Barack Obama, come Michelle, zappa il suo orto. E inaugura lo chef di Stato
Voglio aprire un ristorante e prendere la stella Michelin. Potrebbe non esserci più solo questo in cima alla lista dei sogni di un aspirante chef a stelle e a strisce. Nella patriottica America arriva lo ‘state chef’, cioè il cuoco-diplomatico che promuove il suo paese nel mondo spadellando, l’ambasciatore che porta la cucina e l’agricoltura della nazione nelle ambasciate del pianeta. Un’iniziativa promossa a Washington, nel cuore della macchina del potere di Barak Obama, che al cibo (e all’orto di Michelle) deve molto del suo gradimento, ora alle prese con la stella nascente Mitt Romney.
“Il cibo è il nostro terreno comune”, diceva James Beard, il Gualtiero Marchesi della cucina americana. E proprio lui, convinto assertore del cibo come veicolo primario di identità culturale, “sarebbe entusiasta di vedere che agli chef vengono conferiti riconoscimenti mai pensati prima”, ha dichiarato Susan Ungaro, presidente della fondazione che del grande cuoco prende il nome e che dell’iniziativa è promotrice insieme a Capricia Penavic Marshall, responsabile del protocollo al Dipartimento di Stato americano.
Il grande giorno è il 7 settembre quando, in occasione di un ricevimento a Washington nella sede del dicastero degli Esteri, verrà presentata al mondo la lista dei 20 chef che, in divisa blu navy con lo stemma ministeriale e le iniziali ricamate in oro, andranno a spasso per il mondo, cucineranno nelle ambasciate, posteranno articoli, parleranno in occasioni ufficiali. Nella lista saranno inclusi solo top chef che hanno già cucinato per il Dipartimento di Stato o per una delegazione straniera.
Tra i consacrati al ruolo di chef di Stato, rivela il Washington Post, ci saranno sicuramente:
Jose Andres che ha preparato per il ricevimento del 50mo anniversario del museo delle Diplomatic Reception Rooms, luogo sacro della storia della diplomazia americana;
Walter Schelb, già chef della Casa Bianca ;
Vikram Sunderam che ha cucinato per l’evento “A Taste of India” alla Blair House, la residenza per gli ospiti della Casa Bianca;
Bryan Voltaggio che ha preparato la cena per il primo ministro giapponese al National Geographic Museum lo scorso aprile;
Mike Isabella, top chef della piazza di Washington;
April Bloomfield dello Spotted Pig di New York, all’attivo un pranzo per il primo ministro britannico a marzo;
Rick Bayless del Frontera Grill e del Topolobampo, ristoranti gourmet messicani di Chicago, che ha già cucinato nel 2010 in occasione di un ricevimento per il presidente messicano.
Lo so, siete patriottici come noi e ve lo siete detto anche voi, tutto d’un fiato: “Mai che venisse in mente qualcosa di simile ai nostri politici per promuovere la cucina italiana, in debito di visibilità all’estero, afflitta da una cronica incapacità di promuoversi fuori dai suoi confini…”.
E sì che ce l’avremmo anche noi una bella cucina da promuovere…
[Link e immagine: washingtonpost.com]