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24 Aprile 2012 Aggiornato il 27 Aprile 2012 alle ore 13:13

Moria delle api. Auguratevi che il 30 giugno il Governo dica no ai neonicotinoidi

Moria delle api. Il 30 giugno scade il divieto di usare i neonicotinoidi nella concia delle sementi. CRA: rivedere l'intero sistema agricolo
Moria delle api. Auguratevi che il 30 giugno il Governo dica no ai neonicotinoidi

Si fa persino fatica a pensarlo: le api rischiano l’estinzione. Un disastro annunciato e non da Einstein, quando diceva, ipotizzandolo forse solo per assurdo, che “se un giorno le api dovessero scomparire all’uomo resterebbero solo 4 anni di vita”.

Dati alla mano, e non da oggi, le api stanno attraversando un momento molto difficile. Perdono l’orientamento, fanno fatica a trovare cibo, abbandonano gli alveari e muoiono. Un fenomeno sotto controllo per il momento ma la conseguenza di un collasso nel naturale ricambio di questa specie sarebbe una catastrofe per l’intero sistema delle impollinazioni da cui dipendono molte, troppe, delle specie agricole ad uso alimentare.

E’ il 2007 quando per la prima volta l’allarme conquista le prime pagine dei giornali. Negli Stati Uniti una straordinaria moria di api fa salire gli insetticidi sul banco degli imputati. In cima alla lista dei responsabili i neonicotinoidi e nel 2011 la Commissione Europea passa il dossier all’Efsa, l’Autorità per la sicurezza alimentare, perché valuti il fondamento scientifico del divieto, imposto nel 2008, di utilizzare semi di mais trattati con questo insetticida. Nel frattempo, contro i neonicotinoidi è già scesa in campo la prestigiosa rivista Science cui fa ha fatto eco la Harvard School of Public Health che sentenzia: il legame tra l’uso dei neonicotinoidi e la moria delle api, la sindrome dello spopolamento degli alveari, è certo.

L’Italia non sta a guardare. A parte la sospensione dal mercato del neonicotinoide, il CRA, il Consiglio per la Ricerca e la Sperimentazione in Agricoltura mette in piedi APENET, uno studio finanziato dal ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, per monitorare, attraverso 28 centraline biologiche, l’andamento e la distribuzione geografica di vecchie e nuove malattie delle api e il loro legame con la presenza di residui di pesticidi.

I risultati dello studio, condotto su un totale di 1350 alveari distribuiti sul territorio, confermano, come spiega il direttore del CRA-API di Bologna Marco Lodesani, “il ruolo che alcune molecole neurotossiche utilizzate in agricoltura hanno nei fenomeni di mortalità e di spopolamento verificatosi negli scorsi anni” e elencano “gli effetti sinergici tra le diverse sollecitazioni a cui l’alveare è sottoposto”. E cioè presenza di api non autoctone, cambiamenti climatici, un’alimentazione proteica e pesticidi. Con un importante, impegnativo corollario: occorre rivedere l’intero sistema agricolo.

Nell’attesa, riflettori puntati su una data tanto vicina quanto cruciale: il 30 giugno scade il divieto, rinnovato per 4 volte dal 2008, di usare gli insetticidi nenicotinoidi, di cui l’Italia è il primo consumatore in Europa, nella concia delle sementi, soprattutto mais. Sarà il Governo a decidere se procrastinare o meno una misura che ha dimostrato di dare risultati positivi sul popolamento degli alveari e sulla salute delle api.

“C’è poco da discutere su questi insetticidi”, taglia corto Vincenzo Girolami, docente di Entomologia Agraria all’Università di Padova. “Servono solo ad aumentare il budget delle multinazionali e non le produzioni. È da trent’anni che mi batto perché gli agricoltori siano abbastanza furbi da non usarli”. Quanto all’Efsa, prosegue Girolami, “la gente pensa sia un autorità europea indipendente, ma questo non mi lascia affatto tranquillo: metà dei miei colleghi ricercatori non sono veramente indipendenti ma sono in pratica pagati dalle multinazionali, tanto in Germania quanto in Inghilterra”.

[Foto: Jan Moravec, FracFx, Talibatuilm, ilfattoquotidiano]

 

Vincenzo Pagano
Fulminato sulla strada dei ristoranti, delle pizze, dei gelati, degli hamburger, apre Scatti di Gusto e da allora non ha mai smesso di curiosare tra cucine, forni e tavole.
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