Tiella barese: i 10 errori da non fare con patate, riso e cozze
E’ sufficiente eseguire una buona ricetta originale della tiella barese, ovvero patateriseccozze, per ottenere un risultato eccellente?
Direi proprio di no. Ogni volta che si prepara la Tiella c’è sempre quella tensione, quell’ansia da prestazione che tiene con fiato sospeso il cuoco fino al primo assaggio.
Noi vi abbiamo dato tutti gli elementi per preparare la ricetta perfetta, ma dovete ricordare che quasi mai una Tiella è uguale all’altra anche se si usano gli stessi ingredienti e si procede nell’identico modo.
Serve davvero tanta esperienza e grande sensibilità nel dosare ingredienti e temperatura del forno.
E oggi che si celebra la Giornata mondiale della tiella di patate riso e cozze, di cui Scatti di Gusto è media partner, vi diciamo quali sono i 10 errori da non fare assolutamente.
La Tiella barese e i 10 errori che facciamo spesso
- Non aprire le cozze in pentola. Sottoporre le cozze ad una cottura preventiva le renderà gommose. Il loro liquido sarà in minore quantità e diventerà lattiginoso. Se non si sanno aprire le cozze a crudo, si rinunci a preparare la tiella.
- Non usare affatto il sale. E’ vero che quando si cucinano frutti di mare e cozze bisogna salare pochissimo, ma nella tiella barese sia le patate che il riso “chiamano” il sale. Quindi, usarlo con parsimonia va bene, ma fino ad un certo punto. E’ indispensabile assaggiare a crudo e regolarsi secondo i propri gusti
- Bagnare il riso. Il riso non deve essere semplicemente lavato. Va messo a bagno in una ciotola coperto a filo di acqua leggermente salata. Appena avrà assorbito l’acqua bisogna condirlo con un po’ d’olio. Così si eviterà che rimanga crudo o al contrario che faccia “mappazza”
- Usare patate farinose. La qualità delle patate a pasta gialla è fondamentale Non si devono spappolare e non devono assolutamente essere farinose, mi raccomando.
- Usare formaggi diversi dal pecorino romano. Il formaggio dà sapidità e carattere alla Tiella barese. Se troppo invadente, come potrebbe essere il canestrato pugliese o altro tipo di formaggio dello stesso genere, rovinerà irrimediabilmente l’equilibrio del piatto. Del Parmigiano non se ne dovrebbe parlare neppure.
- Usare troppe zucchine. Mettere o non mettere la zucchina? Il dilemma dilania i baresi da tempo immemorabile Alcuni la considerano una bestemmia, altri un valore aggiunto. In ogni caso, se si vuole aggiungere, metterne poca, scegliendo le zucchine piccole e con pochi semi. L’importante è che il sapore della zucchina non sovrasti mai quello degli altri ingredienti.
- Usare un tegame a caso. Quale tegame scegliere per la tiella barese? Il coccio da un lato poroso dall’altro trasmette il calore anche a fine cottura. Dunque bisognerebbe stare molto attenti a non far scuocere la preparazione. Insomma se si usa il tipico tegame di terracotta serve molta esperienza. Nella teglia di alluminio invece la cottura è molto più semplice.
- Sbagliare la quantità di acqua da aggiungere prima della cottura. Non eccedere né lesinare sulla quantità di acqua da aggiungere prima della cottura. L’acqua è forse l’ingrediente fondamentale di tutta la preparazione. Deve essere aggiunta dai bordi del tegame e lambire l’ultimo strato di patate senza coprirlo.
- Tenere il forno basso. Infornare la teglia a temperatura medio bassa e nel forno freddo è la Caporetto della cottura della tiella barese. Il forno deve ben caldo e ad una temperatura di almeno 200°. La cottura ottimale avverrà in circa 40 minuti
- Chiamare la Tiella nel modo sbagliato. Qual è il nome corretto del piatto? Sembrerà assurdo ma in Puglia ci si può accapigliare anche per questa ragione. I testi sacri della Cucina Pugliese chiamano la Tiella “Riso, patate e cozze. A Bari va per la maggiore “Patate, riso e cozze” o meglio, come dice l’attore barese Emilio Solfrizzi “Patateriseccozze”, senza virgola , tutto attaccato e con due C. Invece in Salento la chiamano Taieddhra.
Sbagliare il vino da abbinare
Non fa parte della ricetta, ma un altro errore è l’abbinamento della tiella barese con il vino. Per evitare l’errore che rovinerebbe il pasto, abbiamo chiesto quale vino abbinare ad una dei massimi esperti: Vittoria Cisonno, direttore del Movimento turismo del vino.
Sicuramente con Bombino Nero è la sua risposta netta e precisa. Vediamo perché. È un autoctono pugliese coltivato esclusivamente in questa regione. Di origine incerta, è presente in Puglia sicuramente in epoca precedente al bollettino ampelografico del 1875. Il nome potrebbe derivare o dalla forma del grappolo, compatto con due ali, che per alcuni osservatori del passato ricorda la forma di un bambino con le braccia distese oppure da “buonvino”, in quanto capace di dare costanti produzioni e soprattutto un’elevata resa in mosto. Con acini di colore blu dotati di una buccia sottile, il Bombino Nero ha una maturazione tardiva e mai completa all’interno del grappolo, che presenta diversi acini addirittura non pigmentati che, di conseguenza, si caratterizzano per alta acidità e bassa concentrazione zuccherina. Questa particolarità del vitigno lo rende perfetto per la produzione di vini rosati. Diffuso maggiormente nel nord della Puglia, dal 2011 è protagonista dell’omonima DOCG “Castel del Monte – Bombino Nero” (Rivera, Tor de Falchi, Torrevento, Conte Spagnoletti Zeuli).
[Immagini: Ornella Mirelli, Gruppo Facebook]