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17 Marzo 2015 Aggiornato il 17 Marzo 2015 alle ore 19:48

Celiachia. Siete contro i top chef che non vogliono segnare gli allergeni nel menu?

Liz Smith è una giornalista direttrice di Wordscene e free-lance di Leeds. E' celiaca e in questo articolo del Guardian risponde ai 100 chef britannici
Celiachia. Siete contro i top chef che non vogliono segnare gli allergeni nel menu?

Liz Smith è una giornalista direttrice di Wordscene e free-lance di Leeds. E’ celiaca e in questo articolo del Guardian risponde ai 100 chef britannici che in una lettera al Telegraph hanno criticato l’obbligo, imposto da un Regolamento dell’UE di indicare nei menu dei ristoranti la presenza di 14 allergeni (latte, glutine, uova, arachidi, semi di sesamo, soia, frutta a guscio, sedano, senape, anidride solforosa, lupini, molluschi, pesce, crostacei).

Dopo aver definito ‘un incubo burocratico’ la nuova normativa, i 100 top chef si lamentano del fatto che l’obbligo di informare “riduce la creatività, la spontaneità e l’innovazione di cui i ristoranti hanno beneficiato finora”. E chiedono apertamente un cambio di passo: “Non è solo una questione di costi. Abbiamo bisogno di un vero cambiamento perché l’ultima cosa di cui aziende piccole e indipendenti come i ristoranti e i caffè hanno bisogno è di essere ostacolati con altre norme“.

gluten-free-simbolo

Liz Smith non si è tirata indietro e ha risposto per le rime.

Sono delusa che tra questi chef ce ne siano di grandi come Michel Roux e Prue Leith che dovrebbero dare l’esempio su come si fa a mettere a loro agio la gente a tavola.

Sono celiaca, una malattia autoimmune che colpisce l’1% della popolazione del Regno Unito. Non posso digerire il glultine, la proteina del grano, della segale e dell’orzo. Se per sbaglio ne mangio danneggio il mio stomaco, la sua capacità di digerire e di assorbire i nutrienti. Non è uno scherzo né certamente una mania perciò mi arrabbio quando sento l’élite che si lamenta di doversi preoccupare di persone come me.

Preferisco i ristoranti che hanno un menu trasparente. Oltre a essere più facile per me capire quello che posso ordinare, mi permettono di evitare fastidiose conversazioni con camerieri/e incompetenti e chef sgarbati. Non ho scelto di avere questa malattia e quindi mi rifiuto di scusare i ristoranti che mi trattano come un inconveniente perché voglio mangiare esattamente come tutti gli altri. E adesso la legislazione UE sta rendendo la mia vita migliore.

I clienti, naturalmente, hanno qualche responsabilità. Se avete chiesto cibo gluten-free non fate eccezione per nessun cibo. Una caesar salad non è la stessa se mancano i crostini e se volete che la vostra malattia sia presa sul serio dovete essere coerenti.

Non posso credere che quei 100 chef non abbiano la capacità di adattarsi al mercato. So che alcuni degli allergeni sono un po’ sconosciuti, per esempio i semi di lupini, ma non conosco poi tanti piatti nei quali i semi di lupini siano un ingrediente essenziale. È così difficile mettere qualche parola in più nel menu per renderlo noto? E’ una vergogna che non approfittino di questa novità per diventare più creativi. Quando mi hanno diagnosticato la celiachia ho dovuto subito cambiare il modo di cucinare e sono diventata più ‘avventurosa’ in cucina. Ho dovuto fare esperimenti con le ricette per trasformare i miei piatti preferiti in versioni gluten-free e per preparare pietanze senza derivati del latte per la moglie di mio padre che soffre di un’intolleranza al lattosio. L’anno scorso ho preparato persino un torta di matrimonio senza glutine per alcuni amici.

I ristoranti più intelligenti stanno accettando la sfida. Tra questi c’è 2 Oxford Place a Leeds, spesso al completo e con ottime recensioni su Internet. Possiede una cucina al 100% gluten-free, un menu vegetariano vegano e senza derivati del latte.

Se considerate che il 2% degli adulti del Regno Unito soffre di allergie alimentari e uno su 100 è celiaco, l’atteggiamento dei top chef britannici appare piuttosto fuori moda e villano.

Carta del ristorante

Mi scuserete per la traduzione un po’ affrettata ma mi premeva sottolineare sette punti del ragionamento di Liz che

  1. è delusa che i migliori chef non siano di esempio
  2. preferisce i ristoranti che hanno un menu trasparente
  3. è sicura che la UE sta rendendo la sua vita migliore con questa legge
  4. ritieni che anche i clienti celiaci abbiano le loro responsabilità
  5. la celiachia può essere lo stimolo a fare meglio in cucina reinventado ricette (comprese le graffe)
  6. i ristoranti più intelligenti stanno accettando la sfida
  7. l’atteggiamento dei top chef è fuori moda e villano

Per fortuna, non sono celiaca, ma mi irrita molto che i migliori chef non debbano prevedere una descrizione dettagliata per evitare che qualcuno stia male.

È solo questione di un’impaginazione non troppo gradevole di un menu – come mi è capitato di ascoltare – o c’è un disinteresse per una categoria di consumatori bisognosa di attenzioni?

[Link: The Guardian, The Telegraph. Immagini: Il Fatto Alimentare, Imgkid, Fan Page]

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