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10 Maggio 2013 Aggiornato il 17 Febbraio 2024 alle ore 10:08

Roma. Peggio del gelato a 16 €, i commessi che fanno i provoloni

“Signorina,  mi scusi, ha bisogno di aiuto?”. In effetti  da cinque minuti tengo fisso lo sguardo sul listino prezzi (un rettangolo 12x5 cm
Roma. Peggio del gelato a 16 €, i commessi che fanno i provoloni

“Signorina,  mi scusi, ha bisogno di aiuto?”. In effetti  da cinque minuti tengo fisso lo sguardo sul listino prezzi (un rettangolo 12×5 cm piazzato ai due estremi del bancone), per scovare la mitica cifra, 16 euro, e poter dire: tana! così da essere vicini agli ormai 4 famosissimi turisti inglesi. “No, grazie” rispondo “E’ che sto aspettando una persona”. Bugia numero 1.

“Ah, capisco. Comunque io sono Giovanni”. Ciao Giovanni. “e comunque io una come lei non la farei mai aspettare”. Grazie, fossero tutti come te. “Visto che mi ci fa pensare, esco a fare una telefonata e sollecito”. Bugia numero 2.

Rientro, fingendo di aver ricevuto buca, e decido di iniziare il mio test. Dò finalmente una rapida scorta al banco frigo e mi concentro sulle creme, le mie preferite: una dozzina di opzioni, gusti classici, colori di dubbia autenticità. “Ma questo gelato lo fate voi?”. “Sì, certo, è artigianale. Si fa qui, a volte con queste stesse mani”. Ah, allora cambia tutto.

Torno a concentrarmi sulla mia merenda. Vorrei assaggiare più gusti possibile, e alla fine propendo per crema, caffè, cioccolato, pistacchio e panna, la mia prova del nove per i mastri gelatai. D’un tratto però ricordo dove mi trovo e cambio subito prospettiva. “Scusi Giovanni, quanto costa un cono piccolo?” “2,50 euro  per due gusti. Con 3,50 ha un cono medio ma sempre due gusti”. “E per avere 3 gusti?”. “Cono grande a 7,50”. Eccoli là. “Allora cono piccolo, cioccolato, pistacchio e panna, per favore”. Mente Giovanni,  lavora di paletta e si spende in complimenti di finissima provoloneria, sollevo lo sguardo, scoprendomi soverchiata da imponenti volute di cialde in formato maxi  colorate, granellate, pralinate,  e chi più ne ha, più ne metta. “E questi cosa sono?” “Sono i nostri coni fiore”, “E quanto costano?”. “Prezzi vari. Il più grande 16 euro”. Tana.

Prendo il mio gelato e mi dirigo alla cassa. Poi Giovanni incalza: “Ma voleva assaggiare altri gusti?”. Confermo dicendo che anche crema e caffè non mi sarebbero dispiaciuti. “Se è così” mi dice “ per lei faccio strappo alla regola”, e mi porge un cucchiaino “sporcato” di giallissima crema.  Che signore. E’ il momento di pagare, ma fra borsa, buste, macchina fotografica, cono e cucchiaino, recuperare il portafogli mi risulta impossibile. “Serve aiuto?”. Entra in scena Giuseppe, collega di Giovanni che, dopo essersi sbarazzato di una biondoandante famigliola tedesca, riprende parte al teatrino. “In realtà sì!” rispondo io.  Il mio istinto mangereccio mi spinge a trattenere nelle mani il cono e il cucchiaino e ad affidare loro tutto il resto. Poi la precaria scioglievolezza del gelato mi spinge a effettuare un rapido cambio. Finalmente pago, riprendo le mie cose e mi avvio all’uscita, ma vengo subito raggiunta dai miei due audaci cavalieri che mi invitano a sedermi fuori al tavolino. “Per lei, bella fanciulla, è gratis”. Ma grazie. Nel frattempo non ho ancora assaggiato il mio gelato.

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Prendo posto, Giovanni , fra un turista da intercettare e l’altro, mi porta un piattino per la sbrodolatura, Giuseppe lo segue porgendomi un tovagliolino (di stoffa!) e continua il suo assedio. “Insomma le piace questo gelato?”. Eh, te lo direi, se mi dessi il tempo di assaggiarlo. Affondo finalmente le labbra a metà fra il pistacchio e cioccolato e dico “Ottimo”. Bugia numero 3. In realtà, non lo distinguerei fra mille altri.

“Insomma, lei è fidanzata?”, continua lui. “No” rispondo io e mi pento subito della risposta. “Non è possibile! Una bella ragazza come lei!”. “Così è la vita” concludo, sperando che desista e mi lasci il tempo di scattare una foto e godermi il gelato. Nulla da fare. E’ irrefrenabile. “Lo sa che anch’io cerco l’anima gemella? Potrebbe essere lei”. “Mi dispiace, ma io non credo nell’anima gemella”. A questo punto, seccata dall’incontenibile invadenza, scatto, per puntiglio, una foto al mio cono ormai in squagliamento libero e mi scuso dicendo che mi stanno telefonando. Bugia numero 4.

Con la scusa di un impegno urgente,  mi alzo e prendo congedo. E mentre Giovanni e Giuseppe, inconsapevoli , salutano e mi lanciano baci volanti io rido dentro e, allontanandomi  sempre di più, urlo loro “Tornerò”.

Bugia numero 5. Andrò altrove a mangiare eccellenze.

P.S. I nomi sono di fantasia, il resto no

[Daniela Dioguardi. Immagini: Parker Fitzgerald, Daniela Dioguardi]

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