Torino. Casa Vicina e i piatti che sono la storia di una famiglia stellata
Ci sono le famiglie “del Mulino Bianco”, tutta apparenza e poca sostanza. E poi ci sono le Famiglie quelle vere, quelle che lavorano fianco a fianco magari discutendo un po’ ma non mettendo mai in dubbio l’amore che le unisce.
I Vicina sono di quest’ultimo genere.
Da 5 generazioni portano avanti la tradizione piemontese con tanta dedizione e fantasia che sono riusciti a raggiungere il traguardo della stella Michelin e a diventare il fiore all’occhiello di Eataly Torino Lingotto.
Chissà se Giovanni Battista Vicina Mazzaretto avrebbe mai potuto immaginare questa evoluzione quando, nel 1902, aprì la sua prima locanda di cambio di cavalli a Ivrea. «Noi arriviamo da una tradizione piemontese molto forte – conferma Claudio Vicina, che sin da piccolo sta in cucina prima con mamma Bruna e papà Roberto e oggi con la moglie Anna e la figlia Silvia – e che dà il suo meglio in inverno. Il nostro impegno è stato nell’attualizzazione dei piatti della memoria per creare delle proposte valide tutto l’anno».
Così ogni piatto è frutto di uno studio approfondito della ricetta, per creare una proposta fresca e innovativa che esalti i singoli sapori ma che si proponga in una veste nuova.
Molte delle ricette provengono dalla nonna Amelia e dalla mamma Bruna come la salsa delle verdure, la giardiniera, gli agnolotti pizzicati a mano “Vecchia Eporedia” e il tonno di coniglio.
«Per stare al passo coi tempi – continua lo chef – abbiamo “addomesticato” i sapori più forti. Per esempio l’aglio lo abbiamo quasi del tutto abbandonato mentre gli agnolotti del plin li abbiamo ingranditi per valorizzare il ripieno fatto con 2 tipi di arrosto e, per ammorbidire il gusto, all’interno abbiamo sostituito il cavolo, tipico della tradizione canavese, con gli spinaci».
Fra le rivisitazioni più “goduriose” c’è la bagna cauda da bere. Nata nel 2003, è ormai un’icona di Claudio Vicina, che vede il classico antipasto piemontese servito in maniera insolita – in un bicchiere da Martini (altro simbolo dell’aperitivo torinese). Attraverso il cristallo del bicchiere sono ben riconoscibili le diverse verdure (barbabietola, cavolfiore, carota, zucchina e peperone rosso) che nella nuova proposta sono bollite e frullate in olio evo e lo strato finale di bagna cauda tiepida.
In un menù della tradizione piemontese non può mancare il vitello tonnato, l’insalata russa e il tonno di coniglio accompagnato dalla giardiniera. «Per noi – sottolinea Claudio – le materie prime sono fondamentali. Il km0 non è una scelta forzata ma una necessità. Infatti in cucina usiamo solo ciò che conosciamo e di cui abbiamo certezza di freschezza».
Così il coniglio è solo il presidio Slow Food “grigio di Carmagnola”, i fiori eduli che decorano i piatti sono stati raccolti nei prati del canavese (trifoglio, malva, sambuco, gaggia e tanti altri) ed essiccati in casa.
Con la stessa filosofia sono realizzate in cucina le frutta candite (albicocche, fragole, ciliegie, arance) ma anche il pane (rigorosamente con lievito madre), la salsiccia, i “rubatà” (i grissini tipici del Piemonte), le marmellate e la crema di gianduja.
Quest’ultima, creata a partire dalle nocciole Piemonte Igp, è alla base dei Ravioli Sabaudi, piatto novità del 2017. I ravioli hanno la forma quadrata tipicamente torinese e sono ripieni di gianduja conditi con salsa allo zabajone e al passito di Caluso e composta di albicocche candite.
Un’altra creazione della chef pâtissier Anna è la rivisitazione dei Cri Cri. La leggenda vuole che all’origine del loro nome ci sia una romantica storia d’amore, ma la versione di Anna, dal cuore di nocciola e cioccolato ricoperto di cioccolato e rivestito di mompariglia (le piccolissime sferette di zucchero), fa innamorare di questo amuse bouche di fine pasto.
E poi c’è il panettone. Per seguire la sua lenta lievitazione in cucina si parla di alzatacce in piena notte anche se non si rimpiangono le ore di sonno perse quando se ne assaggia il frutto morbido e leggero.
A una cucina così attenta risponde una sala altrettanto precisa. Qui il maitre è Stefano, fratello di Claudio, che riesce a rendere “casa” la sala del ristorante. «Credo fortemente – conclude Stefano – nel valore aggiunto di una buona accoglienza. Quando i nostri ospiti entrano nel ristorante è come se varcassero la soglia di casa immergendosi nel nostro mondo di sapori e creatività. Per questo è fondamentale dare un benvenuto unico in grado di trasmettere lo stile Casa Vicina. Come i piatti raccontano una parte della nostra storia, anche l’atmosfera nella quale si degustano è parte integrante dell’esperienza sensoriale ed emotiva».
Come per la cucina, anche in sala è già attiva la giovane generazione Vicina. Infatti ad affiancare Stefano ci sono la nipote Laura (figlia di Anna e Claudio) e il suo fidanzato Stefano D’Elia. La carta dei vini è ampia e ben strutturata ma, nel caso non fosse soddisfacente, il cliente ha a disposizione l’intera enoteca di Eataly per trovare il giusto abbinamento alle portate.
Casa Vicina. Eataly Torino Lingotto. Via Nizza, 230/14. Torino. Tel. +39 01119506840
[Alessandra Iannello. Immagini: Antonio Lori]