BeCho Best Choice a Milano, la recensione lo promuove al terzo tentativo
Sono entrato da BeCho, che sta per Best Choice, ristorante in via Savona, ovvero in Zona Tortona a Milano.
“Facciamo così: dimmi tu qual è la cosa più buona che avete in carta e portamela.”
Ho rivolto questa richiesta al cameriere – un ragazzo gentile, che avevo già conosciuto le altre due volte che ero stato qui (ecco quindi il “tu”, che un po’ è paternalistico e stronzetto, un po’, devo riconoscerlo, un tentativo di auto-ringiovanimento, che, ve lo dico, non funziona mai).
Il fatto è che le altre due volte che avevo mangiato da BeCho non ero uscito dal locale particolarmente soddisfatto.
Buono, era buono, ma secondo me mancava sempre qualche cosa che mi facesse venir voglia di tornare. Niente di che, certo: ma mi attiravano di più, per certi versi, il concetto di fondo, l’ambiente, il servizio, che non l’originalità della cucina.
La prima volta, era stata a ridosso del FuoriSalone. Becho era aperto da poco (al posto di un locale messicano “storico”, ma mi si dice molto decaduto, Joe Peña’s), ed era in una specie di rodaggio, mi è stato detto che avrebbe chiuso per poi riaprire più avanti, una volta messo a punto il menu e tutto quanto.
Il nome completo del locale è BeCho. The best choice we’ve ever made (la miglior scelta cha abbiamo mai fatto). “BECHO, best choice, è un cosmopolitan bistrot e un sustainable market. Vieni a scoprire il nostro piccolo mondo fatto di passione per il buon cibo e ingredienti che arrivano da produttori che rispettano il pianeta,” leggo su un loro post su Facebook. A parte che ‘cosmopolita’ e ‘sostenibile’ sono delle bellissime parole in italiano, la mission – opps, lo scopo, l’intento, è comunque chiara e lodevole.
Lo possiamo leggere anche sul loro sito: “Abbiamo costruito l’intero progetto su un concetto fondamentale: la scelta. Scegliamo ogni giorno i migliori ingredienti che rispettano l’eco sistema. La nostra carne, ad esempio, proviene da allevamenti Circle C. Nei nostri piatti di pesce, utilizziamo principalmente pesce pescato in Italia o con certificazione Friends of the Sea. Scegliamo ogni giorno di minimizzare gli sprechi. Le nostre materie prime vengono lavorate al massimo perché crediamo fortemente nel rispetto e la cura di ciò che mangiamo. Scegliamo ogni giorno di offrire un market sostenibile con prodotti che vengono preparati e lavorati direttamente dalla nostra cucina o provengono da piccole realtà che seguono la nostra filosofia. Scegliamo ogni giorno di offrirvi la possibilità di scegliere e di fare sicuramente la scelta migliore.”
La proprietà è la stessa di Gesto, un bel locale di tapas nato in Porta Venezia e replicato sui Navigli – anche questo con uno slogan, “Gesto. Fai il tuo“. La cucina è affidata a un giovane chef altoatesino, leggo in rete, Patrick Kreidl, esperienze all’estero, anche stellate, e ben influenzato dalle cucine etniche.
E allora vediamo il menu – il primo, della fase diciamo sperimentale. Si tratta di un miscuglio affascinante di termini dalle varie cucine del mondo: maki, papaya, club sandwich, cannelloni, yuzu, bagel… diciamo un manifesto programmatico.
L’esordio, con una tartare di fassona di benvenuto, su lattuga, con limone e nocciole, è ottimo, e promettente.
Deludente invece il riso saltato alla zafferano, cozze sauté e patata viola schiacciata: secondo me mancava un po’ di nerbo, di un contrasto. 12 €.
Meglio i paccheri con gamberi rossi di Mazara, limone e crema di zucchine – anche qui, magari un poco di pepe in più ci stava, un contrasto, ma era un piatto ben fatto, anche se i gamberi crudi appoggiati su qualsiasi cosa non sempre si amalgamano bene con quello che ci sta sotto. 14 €.
Il dolce non era male: una crema di riso e latte con biscotto al cacao sbriciolato e fragole. 6 €.
Tutto abbastanza buono, ma non così buono come mi sarei aspettato leggendo il menu. E allora mi riprometto di tornarci dopo la “pausa di messa a punto”.
Era la fine di aprile, torno dopo un paio di mesi. Il cameriere mi riconosce – sarò così affascinante? O magari un po’ indisponente? (A richiesta, avevo espresso il mio parere sui piatti mangiati.) Ed ecco il menu risistemato. Alcuni piatti sono rimasti, altri no – non ci sono il riso, vabbe’, e i paccheri, c’è il dolce.
La vecchiaia – non riesco a ricordare cosa fosse il benvenuto, e la foto non mi aiuta. Lasciamolo in sospeso.
Fra i vari antipasti / dirty fingers / appetizers possibili, ho scelto la tortilla spagnola con salsa ranchera e crema di ricotta affumicata. Potevo scegliere di meglio – la tortilla spagnola, o tortilla de patatas, è in pratica una frittatona di uova e patate. Non sapevo bene cosa aspettarmi – la tortilla era davvero una frittatona, e l’insieme non mi ha colpito più di tanto. 7 €.
Sono passato allora alla Hot Selection, ovvero primi e secondi, per assaggiare gli strozzapreti con crema di zafferano, olive affumicate e cicoriella selvatica con pepe rosa. Belle le intenzioni – ma anche qui mi aspettavo qualcosa di più. Buono, ma non buonissimo. 12 €.
Mi sono fermato – e mi sono detto, vabbe’, lasciamo stare: non voglio scegliere un altro piatto buono ma magari ancora non soddisfacente fino in fondo. Avevo già deciso di tornare un’ultima volta – non volevo scrivere sì, va bene, andateci, perché no? Ho espresso ancora una volta i miei dubbi al simpatico cameriere (e intanto mi vedevo da fuori, un po’ tronfio, un po’ stronzo, a pontificare… non mi piacevo), e via.
Ci sono tornato ieri sera, e gli ho detto, sempre con quell’aria da tronfio stronzetto (autoattribuita, eh?), di portarmi lui quello che era il piatto – solo uno, one shot – migliore. No, non il tris di tartare di pesce, che, per quanto elaborate marinate condite, sarebbero state poco “cucinate”; e nemmeno gli asparagi grigliati, probabilmente freschi, ma insomma è la fine di luglio…
Ecco: i canederli di pane napoletano, rafano e aglio ursino sono praticamente perfetti, da mangiarne sei anziché tre, da ripulire il piatto col pane (sì, l’ho fatto). C’erano tutti i sapori, stavano assieme benissimo, solo avrei continuato a mangiarne (l’ho già detto?). 9 €.
In definitiva: non so perché ci sono tornato tre volte – probabilmente perché nell’insieme il posto mi piaceva, nonostante la cucina che non mi convincesse completamente, e forse perché non ci sono concessioni “modaiole”, niente avocado del Cantabrico, per dire, solo una leggera concessione al tè matcha (anche se i tavoli sono apparecchiati spartanamente ma con le bacchette in primo piano sul posto, e le posate normali per tutti i commensali in una scatola di lato). E se prima avevo qualche dubbio, i canederli me l’hanno fatto passare.
[Aggiornamento: Becho ha chiuso, e al suo posto, da giugno 2020, c’è Tannico].
BeCho Best Choice. Via Savona, 17. 20144 Milano. Tel. +39 0283644371.
[Immagini: Becho, iPhone Emanuele Bonati]