Le 10 migliori pizze napoletane e quindi del mondo per entrare nel patrimonio Unesco
Da 130 pizze inviate via web a una selezione di 10 pizzaioli per la sfida finale (e reale). Ha vinto Davide Civitiello con la sua pizza Pomodorosa.
Pochi ci avrebbero creduto visto che partiva con i pronostici a sfavore. Il Campione del Mondo STG 2013 è un po’ spento, ho orecchiato tra i detrattori al Napoli Pizza Village. Opure, la sua pizza è troppo semplice tra i fin troppi soloni che parlano per aver visto una mezza foto e non aver assaggiato.
E invece il messaggero della pizza napoletana nel mondo centra con un sol colpo un triplice obiettivo e mette a tacere tutti quelli che lo davano per pizzaiolo cotto (tra l’altro vince il premio del biglietto per volare a Las Vegas all’International Expo e sfidare nuovamente mezzo mondo probabilmente insieme al suo sous pizzaiolo Gennaro Piccolo cui ha detto che regalerà il biglietto per trascinarlo nella competizione americana).
Si riprende il merito di aver pensato a una #pizzaunesco che traslasse la richiesta di iscrizione al patrimonio immateriale (e quindi come abilità artigiana) dei pizzaiuoli napoletani come aveva fatto a Expo con una pizza tricolore ricca di pesto.
Fa comprendere che una certa lontananza dai riflettori serve a studiare e a migliorarsi.
Dice a mezzo mondo, la parte denigratoria a prescindere, che il Lab. di Rossopomodoro di cui è capo a via Partenope (gli altri due sono quelli di Milano Sabotino con Vincenzo Capuano e Roma Mazzini con Angelo Pezzella) è una felice intuizione del team pensante del brand napoletano che ostinarsi a chiamare catena equivale ad avere gli occhi foderati di prosciutto.
La giuria, composta dal giornalista enogastronomico Allan Bay, dalla giornalista dell’Espresso Eleonora Cozzella, dall’artista Lello Esposito e presieduta dal giornalista enogastronomico Tommaso Esposito, è stata chiamata a indicare la migliore pizza in grado di rappresentare l’artigianalità dei pizzaiuoli napoletani all’Unesco.
Davide Civitiello, nel corso del confronto che si è svolto nella “pizzeria” dello sponsor del contest organizzato da My Social Recipe ha vinto perché, si legge nella motivazione: “È riuscito a dimostrare come ingredienti classici (che più classici non si può!) utilizzati in modo creativo possano fare la differenza. Cosicché passato e futuro si sposano in maniera ottimale per un piatto identitario contemporaneo e per questo rappresentativo di “PizzaUnesco”.
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E il giudizio assume ancora più peso perché in giuria c’è anche un “esterno” al mondo del food anche se di pizza certo ne sa poiché è napoletano e frequenta il mondo delle pizze come cliente oltre che artista: Lello Esposito. Una particolare sensibilità al bello che non guasta.
E la pizza di Davide Civitiello, creata insieme agli chef di Rossopomodoro Antonio Sorrentino e Enzo De Angelis – che con questa vittoria indiretta hanno da smettere i panni dei pizzaioli abusivi – fa capire che l’interazione tra bancone e fornelli è sempre più necessaria. Per evolvere la pizza napoletana tradizionale verso la sua forma contemporane. Non è un altro caso che la Pomodorosa sia allungata, ovale, come un trampolino che guarda a nuove mete.
La giuria ha indicato un solo vincitore, ma io ho assaggiato tutte le pizze in competizione e vi dò la mia classifica.
1. Pomodorosa di Davide Civitiello
Faccio spesso parte di giurie e non manco di assaggiare pizze e test di nuove pizze. Condividere la scelta di una giuria è sempre il modo migliore per individuare una tendenza. La pizza di Davide Civitiello era semplicemente perfetta nell’impasto tenero, passatemi il termine, ma non arrendevole. La pizza ha da essere scioglievole ma di sostanza altrimenti diventa un panettone soprattutto quando ci si incaponisce con derive da biga et similia. Il poker di di pomodori calato dall’abile giocatore ha stupito i giurati perché non esiste ingrediente più forte del pomodoro sulla pizza.
