Pastiera napoletana, la ricetta tradizionale senza segreti
Se esiste mai un dolce che possa contendere alle zeppole di San Giuseppe il titolo di dolce-simbolo della Campania, quello è la pastiera.
Solo lei, la pastiera napoletana, è infatti in grado di insidiare le zeppole come dolce iconico di una della nostre più belle regioni, e solo lei ha saputo imporsi ormai in tutto il territorio nazionale come “il” dolce di Pasqua, riuscendo quasi a sbalzare, anche al nord, il primato un tempo incontrastato delle colombe.
E si può ben capire il perché: la pastiera è una vera delizia, un tripudio di sapori, di aromi, di consistenze che difficilmente è riscontrabile in qualsiasi altro dolce casalingo. Un fragrante guscio di frolla che avvolge lussuriosamente un vellutato ripieno fatto di ricotta fresca, di grano, che profuma degli aromi deliziosi delle arance e dei limoni della Campania.
Non staremo qui ad almanaccare sulle varie leggende che vogliono che l’origine della pastiera risalga alle antiche offerte alla sirena Partenope, oppure ai pasticcieri di Ferdinando di Borbone oppure se nacque, più verosimilmente, nel convento napoletano di San Gregorio Armeno, come molti dei dolci tipici campani, dove le suore la preparavano per le famiglie aristocratiche della città; ciò che è certo, invece, è che da sempre in Campania la pastiera si preparava soprattutto il Giovedì Santo (mentre ora la si fa praticamente tutto l’anno), e un tempo era portata a cuocere nei forni delle panetterie del paese. Lasciata poi a riposare per tre giorni, la pastiera veniva gustata in tutta la sua fragranza la domenica di Pasqua.
Oggi, per nostra gioia, la pastiera è presente per quasi tutto l’anno nelle vetrine delle pasticcerie, sia della Campania (tranne in questo periodo di Coronavirus) che di tutte le altre regioni italiane, ma molti preferiscono prepararsela a casa, con le proprie mani, cuocendola poi nel forno casalingo, in una sorta di rito.
E ognuno ha la propria ricetta: chi mette lo strutto (come tradizione vorrebbe), chi il burro, chi compra il grano già cotto, chi ci sta dietro tre giorni, chi mette la crema pasticciera chi no, chi mette la ricotta di pecora (anche qui come tradizione vorrebbe), chi invece la detesta (come la sottoscritta).
Insomma, non una ma tante versioni di una singola, unica bontà: la pastiera napoletana.
E preparare a casa questa squisitezza non è affatto difficile: basta armarsi di buona volontà e conoscere alcuni segreti, che noi andiamo a svelare.
1. La pasta frolla
La frolla della pastiera, che secondo la tradizione dovrebbe essere fatta con strutto anziché con burro, conserva tutte le caratteristiche di una buona frolla, e purtroppo anche le relative insidie.
La cosa fondamentale da tenere a mente è quindi quella di non lavorare eccessivamente l’impasto, anzi, occorre lavorarlo il meno possibile per non attivare il glutine della farina, pena ritrovarsi, dopo la cottura, con una frolla dura e coriacea. L’ideale, come per tutte le frolle, sarebbe utilizzare il classico robot da cucina, che in pochi secondi vi darà un impasto perfetto, o la planetaria, e utilizzare le mani solo in fase finale per compattare poi le grosse briciole di impasto nel classico panetto. Se non avete né robot né planetarie, potrete comunque lavorare manualmente gli ingredienti utilizzando due coltelli, o un cucchiaio, fino alla fase delle grosse briciole, per poi procedere con le mani per compattare velocemente il tutto.
Detto ciò, la frolla per pastiera ha comunque una sua particolarità rispetto a quella classica, e cioè quella di essere più morbida ed elastica in fase di lavorazione, effetto ottenuto utilizzando uova intere, ricche di acqua, e non solo tuorli, più ricchi di grasso. Una morbidezza che dopo cotta, stante l’evaporazione dell’acqua, darà luogo a un impasto più “duro” e croccante rispetto a quello con soli tuorli: l’ideale per contenere il morbido ripieno a base di ricotta.
