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4 Giugno 2020 Aggiornato il 4 Giugno 2020 alle ore 08:37

Un cuoco ci scrive: 800 € a nero e cassa integrazione che non arriva

Il coronavirus ha creato l'emergenza sanitaria e quella economica. Le riaperture celano storie di problemi quotidiani, dal fitto alle bollette
Un cuoco ci scrive: 800 € a nero e cassa integrazione che non arriva

L’Italia ha speso 20 miliardi di euro di cassa integrazione, 7 per i bonus da 600 euro alle partite Iva, 2 per i congedi parentali. E altrettanti dovrà spenderne per tamponare la crisi dell’occupazione. Più di 20 miliardi di euro che verranno richiesti all’Europa.

Un fiume di soldi, una montagna di soldi che si scontrano con le piccole cifre del quotidiano e i problemi reali dei lavoratori della ristorazione alle prese con affitti e bollette. Come quelli di Federico che ci invia questa lettera in cui descrive il suo coronavirus.

La lettera di un cuoco che ora lavora in nero

Salve, leggo ciò che scrivete ogni spesso e devo dire che in tutto il discorso Coronavirus non ho ancora ritrovato qualcosa che rispecchi la realtà che molti cuochi o camerieri, lavapiatti, facchini, pizzaioli, stanno vivendo.

Mi chiamo Federico e faccio il cuoco ormai da quindici anni, ho girato qua e là e mi sono fermato molto a Roma. Da qualche tempo lavoro in un ristorante in centro e devo dire che neanche nei miei più orribili incubi mi sarei aspettato una situazione come quella che sto vivendo.

Io e i miei colleghi abbiamo subito la decisione del nostro datore di lavoro di non fare cessare la cassa integrazione ma comunque di rientrare a lavoro con pagamento in nero e a giornata, un po’ come quei poveri ragazzi di cui sentiamo parlare da un po’ di tempo e che fanno sì che si faccia la spesa in corsie di supermercati pieni.

Chi di noi ha fatto troppe domande su contratti, orari, turni o procedure è stato messo da parte e ora solo alcuni di noi, quelli che hanno accettato a tutti gli effetti di truffare l’INPS, sono tornati al lavoro con una paga mensile di circa 800 euro in nero e una cassa integrazione che a tre mesi esatti ancora non si vede.

Il problema è che per una somma simile ci saremmo andati tutti a lavorare perché in questi tre mesi abbiamo tutti accumulato dei debiti che difficilmente riusciremo a colmare.

Ho richiesto bonus affitto, ho chiamato Inps e regione Lazio, consulenti del lavoro e sindacati e tutti ripetono la stessa cosa cioè che fino a che è in vigore la cigd possiamo stare a casa senza far nulla.

Io mi chiedo solo se dopo tanti anni di duro lavoro, pagamenti sempre troppo risicati, orari sempre più assurdi e richieste sempre più strane, ci si possa ridurre così: a casa da tre mesi con reddito zero e che al massimo raggiungerà il 40%, giornate a fare nulla perché non ci sono soldi, prestiti dai genitori, un padrone di casa che capisce ma attende e le bollette che ormai hanno raggiunto il soffitto.

Questa mia breve storia sgrammaticata per dire che in tutto questo casino ci si dimentica troppo facilmente della dignità di lavoratori che hanno sempre messo tutto da parte per avere la possibilità di costruirsi una vita e per non sottostare a condizioni vergognose.

Ci si dimentica, in questi giorni in cui cominciamo a vedere persone al mare, nei locali, che qualcuno è rimasto fermo al nove marzo, dimenticato.

Saluti

Federico 

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Coronavirus
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