Calabria e A3: vini e salumi per dimenticare il controesodo
Cosa può riservare la Calabria al viandante che decide di seguire strade diverse rispetto agli esodi e controesodi di massa dopo un assaggio inusuale di traminer sulla costa jonica? Una scelta di vini e di prodotti da riportare a casa per ricordare un’estate di gusto.
4° giorno. È la volta di una visita all’azienda Serracavallo di proprietà di Demetrio Stancati e sua moglie Flaviana. Demetrio, che è anche presidente del consorzio Calabria Citra (consorzio che raccoglie molti produttori di quella che diventerà la nuova doc Terre Di Cosenza), ci racconta di una viticoltura giovane.
Anche lui ha imparato dai suoi stessi errori, “d’altronde io vinifico solo dal ’97 e non è che qui avevo grande materiale con cui confrontarmi. Siamo tutti incredibilmente giovani come produttori pertanto ci vorrà del tempo, il lavoro in vigna è importantissimo cosa che prima si considerava meno, anzi siamo stati tutti convinti in qualche maniera a gestire gli autoctoni con i vitigni internazionali poi c’è stato l’avvento delle barrique ed ora la cosa che più mi entusiasma è il ripristino degli autoctoni saperli ascoltare, saperli gestire, ci vorrà del tempo ma i presupposti ci sono tutti. Si vuole avere un vino locale”.
Noi assaggiamo e riassaggiamo molto volentieri il rosato di Serracavallo (proposto con quello di Lidia Matera alla nostra sfida delle vongole). Ci piace: profumato e territoriale, ci sono i profumi della vigna, il finocchietto, l’origano, e le fragoline di bosco quelle piccole piccole un po’ aspre della vicinissima Sila.
Ci congediamo velocemente con la coppia di produttori e ci dirigiamo nell’azienda di bontà suiniche di Cervicati del “dottor” Tonino Sansone. Sansone, di nome e di fatto, è un uomo gigantesco con una forza incredibile.
Non dà proprio l’idea del calabrese sfaccendato: Vicesindaco di Cervicati, autista di linee di pullman, insieme ai parenti possiede un’impresa edile, un orto bellissimo dove si ammazza di fatica (ha dovuto scavare 200 metri per trovare l’acqua) e come ultima attività ha l’hobby di allevare maiali neri di Calabria: 500 per l’esattezza. Ah, dimenticavo: da gennaio ha aperto il salumificio Cervicati.
Noi naturalmente siamo arrivati alla solita ora (13:00) e siamo andati in giro nella tenuta di 30 ettari a fare un safari fotografico di maiali neri. L’avvistamento non è stato difficile: le scrofe con i cuccioli sono recintate, i maialini sotto i cinque mesi hanno un area recintata onde evitare che qualche predatore gli faccia la festa e poi vengono castrati e liberati nella tenuta allo scoccare del 18esimo mese quando si trasformano in salsiccia, soppressata, culatello, pancetta tesa o arrotolata, capocollo, guanciale. Aromatizzate con peperoncino dolce e piccante e finocchio selvatico sempre dell’azienda.
Cominciamo col dire che il nero di Calabria è bellissimo: ha queste orecchie grandi triangolari, una forma fisica eccellente, è tutto tutto nero (pertanto Sansone non fa accoppiare le femmine che per caso abbiano una piccola macchietta bianca), grugnisce contento ed è molto testardo. Mangia ghiande, erbe, more e pere, “quelle che ho innestato io”, dice Sansone, “non me ne lasciano nemmeno una”. E poi la mattina orzo, favette, mais e crusca dalla Sila.
“Prima ero bio ma ora mi sono scocciato perchè qui non c’è e devo far arrivare dal nord il mangime, perché? Tutti quei chilometri quando qui posso andare a prenderlo io, so cosa gli do, conosco i produttori. La certificazione bio è costosa, noi abbiamo dei prezzi diversi rispetto al resto d’Italia.”
Lasciamo, al limite della disidratazione, Tonino che ci raccoglie sotto il solleone ogni ben di dio (peperoni, melanzane, pomodori, peperoncini, basilico).
Ci rifocilliamo in un ipermercato (di necessità virtù), visto che è festa e non c’è un bar aperto alle tre del pomeriggio. Anche questo fa parte del folclore calabrese. Le scelte erano due: autogrill o ipermercato. Abbiamo optato per la seconda (sapevo che solo qui avremmo trovato la gazzosa al caffè… e infatti c’erano ben tre marche!!!)
