Pasta e cozze alla tarantina, la ricetta perfetta è con la rosmarina
Sono andata a Taranto qualche tempo fa e, passando da via Garibaldi per fare ritorno a Bari, mi sono fermata a cercare la casa dei nonni dove nel 1925 era nata mia madre, ultima di 11 figli. La targa col nome del vico all’angolo del quale si affaccia il portoncino del palazzetto a 2 piani del nonno, non c’è più… Perciò sono entrata dal tabaccaio, là vicino, per chiedere conferma che la casa fosse proprio quella. E lui, che non avevo mai visto in vita mia, mi ha abbracciato… Li ricordava tutti molto bene.
Mia nonna, dai tratti caratteristi normanni, alta bionda, con gli occhi azzurri, si disperava perché i più piccoli, tra i 6 figli maschi, crescevano in mezzo all panaridde che giocavano per strada a u spizzidde e a livorie. Con poco e con niente prendevano a spinatora (spianatoia) e u stricaturo (asse per lavare i panni) e andavano a tuffarsi in mare. Quel mare, il Mar Piccolo, che a via Garibaldi è a livello della strada. Oggi a marine – come tutti i Tarantini chiamano la zona – è sempre uno dei posti più affascinanti della città. Da quei loggioni (balconi) la vista è di una bellezza struggente. Le acciaierie non si vedono, sono alle spalle e tutto o quasi sembra fermo ai primi del ‘900. È davvero un peccato mortale che la città vecchia non venga ristrutturata e riqualificata.
Fu così che nonna Concetta, preoccupata per l’educazione dei figli, nel 1926 pretese dal marito di trasferire la famiglia nel Borgo – la città nuova al di là del ponte girevole – in via Massari.
Mi sono commossa.
Ebbene sì sono tarantina delle cozze, orgogliosa di esserlo, trapiantata a Bari nei primi anni ‘70. Tarantina di nascita e barese di adozione proprio come Luigi Sada. Do you know? E sebbene ami Bari e i baresi incondizionatamente, una parte del mio cuore e della mia famiglia è a Taranto.
Perciò quando ho visto in rete una foto di un piatto di tubetti con le cozze, co’ doi figghiazze di vasenicola suse (con due foglie di basilico sopra) spacciato come vero piatto della cucina tarantina in contrapposizione agli spaghetti con le cozze, il mio cuore ha avuto un sussulto.
Sono entrambe ricette di tradizione, simili, ma con alcune sostanziali differenze.
Il sugo dei tubetti è molto più lento, quasi brodoso e meno rosso. Ma poi, volete sapere che trafila di pasta si usava anticamente con questa sorta di brodetto di cozze?
Diceva mia madre: “mammà metteva gli spaghettini spezzati nella mappina o la rosmarina come piaceva a Nanino (il figlio maschio per il quale la nonna teneva la pendenza)”. Altro che tubetti e tubettini che invece hanno fatto perdere alla minestra di cozze tarantina la sua identità provinciale per farla assurgere a piatto regionale.
I tubetti con le cozze si preparano oramai in tutta la Puglia, al contrario della ricetta degli spaghetti che, grazie a Luigi Sada, conserva a tutt’oggi la sua tipicità.
Di tutto questo mi pare che non ci sia traccia nei libri di cucina regionale. La tradizione orale, che è sempre una fonte imprescindibile, rimane affidata alla memoria condivisa di pochi nostalgici dai capelli bianchi.
Perché, cari signori, la storia della gastronomia si fa anche con la memoria, quella memoria poetica che rende bella la vita.
Per le ricette del cuore si va a sentimento, quindi non vi lascio dosi degli ingredienti ma il procedimento e alcune variazioni sul tema.
La vera ricetta della pasta e cozze alla tarantina
Aprite le cozze a crudo, lasciandole a frutto netto e conservando la loro acqua filtrata.
Scaldate l’olio con uno spicchio di aglio e un gambo di prezzemolo senza foglie. Toglieteli appena l’olio sarà a temperatura e aggiungete due pomodori da salsa, già sbollentati, pelati e tagliati a dadini piccolissimi.
Fate cuocere fino a “perdere i sensi” insieme 4-5 cozze (non vanno soffritte come per il sugo degli spaghetti) e ad un po’ della loro acqua. Tritate il prezzemolo finissimo; mettete a cuocere la pasta portandola a mezza cottura.
Scolatela e mescolatela all’intigolo già preparato e diluito con l’acqua delle cozze.
I tubetti, la rosmarina, gli spaghetti spezzati termineranno la loro cottura nel brodetto. Solo all’ultimo versate in pentola tutte le cozze con l’acqua rimasta e regolate la “brodosità” con poca acqua di cottura della pasta, solo se occorre, lasciando fremere per non più di 1 minuto mescolando con un cucchiaio di legno.
Cospargete di pepe nero macinato al momento un piatto fondo, mettete la minestra e servite subito dopo aver cosparso il tutto col prezzemolo tritato.
Per una ricetta di tradizione tarantina, decisamente no al basilico, al vino bianco – a Taranto non si mette neppure nella Pepata di cozze – e alla così detta “risottatura”. La tecnica tanto amata da alcuni chef in questo caso sottoporrebbe le cozze ad una cottura troppo prolungata rendendole gommose.
Alla ricetta base si possono prevedere alcune varianti.
Pomodori a pezzetti; pelati spezzettati, passata casalinga oppure aggiunta di poco concentrato come fa Palma d’Onofrio, maestra di cucina per anni alla Prova del cuoco e tarantina delle cozze come me. Guardate il video del 2010.
Come dice Palma tutto dipenderà dalla stagione. A Taranto le cozze d’inverno, piccole e rosse sono una vera delizia per palati raffinati.
Qualcuno allunga la minestra con un delicato fumetto di pesce, io non lo faccio, ma non è una bestemmia.
Nella versione moderna si usano i pomodorini. Fiaschetto, ciliegini, datterini che siano, vanno tagliati a pezzetti piccolissimi perchè la cottura sia velocissima insieme alle cozze, alla loro acqua e ai tubetti sempre a mezza cottura.
Un’ultima nota sulla pasta che in cottura rilascerebbe amido. Trafilata al bronzo, all’oro, oppure no, una pasta di qualità superiore non deve rilasciare amido in cottura. Vado in controtendenza, lo so, ma non mi stancherò mai di ripeterlo.
[Immagini: Ornella Mirelli, borsci1, Vincenzo Pagano]