Arriva la salsiccia in provetta. Seguirà l’hamburger in vitro
Arriva la “carne in vitro”. L’esperimento è stato realizzato da un gruppo di scienziati olandesi utilizzando cellule staminali di maiali. Le prime salsicce artificiali potrebbero sbarcare sul mercato già fra sei mesi e tra un anno gli scienziati promettono di mettere a punto, seguendo lo stesso procedimento, anche l’hamburger.
Un “passo avanti”, sulla strada del Frankenfood, rispetto alla commercializzazione di animali, latte e latticini di animali provenienti da progenie clonata, una pratica già usuale Oltreoceano e sulla quale l’Europa non ha ancora detto l’ultima parola.
Ma gli scienziati avvertono che molto resta ancora da fare prima di poter passare ad una produzione di massa, cioè a costi competitivi rispetto alla carne “vera” (225 mila euro costerebbe, allo stadio attuale, produrre un hamburger) e inoltre le strisce di tessuto, create in laboratorio alimentando le cellule staminali con un siero estratto da un feto di cavallo, mancano di sangue e ferro e hanno un aspetto ancora lontano da quello della carne di animale. Quanto al sapore, il divieto assoluto di consumare tessuti di laboratorio ha impedito finora agli scienziati di assaggiarla. Il siero fetale utilizzato per far crescere le cellule potrebbe essere tossico ma all’Università di Amsterdam gli scienziati stanno già lavorando su un’alternativa sintetica.
Gli esperti assicurano che dalla produzione di carne in laboratorio possa arrivare la risposta ai consumi crescenti di carne che secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità sono destinati a raddoppiare entro il 2050, con prevedibili impennate dei prezzi, anche del grano, e ricadute negative sull’ambiente. Uno studio delle Università di Oxford e Amsterdam ha rivelato che la produzione di carne in laboratorio sarebbe in grado di ridurre fino al 96% i gas serra provenienti dalle attività zootecniche, assorbirebbe dal 7 al 45% di energia in meno e richiederebbe solo l’1% di terra e il 4% d’acqua utilizzate nella produzione di carne convenzionale.
Che possa realmente diventare un arma efficace contro l’inquinamento, la malnutrizione e la sofferenza degli animali allevati è però davvero troppo presto per dirlo e certo la cautela non è mai troppa in un settore delicato come quello della sicurezza alimentare e della salute.
E comunque, sempre meglio dello “shit hamburger” (chiamato confidenzialmente anche “poop hamburger”), messo a punto qualche mese fa in un laboratorio giapponese. Per (eventuali) informazioni supplementari cercate… altrove.
[Fonte: telegraph.co.uk, guardian.co.uk Foto: Juan Mabromata/AFP/Getty Images, telegraph.co.uk]