Giornata caliente e allora ci rinfreschiamo con un gazpacho andaluso con variazione al peperoncino, con tanto di cubetto di ghiaccio in dotazione per spegnere l’incendio…
5° giorno. Imperterriti ripartiamo per un viaggio oltre il confine. Una confortino meritato dopo un paio di ore di statale jonica alla gelateria Il Fortino di Cariati, per rinfrescarci con uno stecco di gelato fresco (1 euro) di liquirizia Amarelli e via, verso le terre di Krotone, arriviamo a Cirò per far visita a Francesco Maria De Franco che ci porta in giro per gaglioppi.
Visitiamo vigne a pochi km dal mare con un terreno di argilla calcarea che trattiene l’acqua. Le altre della proprietà sono più in alto per un totale di otto ettari.
“Non tengo erba sotto il vigneto perché ho paura degli incendi, sulla pianta lascio un chilo, un chilo e mezzo di uva anche perché il gaglioppo se lo si lascia fare vegeta a dismisura. Ho 5.500 piante per ettaro. Il Cirò anticamente veniva tenuto “a quadraro” cioè una pianta a metro e ne entravano 10.000 in un ettaro” (come in Francia).
Francesco vinifica dal 2008. Prima la famiglia vendeva solo le uve, lavora molto in vigna, acini piccoli, innesto in vigna a occhiello antica manualità e maestria di questa zona.
Sono oltre 40 le Cantine di Cirò e toccherà tornarci magari per incontrare il grande Nicodemo Librandi. Ma è ora di pranzo e non si è mai sentito che quattro calabresi saltino il pasto e quindi da cattivi marinari quali noi siamo (sia io che Francesco siamo al 16 di Agosto e non abbiamo fatto un bagno al mare) ci dirigiamo verso l’Aquila d’Oro (tel +39 0962.38550), un bar pizzeria trattoria di Cirò (quella alta) e assaggiamo la fantastica sardicella con finocchietto di Torretta di Crucoli, la migliore dello Jonio a mio avviso, poi pipi e patane (peperoni e patate della vicina Sila Greca), cipollata di una dolcezza sublime tipo mousse (la cipolla è quasi solo una suggestione), dei fiori di zucchine a pastella perfetti, soppressata, salsiccia e capocollo (che non te lo dico proprio!!! esulta il nostro agronotecnico Peppe), una ricotta fritta benissimo (da manuale di frittura) e maccheroni al sugo di salsiccia (io) e al sugo di melanzane (loro) naturalmente beviamo a Vita (ieri, oggi, domani..).
Piccola variante superalcolica al rosolio di finocchietto ed erbe selvatiche della casa altamente digestivo e giù in Cantina ad assaggiare delle riserve Cirò 2008 e 2010 non ancora in circolazione. Ma la novità di quest’anno è il rosato una bellissima nuance tra il rosa antico e il corallo d’altronde siamo di fronte ad un gaglioppo, profumi di fragolina di bosco e fruttini rossi sono supportati da una piacevole freschezza e da una bella persistenza. Rosati di grande finezza.
A questo punto salutiamo Franco e Laura che presto saranno genitori di Andrea o Nicodemo (non abbiamo ancora capito quale nome abbiano scelto) e ci fermiamo dopo pochi chilometri sul mare di Torretta di Crucoli patria dei buonissimi pescetti per fare un bagno.
Un paio d’ore sono più che sufficienti e l’allegra brigata si dirige sulla flamigerata strada statale jonica vintage (mettiamola così che è meglio) nel senso che si cammina a 70 km orari quindi veniteci con una macchina d’epoca…
All’altezza di Rossano siamo costretti dall’enorme traffico ad uscire e ci dirigiamo verso Rossano Mare.
È l’ora dell’aperitivo e tutti i locali del lungomare si preparano per la notte; la cosa divertente è che qui i leghisti non sono arrivati e ogni locale offre un omaggio ad un cibo esotico e straniero. Si và dal kebap, alla piadina romagnola, alle tapas, al churrasco, alle crêpes tanto è risaputo i calabresi mangiano tutto ma poi tornano a casa di mamma per mangiare maccheroni a ferretti con sugo di capretto e pani i casa…che gente arretrata…
2. continua