesso si spezzerà esattamente nel punto in cui la parte legnosa della radice finisce per lasciar spazio alla parte edibile più saporita.

La parte più dura sarà utilizzabile per preparare un brodo per un successivo risotto, ad esempio.

E, a meno che non presentino un gambo molto robusto e coriaceo, il mio consiglio è di evitare di pelarli.

Per cuocerli, preferendo sempre le cotture brevi, esistono apposite pentole che permettono di tenere fuori le punte, cuocendole così con il solo vapore, ma il metodo migliore è quello della cottura completa a vapore, che qui utilizziamo.

5. Soufflé, come non farlo sgonfiare

Iniziamo cuocendo al vapore per circa 6/7 minuti (ne verificheremo la consistenza) i nostri asparagi puliti, conservando qualche punta cruda (se piace) per la guarnizione.

Frulliamo i gambi degli asparagi cotti e conserviamo le punte.

Io ne utilizzo 150 grammi, sminuzzando i rimanenti 50 grammi al coltello.

Con il latte, la farina, il burro e un pizzico di sale e pepe, prepariamo la besciamella come sopra descritto.

Facciamola raffreddare ed incorporiamo la mousse di asparagi che avremo fatto asciugare qualche minuto sul fuoco insieme agli asparagi tritati, il Grana Padano, i tuorli e per ultimi gli albumi montati, con il classico movimento dal basso verso l’alto, mai tutto in una volta.

Distribuiamo il composto in 6 stampini monodose per soufflé, ben imburrati e spolverizzati di semolino, quindi inforniamoli a 170°C per 25′ circa (ventilato).

Sforniamo, guarniamo i soufflé con le punte di asparago e serviamoli subito.

Ora qualche piccolo chiarimento su preparazione e cottura.

Hervé This, nell’ormai storico Pentole e provette, spiega che la convinzione comune, ovvero che l’aria presente nelle bollicine all’interno della massa, dilatandosi con il calore, faccia gonfiare il soufflé, è in parte sbagliata, in quanto questa dilatazione può provocare al massimo un rigonfiamento del 20%, mentre un bravo cuoco riesce a farlo almeno raddoppiare.

E ci chiarisce quindi come almeno altri due fenomeni contribuiscano al rigonfiamento, ovvero la formazione di vapore (dovuta all’acqua contenuta nel latte e nelle uova) e l’imprigionamento stesso delle bollicine nella massa del soufflé.

Addirittura uno dei consigli più letti, quello di non montare a neve completamente ferma gli albumi, sarebbe una specie di “leggenda metropolitana”, visto che le bollicine di vapore attraversano con maggiore difficoltà proprio la spuma compatta degli albumi vigorosamente montati.

Per This, per creare dei soufflé gonfiati alla perfezione e più soffici, bisognerebbe impermeabilizzare la crosta superiore per evitare la fuoriuscita delle bollicine che si sono formate nella massa del soufflé provando a metterlo sotto il grill del forno per alcuni minuti prima di cominciare la cottura vera e propria.

Così facendo si ottengono quei soufflé da veri professionisti, gonfi in modo regolare.

Buon Appetito!

[Link: mangiarebuono.it; andantecongusto.it; bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it; primochef.it; paleosisters.it; greenme.it; spazioprever.it; tuttogreen.it Immagini: Massimo D’Alma, Scatti di Gusto, butterjar]

La ricetta scientifica spiegata in 5 punti

Cacio e pepe
Pasta, patate e provola al forno
Ragù napoletano
Papaccelle ‘mbuttunate
Focaccia messinese
Risotto alla parmigiana
Pasta e fagioli
Cartellate pugliesi
Tortelli di zucca
Pastrami di manzo
Cassata siciliana
Spaghetti con le vongole
Pasta alla genovese
Pizza in pala alla romana
Cassoeula
Ossobuco alla milanese
Crêpes
Carbonara
Pasta, patate e provola di Nennella
Ragù alla bolognese
Lasagne
Chiacchiere di Carnevale
Zeppole di San Giuseppe
Spaghetti al pomodoro
Cotoletta alla milanese
Torta salata con carciofi e ricotta
Orecchiette con cime di rapa
Taralli pugliesi con glassa di zucchero
Casatiello di Pasqua
Pastiera
Pizza chiena
Fusilli cilentani

scatti di gusto
Scatti di Gusto di Vincenzo Pagano
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