Dialoghi d’estate/12 Verde Adriatico e fagioli da spiaggia!
Non tanto egli rimpiangeva i giorni felici quanto si doleva de’ giorni che ora passavano inutilmente per la felicità. (Gabriele D’Annunzio)
Cari Nicola e Vincenzo, ce l’ho fatta! Sono di nuovo al mare. Yuppie!
Sono tornato nella mia Francavilla, giusto in tempo per il ferragosto. La terrazzetta ci sta sempre, il verde pure, il computer è acceso: ma davanti vedo il mare e questo mi basta per rasserenarmi. Ora dieci giorni di Abruzzo (troppo pochi) e poi la Grecia!
Sapete, sono tornato di gran carriera perché ho una tradizione marina a cui non posso rinunciare. Tu Nicola la conosci bene (anzi è il primo e spero unico anno in cui non stai con noi!), ma la voglio raccontare a Vincenzo e a quei quattro cinque che ancora ci seguono malgrado il solleone.
Sai Vincè, Francavilla è il solito posto d’Adriatico: bimbi, matrone, famiglie che vengono in villeggiatura da sempre, stessa spiaggia, stesso stabilimento, medesime usanze. Per questo al Lido Serenella, dove vado io e i miei figli e prima di noi i miei genitori e prima ancora i loro e così via senza soluzione di continuità, tutti gli anni si rinnova il rito del pranzo di ferragosto in spiaggia. Un’orgia di cucina casalinga dove si mischia alto e basso, gourmet e ordinario.
L’organizzazione inizia giorni prima, io e Luigi Cataldi Madonna, complice e sodale, ci spartiamo le mansioni e dividiamo i compiti: tu cucini questo, io quest’altro, zia Anna le pallotte caio e ovo e mamma i pomodori con il riso, Alessandra pensa ai dolci… Oramai il menù è rodato, definito al millimetro con alcuni classici immancabili come le sagne e fagioli, tradizionale piatto di costa. Da bere si sa: solo vino sfuso, Cataldi e Valentini, mica pizza e fichi.
La mattina del quindici ci si sveglia presto, il fattore mi ha già portato i borlotti dell’orto sgranati e i pomodori. La pasta acqua e farina è tirata dalla sera prima, riposa in cantina al fresco. Mi piace questo rito, credo che ci sia molto dell’essere gastronomi: Prendo i fagioli, ci passo le mani, mi rassicura la consistenza liscia e rotonda.
Una pentola di coccio, acqua a coprire, un bicchiere di olio Valentini, sedano, cipolla e carota dell’orto, un ciuffo di basilico. Poi la pignatta va sul fuoco, piano piano con il frangifiamme. I legumi non hanno fretta. Pelo i pomodori a pera di Francavilla, un profumo che mi fa tornare bambino.
Un altro tegame di cotto, questa volta basso e largo. A crudo i filetti di pomodoro, l’aglio rosso di Sulmona, basilico, peperoncino e una girata d’olio, questa volta il mio degli olivi intorno casa. Di nuovo fiamma, questa volta più vivace, il pomodoro cuoce poco e a fuoco vivo, deve restare lento e nervoso. Le sagne invece si bollono nell’acqua come tutta la pasta, appena un attimo prima.
Un nuovo coccio sul fuoco, il pomodoro e insieme i fagioli lessi, riposano al caldo qualche minuto per contaminarsi e insaporirsi, le sagne sono pronte, un poco crudine come piacciono a me per sentire fino in fondo il morso del cereale. Spengo il fuoco e tuffo la pasta nel sugo e nei fagioli, abbondante olio Valentini (a questo punto mi serve il vigore) e manteco fuori fiamma, basilico abbondante e peperoncini freschi.
Sono pronto, vado in spiaggia dove mi aspettano con le tavole di fortuna imbandite con vecchie tovaglie di lino!
Finalmente sono a casa, anche quest’anno è passato, fino a qui tutto bene!
Ciao A