2. Pizza Tiziano di Mauro Autolitano
Bella da vedere e con un impasto diretto ma a lunga lievitazione la pizza di Mauro Autolitano si è segnalata soprattutto per l’impasto. La conoscenza della tecnica tradizionale non mette in ombra realizzazioni come questa. A venir meno, la poca sapidità del baccalà. Plus per l’abbinamento dei colori e la scelta dei peperoncini di fiume
3. Pizza Sorpresa di Carmine Paduano
La Sorpresa per gli avvezzi alla pizza napoletana non era così forte: il cornicione ripieno è una vecchia conoscenza dei pizzafanatici. Ma l’impasto proposto è davvero buono. Peccato per l’esagerata predominanza del pesto che lo rendeva pochissimo riconoscibile e ha costretto a un assaggio mirato del cornicione. Uno dei pretendenti al titolo, non v’e dubbio.
4. Vivadella di Pasqualino Rossi
Il pizzaiolo di Alvignano può solo crescere. Il suo impasto rasenta la perfezione con dei panetti che sembrano palloni aerostatici. Premiata la costanza nell’utilizzo della farina Caputo che gli ha dato un notevole vantaggio in termini di conoscenza. L’ha tradito la farcitura che non ha reso giustizia alla pizza nel suo complesso con una ricotta a guarnitura da sac à poche che incollava il palato. Ma fate attenzione a lui nelle prossime competizioni.
5. Amatricia Mia di Gaetano Giglio
L’idea della pizza è anteriore al disastroso terremoto e correttamente il pizzaiolo l’ha ricordato ai giurati. Che sono stati conquistati dall’uso del pomodoro e dall’arte di arrangiarsi usando pancetta perché non sempre si trova all’estero l’ingrediente esatto. Buona la sfida anche dell’utilizzo della cipolla.
6. Un bacio a Furore di Vincenzo Esposito
L’idea è romantica. Il primo bacio dato alla futura moglie sul panorama strepitoso del fiordo della costiera. Vincenzo Esposito riprende i sapori del mare e dei gamberoni mangiati dalla dolce metà. Ma lo fa a metà proponendo gamberoni marinati che non rendono giustizia a quella idea salina. Ma una buona base di partenza.
7. Pizza Tripudio di Vincenzo Lettieri
Buona la pizza di Vincenzo Lettieri che non riesce ad equilibrare con precisione l’apporto della nduja e tiene un po’ troppo tirato l’impasto.
8. Terra Mia di Giuseppe Vaccaro
Un richiamo alla terra lontana sulle note di Pino Daniele. La pizza non balla del tutto per il troppo indugiare sui cicoli ma buona l’idea di aprire il calzone e invece che farlo fritto proporlo nella versione tonda al forno.
9. A carrettiera di Maria Cacialli
La Figlia del Presidente fa una delle migliori pizze fritte in circolazione ma inspiegabilmente si arena sulla pizza nel forno a legna. Impasto con poche ore di lievitazione ed eccessiva massa di ingredienti per un evergreen del repertorio napoletano, la salsiccia e friarielli.
10. Viva il Sud di Bernardo Sollo
Il futuro della pizza napoletana può essere la farina alternativa? Sì, ma a patto di sapere guidare una Formula Uno come il Cuor di Cereali che Caputo ha da poco lanciato sul mercato. Va miscelata sapientemente a una farina 0 o 00, ma la manitoba finita copiosamente nell’impasto deve aver giocato un brutto scherzo e invece di restituire un babà alveolato ha tirato fuori un quasi pane azzimo. Peccato per la farcitura che non ha avuto il sostegno ideale che i profumi dei cereali possono garantire.
E ora tocca a voi. Se siete stati a Palazzo Caracciolo insieme a giurati, organizzatori e sindaco, tirate fuori la vostra classifica.