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22 Luglio 2018 Aggiornato il 27 Marzo 2019 alle ore 13:47

Perché il tonno di corsa di Carloforte è il migliore del mondo. Da sempre

Scatti di Gusto ama Carloforte, il luogo del tonno rosso, e abbiamo incontrato uno dei maestri di cucina dell'isola di San Pietro in Sardegna: Andrea
Perché il tonno di corsa di Carloforte è il migliore del mondo. Da sempre

Scatti di Gusto ama Carloforte, il luogo del tonno rosso, e abbiamo incontrato uno dei maestri di cucina dell’isola di San Pietro in Sardegna: Andrea Rosso.

Lui è un custode della cultura del tonno rosso, con un evidente destino indicato già nel nome.

Il ristorante di Andrea è una tappa obbligata per chi raggiunge Carloforte, sede di una delle ultime due tonnare fisse del Mediterraneo.

Con lui siamo partiti dal ricordo di nonno Anito, per oltre 30 anni addetto in tonnara alla stagnatura delle scatole in latta di tonno sott’olio e, ripercorrendo con un affascinante racconto gli ultimi decenni di pesca e di storia sociale del tonno in questo lembo rappresentativo di Mediterraneo, vi offriamo in forma di decalogo una guida al tonno rosso utile per scoprire elementi poco noti e necessario per inorgoglirsi, non poco, di un’eccellenza della nostra cultura marinara

1. Bluefin, cioè il tonno rosso

Iniziamo col dire che nel Mediterraneo transita la specie più pregiata di tonno, il bluefin, nome scientifico Thunnus thynnus, comunemente detto tonno rosso, ricco di omega 3. Il tonno che va in scatola, per capirci, è solitamente quello a pinna gialla, decisamente meno pregiato. Il tonno rosso compie una sorta di girotondo dei mari. Il suo passaggio strategico nel Mediterraneo viene detto tonno di corsa, poiché quando vi passa è in corsa per la riproduzione (è anche uno dei pesci più veloci al mondo). Siamo nel mese di aprile. Proveniente da Terranova il tonno attraversa lo Stretto di Gibilterra ed entra nel Mediterraneo per raggiungere acque ideali alla deposizione delle uova; femmine e maschi sono pronti per la fecondazione ed hanno carni al massimo della consistenza. Nelle acque cristalline tra Sicilia e Sardegna i banchi stazionano all’incirca 60 giorni; poi puntano su Spagna e Francia, depongono e a settembre escono dal Mediterraneo lambendo di nuovo l’Italia

2. La tonnara fissa

Fin dall’antichità i tonni venivano pescati con la tonnara fissa, un sistema di cattura controllata sostituito in tempi moderni da altre tecniche tra cui la tonnara volante (rete da circuizione) e i palangari, che hanno però portato a catture sconsiderate; oggi la tonnara fissa è un metodo in costante rivalutazione perché, anche a detta di Greenpeace e di altre associazioni ambientaliste, permette una pesca sostenibile in quanto selettiva degli esemplari pescabili. Carloforte sta esaltando questa sua antica tradizione (pare esistente dal 1400) ed è una delle due tonnare fisse con autorizzazione ministeriale (l’altra è a Favignana, in Sicilia). Il rifiorire delle due tonnare nostrane dovrebbe ristabilire anche un certo prestigio italiano nel Mediterraneo, dopo anni di quasi-monopolio produttivo da parte di Malta (…)

3. La tutela del tonno rosso

La pesca massiva del passato, indiscriminata e spesso illegale anche di esemplari sottomisura, ha portato nei decenni scorsi ad un impoverimento della specie bluefin, fino alla totale perdita di una sua presenza stabile nel Mare Nostrum, tanto da determinare la progressiva riduzione delle quote di pesca (Tac, Totale ammissibile di cattura) assegnate ai vari paesi europei; l’Italia ne ha fatto le spese anche in termini di fatturato e di occupazione, sperimentando la pesante crisi del comparto (la tonnara di Favignana è rimasta chiusa dal 2007 al 2017). Le scelte di tutela hanno iniziato a dare dei frutti, e da circa una decina d’anni il tonno rosso è tornato stanziale nel Mediterraneo, evento davvero significativo, tanto che le quote (fissate da Unione Europea e Iccat – Commissione internazionale per la conservazione del tonno atlantico) sono in progressiva ripresa, con assegnazioni crescenti in favore della tonnara fissa, metodo attenzionato favorevolmente anche dalla Commissione europea. Va detto però che il bluefin resta una specie a rischio, soprattutto a causa del notevole consumo da parte dei giapponesi sottoforma di sushi e sashimi, food culture peraltro sempre più di moda anche nel resto del mondo

