Verdicchio di Matelica, perché 50 anni di Doc sono da festeggiare
Uniamoci in un grande coro e cantiamo tutti insieme tanti auguri al Verdicchio di Matelica, che il 21 luglio celebra le sue nozze d’oro per 50 anni di DOC. Ebbene sì, perché era il 21 luglio del 1967, quando con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale nacque la Denominazione di Origine Controllata per il Verdicchio di Matelica, la prima delle Marche assieme al Rosso Conero e la quattordicesima in Italia.
Si festeggia fieri e ostinati in piazza, con concerti, cene, street food, show-cooking di celebrity chef come Diego Bongiovanni o Serena D’Alesio e degustazioni di tutti i vini degli associati. Nonostante le difficoltà dei vari e ripetuti sismi degli ultimi anni, i 13 tenaci dell’Associazione Produttori del Verdicchio di Matelica sono andati avanti a produrre a testa alta: Belisario, Bisci, Borgo Paglianetto, Cavalieri, Collestefano, Colpaola, Gatti, Lamelia, Le Stroppigliose, Maraviglia, Provima, Tenuta Rustano.
E a capo l’energico Umberto Gagliardi.
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Questo perché per l’Associazione del Verdicchio di Matelica, nulla più del loro vino esprime la località e l’appartenenza al territorio: quello dell’Alta Vallesina e della provincia di Macerata, uno di quei luoghi dove perdersi tra curve e deviazioni, per poi ritrovarsi tra colline di grano e vigne.
Una terra schietta e antica, ancora non troppo battuta dai flussi turistici, dove tutti i giorni picchia un sole forte, che dà energia e nervo al vino. E di notte, mentre l’uva dorme, le escursioni termiche e il freddo ne conservano e temprano il carattere, tirandone fuori potenza e armonia.
Gli elementi fondanti del Verdicchio di Matelica sono proprio questi: il paesaggio tra collina e montagna, il clima continentale con sbalzi continui tra giorno e notte e un terroir ricco di fossili e minerali. Ne esce un vino giallo tenue con riflessi verdognoli, da bere fresco e giovane; ma anche longevo in verticali perché il Verdicchio è tra i pochi bianchi da invecchiamento, con le sue riserve della DOCG, giustamente più sature e dense.
Più che nei profumi, questo vino stupisce poi in bocca, con un’intrigante acidità che ne compensa l’elevata alcolicità, insieme a un estratto secco che lo rende unico tra i bianchi della penisola. La sua produzione è limitata, pochi grappoli da vendemmiare ad ottobre, per una delle vendemmie più tardive che ci sia per un bianco.
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Ma i produttori del Verdicchio di Matelica sono andati avanti, il loro slogan infatti è “il tempo celebra la qualità” e hanno anche dovuto lottare energicamente per difendere il loro territorio, come quando hanno scongiurato la costruzioni di industrie insalubri nel bacino Matelicese.
Perché se il vino è figlio di un terroir e di un microclima, non si può che difenderlo. E le parole del vicepresidente dei produttori Antonio Centocanti ben descrivono questa idea: “La storia del Verdicchio di Matelica è fatta di passione e di valorizzazione del territorio tramandatoci dai nostri padri. Ce ne prendiamo cura, cerchiamo di farlo conoscere al mondo attraverso i vini che sono l’espressione ultima del nostro lavoro e racchiudono in sé il carattere della terra, del clima e della gente.”
E oggi la promozione dei vini autoctoni non può che collegarsi anche all’interno di un movimento di pensiero ben più ampio e di grande attualità: la salvaguardia della biodiversità, movimento di pensiero e di unione di tutti gli associati.
Dunque, pronti per festeggiare?
[Immagini: Stefano Triulzi]