10 cantine di vini naturali del Piemonte oltre Barolo e Barbaresco
Dici grandi vini per un piatto di carne e pensi subito al Barbaresco e al Barolo. Bene, sappiate che qui non ne parleremo, ma andremo alla scoperta di un Piemonte diverso, con vini naturali e fuori dalle rotte più note.
Parleremo di diverse aziende situate nei Colli Tortonesi, in Val Borbera, nella Val Susa, in Alta Langa, nel Monferrato e nel Biellese. Seguitemi, v’assicuro che non ve ne pentirete.
Chiaramente, dovreste ormai saperlo, vi parlerò di cantine che prediligono un approccio artigiano.
1. Cantina Umaia, il lavoro manuale innanzitutto
Nel 2021, spinti da Giulio Acquati, un gruppo di amici milanesi, non di estrazione agricola, decide di cambiare radicalmente vita. Lo fa andando a vivere in campagna, nei Colli Tortonesi, a Cornigliasca, una minuscola frazione di Carezzano. Viticoltura, orticoltura, allevamento e trasformazione di latte e carne. Soprattutto tanta voglia d’imparare. Un piccola comunità agricola composta da 5 adulti e cinque bambini che condividono il cortile, i pasti, il lavoro e le risorse economiche.
Qui il lavoro è “contadino”, ovvero principalmente manuale, con l’attrezzatura che comprende zappe, falci, asce e roncole, senza avvalersi di mezzi meccanici pesanti. Per questo stanno anche addestrando una mula alla trazione animale.
In vigna (4 ettari) solo pochi trattamenti con rame e zolfo, in cantina interventi mini, nessun controllo della temperatura, no chiarifiche, no filtrazioni.
Molto interessanti i vini naturali di questa parte del Piemonte (da sinistra a destra nella foto): Marapicca, da uve Barbera. Umaia rosso, da vigne vecchie di Dolcetto, Barbera, Freisa e Malvasia Rossa.
Autarkeia, da uve Timorasso e Cortese. Tutti con almeno sei mesi di affinamento in acciaio.
2. Cascina Bàrban, due famiglie tra Piemonte e Liguria
Siamo in Val Borbera, dove il Piemonte è al confine con la Liguria, nel piccolissimo comune di Albera Ligure, nel territorio di Figino. Qui, nel 2011, Maurizio Carucci fa nascere Cascina Barbàn. Coinvolgerà subito la compagna Martina. Arriveranno poi Pietro e sua moglie Maria Luz.
Il progetto, complesso, parte dal recupero degli ultimi vigneti storici della Val Borbera, coltivando in maniera naturale l’uva, ma anche verdura, frumento e frutta.
Pratica del sovescio nei campi, poi letame, rame e zolfo. Infine infusi e decotti. In cantina bassa tecnologia, fermentazioni spontanee, zero solfiti aggiunti, lunghe macerazioni e vinificazioni in rosso. Ne nascono vini tesi, ma piacevoli.
Buono Boffalora, vino bianco ottenuto dalla vinificazione in rosso a contatto con le bucce per 2 mesi in vasca di vetroresina di uve Timorasso, Cortese e Favorita. E non è da meno Pian del te, anch’esso una vinificazione in rosso da uve Timorasso, con affinamento in doppio tonneau di rovere per 8 mesi. Ah, non dimenticate il Muetto, vino rosso scarico, con uve provenienti dal vitigno recuperato e registrato come Moretto Grosso tramite una campagna di crowdfunding.
3. Granja Farm, vini naturali in Piemonte
Siamo a Chiomonte (TO) in Alta Val di Susa. Nasce nel 2015, su iniziativa di Luca Barbich, questa azienda biologica di montagna, con lo scopo di salvaguardare e difendere territorio e tradizioni. Perché qui si costruisce la TAV, mai piaciuta in queste zone. Proteste e repressioni, l’area del cantiere oggi recintata, con tanto di checkpoint della polizia. E parte delle vigne all’interno.
Granja Farm nasce da terreni abbandonati, ma non solo per il cantiere TAV. Qui non è facile raggiungere le vigne, spesso bisogna inerpicarsi per centinaia di metri sui versanti alpini e, mancando ormai da tempo un ricambio generazionale, naturale è stato l’abbandono.
Ora però si coltivano orti, si allevano animali, si raccolgono le mele, il tutto dando ospitalità ad amici e woofer (volontari che vanno a lavorare in fattorie e aziende agricole biologiche in cambio di vitto e alloggio) da tutto il mondo.
In vigna pochi trattamenti con rame e zolfo, in cantina praticamente nessun intervento e niente solforosa aggiunta. Tra le varie etichette mi piace Black Rebel, il loro vino di punta, principalmente da uve Avanà, Becuet, Baratuciat e Dolcetto.
