La Francia alla guerra dell’assenzio. Contro la Svizzera
Storcerà il naso qualche appassionato d’arte e letteratura (ce ne sarà sicuramente qualcuno tra i nostri 24+4 lettori) nell’apprendere che l’assenzio, la bevanda cara ai “poeti maledetti”, a Van Gogh e a Picasso, la bibita simbolo della Belle Epoque, è oggi al centro di una guerra commerciale senza quartiere nel cuore dell’Europa. Non in nome dell’arte, ça va sans dire, ma del Dio Denaro.
Dai caffé di Montmartre ai palazzi della burocrazia europea il passo non è stato breve. Un secolo divide infatti il divieto, introdotto in Francia nel 1915, di produrre l’assenzio, considerato responsabile di allucinazioni, convulsioni e danni al sistema nervoso e lo scoppio, negli ultimi mesi, della tenzone tra Francia e Svizzera che oggi se ne contendono i natali e, con essi, il diritto esclusivo di utilizzarne il nome.
A lanciare la prima freccia è stata la Svizzera avviando, a giugno, la pratica per il riconoscimento dell’assenzio come Igp (indicazione Geografica Protetta) presso il ministero dell’Agricoltura con l’obiettivo di rendere la produzione della “fata verde” questo il soprannome ottocentesco, prerogativa esclusiva dei produttori della Val-de Travers (cantone Neuchâtel), dove l’assenzio, il distillato all’aroma di anice dall’elevata gradazione alcolica (fino al 75%), è stato prodotto per la prima volta nel 1799.
Un colpo mortale ad una bevanda simbolo della Francia che ha risposto con un ricorso della Fédération française des spiritueux e, nei giorni scorsi, con una legge che, a 9 anni dalla legalizzazione dell’assenzio moderno (nettamente meno alcolico di quello ottocentesco), ne riabilita anche il nome (finora l’unica denominazione consentita era ‘bevanda alcolica alla pianta d’assenzio’). Obiettivo della norma è quella di evitare una ‘distorsione della concorrenza’ a vantaggio dei produttori svizzeri.
Alla testa dell’offensiva francese c’è Pernod Ricard che oggi controlla il 25% delle vendite mondiali di assenzio. Un settore in crescita (+25% annuo dal 2004), altamente redditizio anche se di modesta entità (3,2 milioni di bottiglie nel 2009, di cui la metà negli Stati Uniti). Il distillato è molto diffuso nel mondo anglosassone dove, racconta Yann Philippin del quotidiano Libération, una clientela metropolitana è disposta anche a spendere 50 euro la bottiglia per poi assaporarlo secondo un rituale antico: versando acqua ghiacciata sopra una zolletta di zucchero posata su un cucchiaio forato attraverso il quale l’acqua zuccherata scende nell’assenzio diluendolo.
Ma la storia di questo distillato inizia ben prima di quel 1915 quando, nel tentativo di arginare il consumo dell’alcolico accusato di “rendere pazzi” e per accontentare la lobby del vino, l’assenzio viene messo all’indice e vietato. La sua storia comincia alla fine del Settecento quando la distilleria di Henri-Louis Pernod inizia a produrlo nella regione svizzera della Val-de-Travers ma poi si trasferisce in Francia e ne riprende la produzione nella città francese di Pontarlier, destinata a diventare la capitale dell’assenzio, insieme a Parigi, dove si diffonderà, rapidamente, in tutte le classi sociali e negli ambienti artistici.
Ora il punto è proprio questo. L’assenzio è un’esclusiva dei produttori della Val-de-Travers, che il 31 marzo ne hanno chiesto il riconoscimento come Igp all’Europa o della Francia, dove si è impiantato e a cui deve la sua notorietà? Per ora il ricorso francese blocca l’iter per il riconoscimento dell’Igp svizzero, divieto esteso anche ai suoi due epiteti ‘Fée verte’ e ‘Bleue’.
[Fonte: libération.fr]
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