Il Pizzarotto di Mc Donald’s più che pizza è reincarnazione della rustichella
Mc Donald’s non vuole proprio smetterla di titillare il palato degli italiani con versioni fastfoodiane di grandi classici, e stavolta ritorna con il Pizzarotto, al primo impatto reincarnazione dell’amata (dai viaggiatori autostradali) Rustichella che pensavamo avesse i giorni contati. Per quelli più a sud dello Stivale potrebbe apparire come un fake di un calzoncino ripieno. Il claim che lo accompagna è Tutto il resto è una pizza. Resto, appunto, interdetta. Ma forse alla comunicazione di Mc Donald’s hanno ritenuto innovativa la formula a metà strada tra una pizza e un panzarotto. Contenti loro.
Se con le sue proposte “gastronomiche” riesce ancora ad incuriosire, spingendo un gran numero di compaesani ad andare oltre il Big Mac, quando poi il palato ha un incontro ravvicinato con la pietanza, nella maggior parte dei casi, si torna al bancone per ordinare un Cheeseburger. Vi avevamo già detto la nostra sulla Mc Pasta che, nonostante lo zampino di Barilla, reggeva a mala pena il confronto con un Big Tasty.
Ma torniamo al Pizzarotto. Sarà vera pizza? Anche stavolta, da bravi seguaci del se non vedo non credo, siamo andati all’assaggio.
CONFEZIONE: il Pizzarotto è servito in un sacchetto di carta per alimenti non molto distante dal classico proposto per il Mc Toast. In questo caso però, manca la componente di formaggio fuoriuscito che si incorpora al sacchetto.
ANALISI VISIVA: la sfoglia è sottile ai limiti dell’imbarazzante, piuttosto pallida e con un sospetto bordino arricciato che, sono certa, serve a ridurre la quantità di ripieno. Il Pizzarotto è in definitiva una specie di schiacciatina.
ANALISI GUSTATIVA: taglio il Pizzarotto a metà, vado al cuore di questa versione mal riuscita di un Sofficino e mi accorgo che è a malapena tiepido. Andiamo bene! Il ripieno è una salsa di pomodoro di livello assolutamente basilare, senza infamia e senza lode. Il cartellone prometteva la presenza di mozzarella, ma quello che avverto io è comunissimo formaggio a pasta filata. Sapidità: scarsa.
Giudizio complessivo: 5. Prezzo: 2 euro.
Ma non finisce qui. Dato che di fronte ai tabelloni luminosi di Mc Donald’s è la curiosità a farla da padrona, ci rendiamo conto che i tentativi di rendere salutare il fast food hanno coinvolto anche un altro paese del caro bacino mediterraneo: la Grecia. Una proposta di insalata a base di, non ci crederete, feta! Neanche a dirlo, l’abbiamo assaggiata.
CONFEZIONE: il packaging è superfashion, come quello della pasta Barilla.
ANALISI VISIVA: sollevando il coperchio spadroneggiano i cubetti di feta. Qualche lamella violacea di cipolla rossa, quattro olive, quattro fette di pomodoro. Le ho contate.
ANALISI GUSTATIVA: mi accorgo che la nostra insalata è corredata da un flaconcino contentente un mix di Olio EVO e aceto balsamico di Modena. Ma non era un’insalata greca? Condisco, do una rimestata, assaggio. L’insalata fa decisamente solo rumore. Scrocchia sotto i denti, ma ha la consistenza della carta, mentre il formaggio ha, ammetto, un lieve sentore di feta. Le cipolle dominano indisturbate anche sulle olive.
Giudizio complessivo: 4. Prezzo: 6 euro. S-E-I-E-U-R-O. Ancora non ci credo.