Israele. Cucina e sapori di Terrasanta
Ci sono luoghi che entrano nei pori, nel cuore e nella mente, e la Terrasanta è uno di quelli. Gli scorci tra i vicoli, l’istante carpito a una persiana che si chiude, restituiscono immagini ferme nel tempo. Tutto è tradizione, identità ad ogni costo, da proteggere e conservare.
Nonostante la tecnologia, la tv, il pur ottimo wi-fi, la sensazione di una essenzialità estrema, negli oggetti, nell’architettura, in ogni espressione umana, non ti lascia mai. E il cibo non fa eccezione.
Frutta secca, verdure, carni ovine e pollame, formaggi freschi e yogurt, sesamo e legumi e tante, ottime, miscele speziate. Il clima e la latitudine decidono gusti e colori, all’uomo resta solo la preparazione finale. Sapori che perdono ogni imbellettamento barocco da tavola filoesotica, e si presentano con una forza nuda e autentica.
1. Sumac, zaatar & Co.
Le spezie, il biglietto da visita di Israele, irrompono subito al naso. Curcuma ovunque, riso, panini e biscotti tutti di un color oro piu o meno intenso, che non risparmia nemmeno le verdure in umido. Superato l’impatto iniziale (l’olfatto ha una impressionante capacità assuefativa), molti altri profumi interessanti iniziano a manifestarsi.
Il più mediterraneo di tutti è quello dello zaatar, una miscela tradizionalmente composta da timo, sesamo e sale, ma che può essere arricchita da altre erbe aromatiche essiccate, come santoreggia, maggiorana, semi di finocchio, origano ecc. ecc, le proporzioni cambiano casa per casa. Per tradizione si usa per preparare la focaccia tipica della colazione, il manakish, ma l’uso che ho apprezzato di più è nelle insalate. Soprattutto quelle di cavolo rosso, tagliato a julienne, e condito con una salsa a base di yogurt naturale (peraltro ottimo), con zaatar, aglio e olio extravergine. Ma è spettacolare anche nelle marinate, base per grigliate di carni e pesci – meglio se grassi, perché l’aroma è intenso – indimenticabili.
Il sumac, meno chiassoso dello zaatar, raffinato e sottile, è la polvere delle bacche essiccate e triturate del sommacco, arbusto piuttosto diffuso in tutta l’area del Mediterraneo e in oriente. Si tratta di una spezia antica, ma sempre meno utilizzata, anche nell’areale di origine. In Italia la pianta e i suoi derivati trovavano uso in Sicilia, ma al di là dello stretto non è arrivato se non in tempi recenti, in alcune ricette di Davide Oldani (e pare di Csaba della Zorza). Peccato perché ha proprietà interessantissime sotto il profilo nutrizionale. E’ ricco di oli essenziali con effetto antibatterico, ha un potentissimo potere antiossidante e ipoglicemico, e un gusto acidulo che ricorda le foglie dell’erba limoncina. Provatelo in alternativa allo zaatar sulla salsa di yogurt, magari per ingentilire un salmone affumicato, oppure nelle zuppe di legumi (un cucchiaio ogni 4 persone, di più se vi piace intenso). Da Nazareth a Betlemme è imprescindibile sull’hummus, insieme a un cucchiaino di olio d’oliva. Si usa crudo.
Kebabbari e amanti della cucina mediorientale conoscono bene la salsa rossa piccante a guarnire pite, panini e preparazioni varie. Nei negozietti dalla Giudea alla Galilea invece l’harissa si vende in polvere e non è affatto piccante: se tale la volete dovete chiedere del chili (eh, sì…). E’ composta da un trito di peperoncino (non piccante), cumino, coriandolo, aglio, e si sposa benissimo praticamente con tutto. Ottima nelle insalate verdi, aggiunta al condimento preferito, nelle marinate, prima della cottura di carne e pesce o direttamente nel piatto. Sulla pizza è buonissima.
2. Felafel show
Inevitabili le polpettine che qui sono a base di ceci, cumino, aglio e cipolla, fritte bollenti. I vicoli della città vecchia a Gerusalemme, soprattutto nella zona islamica, offrono diverse botteghe che ne producono a ripetizione. Sono fatti a mano uno per uno con una rapidità impressionante, con l’aiuto di una specie di stampino, e gettati nell’olio bollente. Ottimi come aperitivo, prima della cena vera e propria, magari passeggiando per il souk (attenzione, che le cucine dei ristoranti chiudono verso le 21.30).
3. Palme da dessert
I datteri più buoni sono della varietà Medjoul, quelli grandi, carnosi e saporitissimi, e si coltivano qui, nella valle del Giordano, in palmeti interminabili che interrompono a tratti il deserto e gli uadi. Si trovano ancora freschi e croccanti in qualche negozietto di frutta, e a volte i ristoranti li offrono a fine pasto come dessert, ma essiccati sono dappertutto.
Confezioni da mezzo e da un chilo costruiscono torri colorate nelle vetrine di ogni negozio, nelle varianti candite o semplicemente appassite al sole (la migliore). Entrano in gran parte delle preparazioni della tradizione israeliana, in particolare sotto forma di farcia per dolci e crostate.
Come nella ciambella alla curcuma e datteri (in apertura), morbida e profumata, uno street food tipico della Gerusalemme vecchia, che si acquista per pochi shekel dai numerosi banchetti che stazionano lungo le mura, tra la porta di Jaffa e quella di Damasco.
4. Tutto inizia col mezè
Nome collettivo per indicare un profluvio di piattini che – con poche varianti – costituiscono l’antipasto dei ristoranti tipici. La composizione si articola in un piattino di humus (la variante è nella guarnizione, tra ceci, pinoli arrostiti, peperoni verdi), una ciotola di taboulè, yogurt condito, insalata (definita ‘araba’ nella maggior parte dei menu, composta per lo più di lattughe, peperoni, cipolle, pomodori, cetrioli), babaganoush, i dolma turchi (involtini di foglie di vite ripieni di riso e menta), una ciotola di macinato crudo speziatissimo e piccante, verze bianche e rosse a striscioline e pita a go-go. Le verdure sono di norma freschissime e croccanti.
5. Il paese della melagrana
Ovunque, da nord a sud, il paese ne beve il succo, spremuto sul momento con i vecchi spremiagrumi a braccio. Qui si usa tutto, anche la parte bianca, che aggiunge parecchio tannino. Lega un po’ le gengive, ma resta una bevanda perfetta per il clima, che in pieno agosto a momenti è stato impegnativo, ricca di vitamine e molto dissetante.
6. Il gelato di Golda
Artigianale, italiano e molto trendy è quello della gelateria Golda, sempre super affollata, all’interno di Mamilla Mall, il centro commerciale all’aperto di lusso di Gerusalemme, cui si accede proprio a ridosso delle antiche mura, ad ovest della porta di Jaffa.
Mamilla era il nome del vecchio quartiere, le cui antiche facciate sono state numerate, smontate e rimontate sulle strutture di nuova costruzione. L’impatto esterno è minimo, ma l’interno è degno delle migliori shopping area del mondo: opere d’arte punteggiano boutiques e atelier, concept store e banche.
Golda rappresenta un ottimo punto di osservazione, con il suo déhor, del pittoresco passaggio di locali e turisti, offre una impressionante varietà di gusti tra creme e frutta esotica.
E soprattutto è l’unica gelateria del paese a servire gelato senza zucchero, rivelandosi un vero paradiso per iperglicemici, diabetici o appassionati alla pasticceria salutista. Per me, il miglior modo per salutare Israele, terra di domande più che risposte, prima del rientro a casa.