4. Quando si pesca il tonno rosso

In tonnara fissa il tonno rosso viene pescato solo da aprile a luglio, nel suo passaggio di andata. Il cosiddetto tonno di ritorno, cioè quello che riattraversa il Mediterraneo a partire da settembre, viene lasciato rientrare in Atlantico. I carlofortini sono fieri e consapevoli di questa scelta, sostenibile da più punti di vista. E non c’entrano solo le famose quote da rispettare. Oramai ne fanno una questione di tutela dei banchi e di offerta di qualità. Dopo la deposizione delle uova il tonno non ha più la medesima consistenza, e pescarlo significherebbe abbassare uno standard qualitativo che – anche a livello internazionale – riconosce oramai a Carloforte un marchio di garanzia

5. Tonno rosso e pinna gialla senza confronto e con qualche trucco

E veniamo a noi che andiamo al mercato. Il tonno che troviamo in pescheria venduto a trancio nel lasso temporale aprile-giugno potrebbe essere appunto un bluefin appena pescato, purtroppo c’è il rischio che altri tonni, ad esempio il più diffuso pinna gialla, possano venir tinti artificialmente con monossido di carbonio per imitare la carne rossa del bluefin. Per un consumatore, a detta dei pescatori, è piuttosto difficile accorgersi dell’inganno; il monossido di carbonio è anche letale ma usato per la tintura resta presente in quantità che dovrebbero risultare in quel senso non rilevanti. Il vero problema derivante da questo squallido trucco fraudolento è che tingere il tonno ne camuffa la decomposizione in atto per cui il pesce sembra fresco ma fresco non è, anzi potrebbe essere già avariato, da qui possono derivare le gravi e letali intossicazioni. Frode di diversa entità, ma pur sempre truffa sul tema tonno rosso, è spacciare per bluefin i ‘cugini’ aletterato, tombarello e palamita, sempre della famiglia degli Scombridae. Non ci sono quindi consigli empirici da dare per rendervi infallibili esperti di tonno rosso. Qualunque sia il periodo dell’anno domandate che tonno è, da dove proviene, anche per sapere se è un prodotto decongelato, ma ovviamente nel farlo non vi accontenterete delle parole…. (come vi spieghiamo nel prossimo punto). Tonno rosso fresco si può trovare anche dopo l’estate, perché qualcuno lo pesca comunque nonostante sia meno gustoso, e in questa disamina di possibilità c’è poi anche il caso assurdo per cui dell’autentico tonno rosso venga fatto passare per un’altra varietà meno pregiata perché, a quota bloccata, chi si ritrova un bluefin immagliato in rete piuttosto che ributtarlo in mare lo spaccia per specie inferiore consentita. Insomma, comprar tonno ed intendersene non è roba da tonni ma da squali (!). L’unica è avere un rivenditore di fiducia – a cui chiedere comunque i certificati

6. Comprare il tonno rosso in pescheria

In pescheria, quindi, per sapere cosa acquistiamo, va richiesto il certificato di provenienza. A tutela del tonno rosso e dei consumatori esiste il BCD – Bluefin tuna Catch Document, vera e propria carta di identità. Ricordando che tonno rosso legalmente non significa niente, e che il nome ufficiale della specie pregiata è bluefin ovvero Thunnus thynnus, questo dev’esser scritto sul certificato. Folle pensare di poter riconoscere a occhio la specie, soprattutto quando si tratta di ‘bestioni’ (parliamo di almeno 250 kg) affettati

7. Crudo o cotto, imparate da Andrea Rosso

Passiamo finalmente alla cucina. Il pregio del tonno rosso è tale che si evince al gusto soprattutto da carni crude o cotte poco. La nostra tradizione gastronomica (parliamo in particolare del sud Italia) ha tuttavia sempre concepito il consumo del tonno da cotto, anzi direi da stracotto: da isolana ricordo perfettamente che il tonno – in quanto pesce ricco di sangue – arrostito, al sugo o fritto che fosse, era vietato mangiarlo quando la carne intorno alla spina risultava ancora un po’ rosea. Si considerava pesce crudo, sinonimo assoluto di non mangiabile. Il tonno si faceva anche sott’olio, anche in questo caso dunque era più che cotto. Ma allora com’è avvenuta questa funambolica capriola culturale che fa sì che oggi l’italiano comune brami affondare i denti nella carne cruda e rossa del tonno? Andrea Rosso entra nei dettagli. Circa venti anni fa sull’isola di San Pietro sbarcarono i giapponesi – i più forti consumatori di tonno crudo al mondo – con le idee molto chiare: assaggiare il tonno di corsa; in poco meno di 72 ore tutto il tonno presente alla tonnara di Carloforte era già sui mercati e nei ristoranti del Sol Levante, trasportato dall’Italia in ghiaccio, dapprima incartato in una speciale carta verde, maguro oroshi, che tra le altre funzioni ha quella di impedire l’ossidazione. I più grandi intenditori del mondo avevano scoperto l’eccelsa consistenza delle carni del tonno che corre per riprodursi nel Mediterraneo. Da quel momento è iniziato il vero innesto culturale. Così, una volta noti sia la bontà del sushi giapponese che il viavai nipponico sull’isola sarda, sono stati gli chef italiani e internazionali a fiondarsi a Carloforte per reperire personalmente la pregiata materia prima, iniziando a fermarsi, su quest’isola incantevole e selvaggia (habitat dei fenicotteri rosa), per vivere esperimenti culinari in loco. Da qui viene anche la storia di ristorazione di Andrea Rosso, che nella sua Osteria frontale alle saline sa proporre un mirabile tonno crudo e semi-crudo, accanto ai piatti più cotti della tradizione. E noi, possiamo comperare tonno rosso al mercato e prepararlo a crudo? Possiamo farlo solo se siamo certi della materia prima, se abbiamo un abbattitore a casa oppure se lo acquistiamo confezionato già abbattuto, e ovviamente manteniamo la catena del freddo. Prendere al mercato una fetta di tonno sanguigno e pensare di cucinarlo a mo’ di bistecca al sangue è alquanto sconsigliato. Per via dell’ormai arcinoto anisakis, batterio del pesce crudo molto pericoloso per l’uomo. Per star tranquilli meglio un ottimo ristorante

