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Birra
25 Marzo 2011 Aggiornato il 31 Marzo 2019 alle ore 15:32

Stefano Frasca e il Birrifugio di Ostia (ora anche a Trastevere)

Si fa un gran parlare nel mondo degli addetti ai lavori dello sviluppo della cultura della birra artigianale a Roma e si citano 2 o 3 nomi importanti a
Stefano Frasca e il Birrifugio di Ostia (ora anche a Trastevere)

Si fa un gran parlare nel mondo degli addetti ai lavori dello sviluppo della cultura della birra artigianale a Roma e si citano 2 o 3 nomi importanti a giustificare quest’affermazione. Siamo andati oltre questo concetto, ci sono numerosi attori, tra l’altro amici, che collaborano contribuendo allo sviluppo di una cultura birraria alternativa ed all’allargamento della base dei consumatori, in antitesi all’abitudine italica tipica di farsi la guerra a tutti i costi.

Stefano Frasca è uno degli storici publican della città che ho conosciuto a Pianeta Birra nel 2007, al seguito di Giorgione del Mastro Titta e Manuele Colonna suoi grandi amici insieme a Stefano Carlucci, più volte citato per la sua capacità nel servizio e nella spillatura.
L’ho rivisto anche quest’anno a Sint Niklaas allo Zhytos Beer Festival in uno dei viaggi collettivi che gli operatori romani fanno spesso per conoscere, visitare pub ed avere occasioni commerciali non banali. Il suo pub, il Birrifugio di Ostia Lido si caratterizza per essere un luogo per amici che vogliono bere buona birra artigianale. Stefano conosce il 99% dei clienti, sa che lavoro fanno e quale birra preferiscono. Un suo cliente calabrese che è stato tanti anni in Inghilterra gli ha detto che il Birrifugio, nonostante le panche alte che sembrano dividere i tavoli, è il locale che più assomiglia ad una public house, ed è per questo che lo frequenta, con un clima familiare, dove si riuniscono degli amici.

Il nome corrisponde a quest’immagine, una sorta di baita di montagna, rifugio per gli amanti del bere con buona birra ottimamente servita.
Stefano Frasca 36 anni, romano è stato cliente del locale che oggi gestisce dal 1993 al 2003 (ha quindi iniziato a 18 anni a bere birra…una lunga carriera) uno dei primi locali di Ostia, nato nel 1984. Nel 2003 arriva la proposta di collaborare alla gestione del pub, che accoglie con entusiasmo, e fino all’estate del 2005 lavora da dipendente, studiando però da futuro gestore. Durante l’estate prende 2 mesi di ferie, dopo 2 anni di lavoro ininterrotto e gli arriva la proposta di rilevare il pub, che acquisterà nel Novembre 2005.
Particolare curioso, le ferie estive di Stefano non sono una stranezza, infatti il Birrifugio si trova a 1 km dal mare e per Ostia questo basta per farne un locale invernale, tagliato fuori dall’atmosfera estiva, e quindi contrariamente a quanto succede nel nostro paese il maggior consumo di birra avviene d’inverno. Oggi, a testimonianza del successo, è stato aperto a Roma un altro Birrifugio a Trastevere che Stefano gestisce con 2 soci.

Appena subentrato cambia subito l’impianto di spillatura, e introduce la Pilsner Urquell, iniziando un rapporto con la Peroni, già SAB Miller, con 4 spine: Pilsner Urquell, Crystall Red, Hopf e Peroni Gran Riserva. Questo rapporto non dura a lungo e molto presto cambierà birre ed impianto, passando prima a 6 spine, poi ad otto fino alle 10 attuali. Nel 2009 acquista l’impianto, uscendo dai vincoli che i distributori ti pongono quando hai un impianto in comodato d’uso. Oggi spilla circa 150 hl. di birra e consuma una piccola quantità di birra in bottiglia. I fusti sono in un locale climatizzato, 1 via è a pompa con lo Shurflo (un’attrezzatura che permette di non carbonatare assolutamente la birra) mentre le altre 9 sono ad anidride carbonica e carbazoto. Prima di passare allo Shurflo, acquistò la prima pompa, usata, in Inghilterra, perché non era soddisfatto di quanto veniva offerto in Italia. Particolari che indicano l’attenzione per il servizio al Birrifugio al pari dei 2 lavabi con il troppo pieno per sciacquare accuratamente i bicchieri prima della mescita, immergendoli nell’acqua, senza dover usare le mani, e l’estrema cura nella spillatura.

Fra le spine un posto d’onore meritano le artigianali italiane: Birrificio Lariano, Birra del Borgo con ReAle, ReAle extra e KeTo Reporter e Bidu con Rodersch, una delle preferite e ArtigianAle. Fra le inglesi Summer Lightning di Hopback, Chimera Downton, una IPA che mi ha sempre impressionato, Riptide ed altre di Brewdog e la Vitus di Weienstephaner.

Numerosi i viaggi all’estero di Stefano, per piacere, ma anche per conoscere e instaurare rapporti con birrifici esteri. Nei suoi ricordi, Gregory Verhelst di Rulles, Kris Herteleer di De Dolle, che ricorda a Roma, con la moglie Elsa in occasione del matrimonio di Manuele Colonna, i pub Delirium e Moeder Lambic, definito in maniera colorita una sorta di Open Baladin belga con 46 spine, e Jean Van Roy di Cantillon. Mi ha rimproverato nell’articolo sul recente ZBF, che ha pubblicato scattidigusto, di non aver menzionato De Ranke, le cui birre gli sono piaciute molto, in un festival da lui non reputato entusiasmante. Con i proprietari di 5 pub romani, Il Serpente, Giorgione di Mastro Titta, i soci del Birrifugio di Roma e Mad for beer è stato lunedì 7 marzo al Kulminator di Anversa e ha provato anche lui, restandone folgorato come me, la verticale di Westvleteren 12, 1997, 1999 e 2004, con l’aggiunta della Westvleteren 6 e 8, e di una edizione speciale del 1998 della 6, Rodestop.

Al Birrifugio c’è una buona ristorazione, classica, con 25 piatti di pasta. Stinco alla birra, uova alla Ghiottona e wurstel all’olandese fra i piatti più ricercati.

Provate con lui:

Vitus di Weienstephaner: una gradevole Weizenbock, con sensazioni olfattive intense , di frutta tropicale, banana in primis, fragranti da crosta di pane, e maltate da cereale cotto, con leggere note di chiodi di garofano. Nella sua notevole bevibilità una birra strutturata con i suoi 7,7° alcolici, e relativamente secca, compatibilmente con lo stile.

Riptide di Brewdog: Imperial Stout di 8° alc., un bell’olfatto di caffè tostato, cioccolato, roasted malt, molto caratteristico, che quasi prevale all’olfatto sulle note erbacee da luppolo, pur molto presenti, le note tostate si confermano al gusto, molto gradevoli, seguono, quasi in sequenza, note luppolate molto fini e persistenti. Per me un eccellente imperial stout.

Hercules di Great Divide: una double IPA di 9°alc., molto gradevole di ben 85 IBU, che si percepiscono solo parzialmente, grazie ad una corposità non trascurabile. Olfatto con note erbacee, resinose ed agrumate, seguite da sensazioni di tostatura. Al gusto un impatto iniziale dolce, di caramella mou, subito sostituito da queste gradevoli e prorompenti sensazioni luppolate.

Foto: Nicoletta Lolli

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