Roma | Acquolina, una stella Michelin al sapore di mare
È una calda serata estiva, lo chef esce sul patio a fumare una sigaretta. Lo raggiungo, lo saluto e mi complimento ancora. Rilassato, dopo la sua performance, sembra ancora più giovane. Giulio Terrinoni, stellato Michelin e alla guida di Acquolina ormai da alcuni anni, sembra ancora un ragazzino appena uscito dalla scuola alberghiera della sua città natale, Fiuggi, mentre ha già accumulato esperienze notevoli, iniziando dal monumentale e un po’ statico “Palazzo delle Fonti” fiuggino, passando poi allo Sheraton di Roma e in altre location, fino all’incontro con Angelo Troiani del Convivio Troiani, partner in questo progetto romano.
Difficile capitare per caso in questa stradina nascosta del quartiere Fleming, più un dormitorio di lusso che una zona gourmet. Via Antonio Serra è una strada buia e stretta, ma il locale è molto accogliente, elegante e non sfarzoso e così il servizio, premuroso, professionale e non ingessato. Molti clienti sono stranieri, probabilmente seguaci della “rossa”, e un’ottima carta dei vini, da cui ho pescato un Savagnin del Jura, è in grado di accontentarne le esigenze.
Andiamo per ordine e ripercorriamo la bella serata passata all’insegna di un menu degustazione composto da 13 portate ovvero i classici dello chef e le nuove proposte.
Si parte con una sequenza mozzafiato di amouse bouche che fanno subito capire qual è la mano di questo ragazzo fiuggino: cornettini con coppa di rana pescatrice, ricottina fritta (subito l’omaggio alla terra natale), arancino di cozze e pecorino (molto gustoso) e toast con burro e bottarga.
Quindi le forchette iniziano a danzare con il saltimbocca di pesce bandiera al vino e asparagi e l’ostrica con sorbetto di cipolla rossa, due piatti che mostrano subito che questa cucina punta all’eccellenza delle materie prime (questo può essere scontato in ristoranti di un certo livello) e al matrimonio tra elementi di mare e di terra che mai risulta banale ed è in equilibrio sempre perfetto.
Impeccabile il carpaccio di fragolino e mango che gioca sui classici accostamenti tra pesce e frutta, la vetta fino ad ora, finché non arriva in tavola uno dei piatti che più rimangono impressi: la tartare di ricciola affumicata al legno di castagno.
Un calice di vetro copre la ricciola e, una volta sollevato, si librano nell’aria gli aromi di legno bruciato. Sensazioni arcaiche di una passeggiata invernale per i viottoli di un paese di montagna, ancora un tributo alle radici fiuggine e ancora un contrasto con le note marine della tartare. Un piatto dalla semplicità schietta e limpida ma intenso, e che resta in mente e in bocca nella sua essenzialità e nel gioco di contrasti che, di nuovo, non è cervellotico, ma naturale e armonico.
Intensissima, fresca e sapida la zuppa di mare nudo e crudo e subito dopo il contrappunto “grasso” del sandwich di triglia con guanciale e fegato di triglia.
Si prosegue con gamberi in tempura, gamberi avvolti in riso selvatico, ananas fritto, spinaci, zenzero candito.
Forse troppi ingredienti e amalgama non perfettamente riuscito, ma si riprende alla grande con la parmigiana di pesce bandiera, alice in crosta di pistacchio, sorbetto di pomodoro con sesamo: grandissima esecuzione, tecnicamente ineccepibile, un’esplosione di mediterraneità.. Gustosissima.
Si prosegue senza segni di stanchezza: l’obiettivo è “fare 13”, ed ecco arrivare un classico dello chef: il tortino di patate e baccalà servito con la pelle del pesce fritta. Cose che abbiamo visto fare anche ad un certo Adrià, ma Giulio Terrinoni le ripropone con naturalezza, come se le avesse sempre fatte.
Notevoli e rinfrescanti gli gnocchetti di patate con gamberi e pesto ghiacciato.
Segue un carré di rombo in crosta di erbe aromatiche, ben eseguito ma non travolgente. Gustosissimi gli spaghetti con alici, pangrattato e crema di peperoni che chiudono alla grande la sequenza dei piatti salati, anche se ne troveremo delle contaminazioni nei dessert.
Arriva, infatti, una sorprendente granita di cioccolato bianco, crema di mango e olive taggiasche caramellate e sale. Echi di Antonello Colonna nell’abbinamento tra caramello e sale in un piatto comunque originale e di grande personalità, e l’oliva taggiasca caramellata è una gioia fenomenale.
Per finire, un cheesecake di capra, mou e sbriciolata, dolce ma non stucchevole.
Una cucina matura, equilibrata, piena di fantasia e sorretta da una tecnica eccellente. Dove potrà arrivare questo ragazzo “da grande”?
Stasera via Serra non mi è sembrata così lontana dal lungomare di Senigallia.
Acquolina Hostaria in Roma. Via Antonio Serra, 60 (zona Collina Fleming). 01254 Roma. Tel. +39 06.3337192
Foto: Acquolina Hostaria
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