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31 Dicembre 2010 Aggiornato il 25 Aprile 2012 alle ore 18:40

Il Capodanno degli orrori Qualcosa di rosso, come ha chiesto la sora Franca

Dannazione! Quello che mi frega sempre in questo periodo è l’ordinario desiderio a Capodanno di non fare nulla, l’idea banale e anche un po’ snob che
Il Capodanno degli orrori Qualcosa di rosso, come ha chiesto la sora Franca

Dannazione! Quello che mi frega sempre in questo periodo è l’ordinario desiderio a Capodanno di non fare nulla, l’idea banale e anche un po’ snob che siccome è un’occasione di festa per tutti (sottinteso cani e porci), io non mi ci mischio, perché io mi elevo e mi distinguo dalla massa. Non inorridite perché sto parlando anche di voi. Quante volte avete sostenuto pubblicamente questa posizione? Cosa fai a Capodanno? Per carità, guarda, io resterei a casa e andrei a letto alle nove. Poi però non lo fate, non l’avete mai fatto.

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Bene, io la mattina del 31 me ne stavo bella tranquilla a passeggio coi cani quando rientrando ho incrociato la sora Franca del terzo piano, l’appartamento proprio sopra al mio, la quale informata non so bene da chi (ma non sarebbe la sora Franca del terzo piano se non si facesse gli affari altrui), del mio intento di restare a casa quella sera, mi invita spudoratamente a cena su da lei, con amici e parenti. “La prego’” argomenta “visto che lei è un’esperta di vini e le piace mangiare, deve assolutamente venire perché noi ci trattiamo bene, non badiamo a spese, tre carrelli belli pieni oggi al supermercato! Venga, sarà una bella festicciola. Alla parola supermercato avevo già i conati di vomito, pensavo al banco del pesce surgelato, al numero in fila per ritirare le baguette appena sfornate, quelle che si decompongono con la velocità delle mummie quando si aprono i sarcofaghi a contatto con l’ossigeno e si polverizzano. Non parliamo poi dello scaffale del vino, vade retro satana!

Su quest’immagine disgustosa evocata dalla mia mente malata, con prontezza la signora mi informa che per quanto riguarda i vini hanno veramente esagerato, si sono rivolti in enoteca dove hanno speso una fortuna perché suo marito ci tiene e anche lui è un po’ esperto in materia. Anzi, in verità, per usare le sue parole ha detto “mio marito è afferrato in materia”, ma intendeva dire ferrato. “Abbiamo pure una sorpresona”, prosegue, “Uno Champagne di annata, lo abbiamo preso a casa di nonna e questa sera vogliamo tirargli il collo! …So che a lei piacciono vecchi…” Si riferiva agli Champagne ovviamente… Declino l’invito ringraziando la signora ma non so spiegarmi come mai, forse vittima di un sortilegio, o forse a casa mia, poco dopo, devo aver bevuto un Vino Mariapia Fanfani, quel vino che ti fa diventare improvvisamente così buono che vuoi bene a tutti e senti la necessità di fare beneficenza ad ogni costo, la crocerossa. Avete presente quei vini che il giorno dopo vi fanno pentire di non essere rientrati a casa soli? Quelli che la mattina dopo sentendo russare nel vostro letto, di solito vuoto, vi fanno esclamare: oddio e questo/a chi è? Comunque sia, ebbrezza o sortilegio, sta di fatto che alle ore 17 la sora Franca ha bussato alla mia porta e mi ha estorto il sì! Questa storia, per altro, ha una triste similitudine con il giorno del mio matrimonio… Vabbe’! Amici questa è stata la mia condanna a morte, il mio patibolo e il conguaglio è arrivato il giorno dopo quando ho creduto di aver ingerito un’intera scatola di cerini accesi. Ma devo raccontarvi lo svolgimento della serata perché ne vale la pena.

Cristiana-Lauro

Mi vesto con abito semplice nero e tacchi a spillo, calcolando con brillante arguzia che il ticchettìo dei tacchi al piano superiore questa volta non mi disturberà. Suono e comincia il film: Non aprite quella porta! Che invece, ahimè si spalanca sul Circo Orfei, le giostre a Battipaglia, il calcinculo, i carri di Viareggio, giochi d’acqua e pavoni e chi più ne ha più ne metta. Prima dei convenevoli di rito viene garbatamente apostrofata la sottoscritta per non aver indossato qualcosa di rosso come tradizione insegna “Ao’ ma nun c’hai gnente de rosso?” (Nun c’hai è voce del verbo ciavere). Intuisco sagacemente che siamo passati al “Tu”, mi adeguo con disinvoltura e mi scuso giustificando l’increscioso evento col fatto che non sono superstiziosa. Quindi segue una sfilata di fotomodelli di eccezione, composta da tutti gli invitati capitanati dal capofamiglia che per fare lo spiritoso, dopo aver ammazzato l’astice strangolandolo, mostra mutande rosse indossate sopra ai pantaloni.