Intrigante Turnavis, macerato da uve a bacca bianca.
4. Cascina Elena, due newyorkesi in Alta Langa
Rocchetta Belbo, a 500 s.l.m., in Alta Langa. È qui che nel 2020, per un caso fortuito – raccontano, si ritrovano Filippo, con esperienze enologiche in Toscana, e Peter ed Elaine, americani di New York. I suoli sono ricchi di marna e calcare, e tanti muretti a secco, mantenuti tutti attraverso un attento lavoro di recupero. Cantina realizzata secondo un progetto architettonico unico, totalmente ecosostenibile. E poi un’associazione culturale, Vinaccia, con tanto di anfiteatro naturale ricavato da un terrazzamento abbandonato a cui è stato aggiunto un semplice palco in legno per ospitare artisti locali (e non).
In vigna secondo i dettami dell’agricoltura biologica, in cantina mosti che fermentano spontaneamente, affinati in acciaio, terracotta e legno, senza filtri e senza chiarifiche.
Ben fatto Dintralcio, vino bianco da vigne vecchie di Moscato, a fermentazione spontanea senza controllo della temperatura in tini di acciaio e successivo affinamento in acciaio. Altrettanto interessante Makedé, vino bianco macerato da uva Favorita che affina in acciaio.
Ottimo anche il nuovissimo Dolcetto, vino naturale del Piemonte da mettere in cantina.
5. Cascina Zerbetta, il lavoro in campagna per i vini naturali del Piemonte
Siamo a Quargnento, in provincia di Alessandria, al confine nord occidentale con le colline del Monferrato casalese. Nasce qui, recuperando terreni abbandonati, l’azienda biologica di 7 ettari di Paolo Antonio Malfatti, vignaiolo per passione e studio.
Anche qui siamo davanti ad una agricoltura di autentico stampo contadino, contraddistinta da un attento lavoro manuale sulle piante. Dopo la potatura invernale, alla ripresa vegetativa, parte l’attento lavoro di selezione dei tralci, che permette lo sviluppo di grappoli ben separati, in grado di prendere la giusta quantità di luce e di aria. Questo fa sì che si limitino i trattamenti, ottenendo uve sane dalla maturazione ottimale.
In cantina rimontaggi e travasi, con uso di botti di rovere per il vino da invecchiamento.
La gamma è vasta e tutta interessante. Mi piacciono la Barbera del Monferrato, chiaramente da uve Barbera, e Piangalardo, il Monferrato Rosso ottenuto da un blend di barbera, cabernet sauvignon e merlot. Degna di nota anche La Zerbetta, anch’essa una Barbera del Monferrato, ottenuta però da una attenta selezione delle uve di un solo vigneto esposto a sud.
6. La Collina degli Amici, barbera e gli altri vini naturali del Piemonte
Nel 2021, tra le sfide della pandemia, i coniugi Alice Outwater e Robert Lang, coppia di ingegneri americani del New England, hanno acquistato una proprietà a Rocchetta Palafea, un piccolo villaggio vicino a Canelli, nella provincia di Asti. Questo progetto è nato dalla collaborazione tra amici degli Stati Uniti e dell’Ucraina che si sono incontrati in Italia, dando così vita a La Collina degli Amici.
Sono vecchie viti (di circa 50 anni) tra Barbera d’Asti, Moscato e Brachetto, coltivate in biologico secondo i principi della biodinamica. A breve sarà pronto un’altro ettaro di terreno per un nuovo vigneto dove sarà coltivato il Pinot Nero.
Raccolta manuale ed attenta selezione dei grappoli in vigna, fermentazione spontanea, bassi livelli di solfiti e nessun lievito selezionato in cantina dove, tra acciaio inox, cemento e vetroresina vedono la luce i vari vini.
Gamma vasta ed interessante: il LangheNebbiolo, che passa prima in cemento e poi va in tonneau.
Fiorigialli, moscato secco lavorato in acciaio. Barbera d’Asti, non filtrato prima dell’imbottigliamento, affinato in botti di rovere da 1000 litri.
A chiudere due vini spumanti, Pét-Nat, un bianco ed un rosato entrambi frizzanti da uve Brachetto.
7. Terre di Matè, il vino naturale del Piemonte in nome del padre
L’azienda nasce nel 2013 per volontà di Stefania Carrea quando eredita il vigneto dal papà Matteo (da cui il nome Matè). Si tratta di quattro ettari e mezzo in biologico impiantati a Cortese di Gavi. La scelta è quella di affiancare all’attività di coltivazione anche il processo di vinificazione.