8. Come è cambiato il tonno di corsa con i giapponesi

L’avvento dei giapponesi ha determinato una variazione anche nella tecnica di mattanza del tonno e nella lavorazione. Prima ogni tonno veniva arpionato da 6 uomini, il cd. stellato di sei tonnarotti, con 6 arpioni di tre diverse lunghezze e veniva così ferito in più punti. Dai giapponesi si è imparato a issarlo con un paranco, preso all’amo e punto in gola, e a gestirlo da subito su ghiaccio. Dalla cattura il tonno non viene mai riportato a temperatura fino al momento del consumo. Acquistato in catena del freddo da chef e ristoratori di tutto il mondo, il bluefin passa da -30° a -2° direttamente in cucina quando dev’essere lavorato. Qui all’Osteria della Tonnara ho potuto vedere questi grossi tranci ibernati, ammirando la precisione liturgica con cui Andrea sceglie come e quali pezzi avviare quotidianamente al consumo con tempi precisi di decongelamento, quasi un rituale millimetrico e sacerdotale. Ed ho assaggiato piatti semplicemente squisiti. Il bluefin qui fa poca strada, dal mare alla cucina di Andrea, anzi alla ghiacciaia. E questo lo rende disponibile tutto l’anno.

9. Perché il tonno è il maiale del mare

Quel detto sul maiale vale anche per il tonno: non si butta via niente!

La ventresca (parte grossa del tonno) si fa alla brace.

Il bodano (parte senza filamenti: difficilissimo trovarla al mercato perché se la accaparrano gli chef) è la più pregiata per il crudo, finisce infatti in carpaccio o in tartare ma anche salata ed essiccata come musciame.

Il tarantello in quanto parte magra è perfetto sott’olio, lesso o alla griglia.

Lo schienale che è la parte con più carne dà ottime tagliate.

spinella cioè il tonno attaccato alla spina si prepara con patate e cipolla.

Il cuore essiccato si serve a scaglie simil-tartufo.

La buzzonaglia che è la parte scura ricca di sangue si adopera da lessa.

Le torce della testa si fanno grigliate.

Tutte le briciole intanto servono per mousse e patè o vanno sott’olio.

Le sacche ovariche delle femmine diventano l’amatissima bottarga.

Si consumano anche il lattume, ovvero lo sperma, che finisce fritto, sotto sale o condisce la pasta, e lo stomaco che finisce in trippa.

La codella, sotto bianca e sopra nera, va in salagione.

E in onore di tutte le parti meno pregiate conservate sotto sale ecco una ricetta carlofortina, la caponada: insalata fredda a base di una galletta di grano tipica, condita con questi residui di tonno salati spurgati in acqua e strizzati, faccussa – un cetriolo locale, cuore di tonno a scaglie, pomodoro, basilico e capperi sott’aceto.

10. La bottarga di tonno vi dice tutto

Infine chiudiamo questa lunga maratona tecnica con un’amenità. Pare che per misurare l’umidità di una casa basti appenderci dentro una bottarga: se suda non vi è alcun dubbio, la casa è umida! Parola del carlofortino doc Andrea Rosso, erede della cultura di tonnara, pioniere del tonno crudo, custode di una tradizione preziosa, e capo della ciurma di terra dell’Osteria della Tonnara, insieme al figlio Cristiano e ad uno staff dove ho visto – giuro sul tonno – solo facce felici.

Osteria della Tonnara. Corso dei Battellieri, 36. Carloforte (Carbonia – Iglesias). Tel +39 0781 855734

[Testo: Simona Schiano Di Coscia. Immagini: Simona Schiano Di Coscia, Consorzio Arcobaleno]

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