BM-giarrettiera-rossa-clericiLa figlia che lavora in un Nail Bar (per chi non lo sapesse sono dei normalissimi bar dove ci si incontra la mattina a colazione e ci si mangia le unghie a vicenda) mostra, alzando la gonna in poliestere un’arrapantissima giarrettiera rossa che cinge con stile inappuntabile un giro coscia da lottatore di Sumo. “Ho anche il perizoma!”, aggiunge civettuola la ragazza. Certo! Penso io, proprio come un lottatore di Sumo e le rivolgo un sorriso complice fra i più fasulli che abbia mai prodotto in vita mia. E via con la carrellata di amici e parenti, uno meglio dell’altro. La zia Concetta ride a crepapelle (qui dovete fidarvi sulla parola, perché in realtà non si vede per via della faccia inchiodata dal botox) per le mutande indossate sopra ai pantaloni dal nipote che trova esilaranti, la sora Franca che impegnata in cucina indossa guanti rossi da forno e il piccolo Enzo, figliolo della cugina, tre anni e la simpatia di una zanzara tigre, cattivo e indemoniato, l’anticristo! Ma anch’egli in tono, col suo viso rubicondo che ho scoperto solo dopo essere dovuto a una fastidiosa malattia esantematica, la rosolia e non alla volontà di assecondare la costumanza del rosso a capodanno. Il cenone è proseguito in grande stile, assente solo il domatore di tigri, ma per il resto non ci siamo fatti mancare nulla. Dopo l’astice strangolato accompagnato da Moscato d’Asti, la serata ha visto un abbinamento perfetto di Sauternes sulle uova di lompo (contrabbandate per caviale dal Pater Familias che con quelle mutande sulle braghe nel frattempo s’era conquistato la credibilità di Pulcinella) poi ancora avanti con un giro di Champagne (Prosecco in verità ma loro preferivano chiamarlo Champagne perché è più chic) sul patè di foie gras. Patè sottolineo, perché in mezzo c’era qualche avanzo del frigorifero che abilmente e con un buon frullino la sora Franca aveva riesumato ma, nonostante la maestria della nostra ospite, risultava un filino sbilanciato per via di una nota dominante di Spuntì e pasta d’acciughe Balena che coprivano l’avvolgenza cedevole dell’ingrediente base, il foie gras. A seguire Amarone e cotechino, lenticchie, panettoni, torroni, frutta secca e fiumi di Champagne (Prosecco!) per innaffiare questo trionfo di cibo, di benessere, quest’orgia dei sensi, all’insegna del motto sacrosanto “Chill’ ch’ cost ‘e cchiù!

BM-champagne-impolverato

Il piccolo Enzo saltando a piè pari sul tavolino di marmo del salotto si è ribaltato, procurandosi un taglio in fronte piuttosto ampio. Io ho suggerito di portarlo direttamente alla Singer per ricucirlo ma il padre, testardo come un mulo, ha preferito accompagnarlo al pronto soccorso. Sta di fatto che per grazia di Dio ci siamo liberati di quel piccolo mostro indemoniato a pochi minuti dalla mezzanotte, per poter brindare finalmente in santa pace. Leggevo peraltro, non ricordo bene dove, che in tutti i pronto soccorso per legge la notte di capodanno deve essere garantita la presenza in turno di un esorcista, quindi anche Enzo era sistemato. Mancano due minuti alla mezzanotte, si spengono le luci e si crea la giusta atmosfera. La sala da pranzo rimane illuminata solo dal presepe e dal riflesso della dentiera fresca di lucidatura di zio Alfio. A fatica si cerca un attimo di silenzio per accogliere in maniera acconcia l’ingresso della sora Franca con lo Champagne d’annata poggiato su un vassoio. Io sono la più curiosa e fisso la bottiglia mentre si avvicina. Tutti gli altri osservano il mio sguardo, qualcuno cercando di leggere un segno di approvazione, qualcun altro con un sogghigno fiero, sicuro, il tutto sottotitolato da: Allora? Che te ne pare di questa boccia, eh? Riconosco subito quella bottiglia, la bottiglia di nonna, è Pommery e non è di annata, è solo vecchio, cosa che evinco dall’etichetta che risale a qualche restyling fa, si è persa gli ultimi 4 o 5 lifting, è un catorcio, un vino del paleolitico che come potete immaginare, dopo il count down, non fa il botto, fa PLUFF!!

Un disastro amici, io sognavo l’Alka Seltzer, la Biochetasi e mentre tutti fuggivano sul terrazzo condominiale a sparare botti, raudi e fuochi d’artificio, in silenzio e a testa bassa sono tornata a casa, al piano di sotto. Ho deciso di brindare in italiano al nuovo anno e l’ho fatto con una bottiglia di Palazzo Lana Extrème 2005, di Guido Berlucchi, facendo il botto. Uno spumante molto buono, asciutto, il mio genere. Poi sono andata a dormire.

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Vi siete spaventati, vero? Io di più. L’Alka Seltzer non l’avevo e mi è rimasto tutto sullo stomaco. Per fortuna era un brutto incubo e ora mi preparo per questo Capodanno. Senza dimenticare di indossare qualcosa di rosso. Mica vorrete fare incazzare la sora Franca?

Buon anno a tutti da Black Mamba!

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