Siamo in provincia di Alessandria, a Tassarolo, nella zona detta Belvedere, nel basso Piemonte al confine con la Liguria, in un territorio storicamente chiamato Oltregiogo.
In vigna si lavora cercando di comprendere l’esigenza della terra assecondandone i cicli naturali. Pertanto la maggior parte dei lavori viene svolta manualmente, con concimazione naturale e senza l’uso di alcun diserbante chimico.
In cantina gli interventi sono minimi, volti a salvaguardare la bontà delle uve, favorendo il naturale e spontaneo processo di fermentazione. Ne risultano vini che rispecchiano il più possibile l’annata.
Interessante Regaldina, Cortese che matura circa sette mesi in acciaio. Da non perdere Il Matè, senza solfiti aggiunti, e L’Anfora, vinificato in anfora di terracotta con macerazione di tre mesi senza controllo di temperatura. Sorprendente Oro, Vermouth di Torino Superiore dalla segreta ricetta familiare.
8. Cascina Boccia, una scelta di vita
Nasce nel 2003 questa piccola azienda agricola con un ettaro e mezzo di vigneto. Siamo tra le colline dell’Alto Monferrato, ai confini dell’incontaminato Parco delle Capanne di Marcarolo.
A gestirla Anna Laudisi, che abbandona Genova per seguire la sua passione per la terra. Imparando a vivere in campagna e della campagna, coltivando l’orto ed apprendendo da un vecchio contadino del luogo tutto quanto c’era da sapere sulla cura della vite. Viti quasi centenarie di Dolcetto e Barbera, rese volutamente basse, più qualche giovane filare reimpiantato nel 2008. In vigna rame e zolfo, il cui uso si cerca di diminuire provando prodotti alternativi come olio di arancia e bicarbonato.
L’uva si raccoglie manualmente e si fa fermentare spontaneamente in cemento, con successivo affinamento in acciaio. Si ottengono così vini intensi, corposi e longevi.
I vini, davvero sorprendenti: Dolcetto di Ovada, affinato dodici mesi in acciaio, millesimo 2015 e 2018. Barbera del Monferrato, anche questo affinato dodici mesi in acciaio. Bisboccia, blend 75% da uve Dolcetto e 25% da uve Barbera.
9. Auriel, Grignolino e Barbera del Monferrato
Moncalvo, nel Monferrato. Qui nel 2005 Felice Cappa e la moglie Marta Peloso decidono di creare la loro azienda con un progetto di viticoltura sostenibile e naturale.
Lo fanno coltivando circa 3 ettari di varietà autoctone locali a bacca rossa, in particolare Barbera e Grignolino, nel massimo rispetto della natura e della biodiversità ambientale.
Lo fanno applicando i principi dell’agricoltura biologica e della biodinamica utilizzando basse quantità di zolfo e rame, favorendo l’inerbimento tra i filari seminando più varietà di erbe.
In cantina, dopo la raccolta di uve perfettamente mature, le vinificazioni sono molto rispettose della materia prima, senza utilizzare lieviti selezionati e controllo delle temperature. Nessuna filtrazione, solo decantazione naturale e travaso. Segue un imbottigliamento con bassissime dosi di solforosa.
Davvero interessante “G”, a base Grignolino, vinificato e affinato in acciaio. Ottima la Barbera del Monferrato, affinata 12 mesi in botti di rovere.
10. Agricola Garella, l’eredità di Giuan
Tutto nasce una ventina di anni fa principalmente per passione. Cristiano e Daniele Garella iniziano ad aiutare Giuan, un anziano contadino, con l’intento d’imparare a fare il vino, prima in vigna poi in cantina. Nel 2003 (a 90 anni) Giuan lascia questa terra e i due fratelli decidono di provare a proseguire da soli. Siamo nell’alto Piemonte, a Masserano, nel Biellese.
Le sei piccole vigne sono vecchie, tra 75 e 110 anni, piantate a Nebbiolo ed altre varietà locali.
Terrazzate, e pertanto lavorabili solo manualmente. E solo grazie ad alcune acquisizioni si arrivano a sfiorare complessivamente i due ettari.
In vigna si lavora con estrema cura, cercando la qualità attraverso una viticoltura di minimo impatto. In cantina spazio a fermentazioni spontanee, macerazioni e poca solforosa.
Tre i vini, tutti rossi da lungo invecchiamento, tutti intriganti: Juan, uvaggio composto dal 50% di Nebbiolo, 30% di Croatina, 20% tra Vespolina, Negrera, Chatus e altre varietà. Numech, da uve Nebbiolo, con parte delle uve brevemente appassita. Chiude Trun, Croatina in purezza.