2. Lo strutto
Nella ricetta della pastiera originale, quella dell’inizio dei tempi, il grasso utilizzato per la frolla era lo strutto. E non solo per questioni di gusto, ma per la sua maggiore reperibilità, soprattutto nel centro-sud, mentre al nord, data la maggiore diffusione di bovini da latte, era maggiormente utilizzato il burro.
Lo strutto, come sappiamo, deriva dal grasso del maiale, e dà alle preparazioni non solo un sapore tutto particolare, ma anche una diversa fragranza. Oggi, considerati anche i diversi orientamenti di gusto, una buona frolla con il tradizionale burro è considerata non solo un ripiego, ma una prassi più che accettabile e anzi, in alcuni casi, molto gradita.
3. La ricotta
La ricotta da utilizzare per preparare la “vera” pastiera napoletana dovrebbe essere quella di pecora, più gustosa e saporita, e anche leggermente più grassa di quella di mucca. La ricotta di pecora ha però la caratteristica di avere un gusto molto deciso, e inoltre, quando non freschissima – e con freschissima si intendono al massimo due o tre giorni – il gusto “sapido” diventa un ….aroma ben poco piacevole con retrogusto di stalla. Per chi quindi (tra cui la sottoscritta), aborre letteralmente la ricotta di pecora dato il suo gusto “intenso”, la ricotta vaccina, con il suo sapore fresco e delicato, potrà essere un sostituto persino migliore dell’originale. Se poi volete avere un composto più asciutto, mettete la ricotta a scolare una notte in frigo, magari anche già addizionata dello zucchero, semplicemente avvolgendola in un panno e mettendo il tutto sopra una ciotola (chi scrive non lo fa mai, si limita a cercare di non prendere il siero che rimane nel fondo del recipiente).
Bando però alle ricotte con additivi, addensanti o panna che ne alterano sapore e consistenza originali. Quindi, ricordate, ricotta fresca!
4. Il grano
Precotto o no? Sappiamo tutti che nella pastiera l’altro grande protagonista, oltre alla ricotta, è il grano cotto, che probabilmente in origine, fantasiose leggende a parte, aveva anche un po’ la funzione di riempitivo più a buon mercato rispetto agli altri ingredienti (un po’ come il riso bollito che in certe parti del Piemonte si metteva nel ripieno degli agnolotti in aggiunta alla più costosa carne) ma che è poi diventato una gradita caratteristica che distingue una normalissima crostata di ricotta dal dolce iconico della Campania. E quindi, da protagonista che è, il grano cotto merita la dovuta attenzione. Se davvero volete rifarvi alla tradizione e cuocervi da voi il grano, sappiate però che dovrete lasciarlo a mollo tre giorni, cambiando spesso l’acqua, e poi bollirlo per circa due orette. Ne vale la pena davvero, per ottenere poi del semplice grano bollito? In realtà, il grano cotto, che ormai vendono in tutti i supermercati, già bell’e pronto per l’uso, svolgerà egregiamente la sua funzione, senza ripercussioni sgradite sul lato del gusto. Capito l’antifona?
5. La crema pasticciera
Molti, tra cui anche noti pasticcieri come Salvatore De Riso, campano doc, mettono nella pastiera un po’ di crema pasticciera, per renderla più delicata e cremosa. Integralisti della tradizione dura e pura, non gridate subito allo scandalo per questa gustosa variante! La crema pasticciera fa parte a pieno titolo della tradizione dolciaria campana (le famose zeppole di San Giuseppe non sono forse ricolme di crema pasticciera?), e oltretutto, se ci si pensa un attimo, si tratta in fondo solo di uova, latte e zucchero addensati con un po’ di farina o amido: niente di strano, di moderno, di “artificiale”; la crema pasticciera nel ripieno della crostata è quindi una variante del tutto ortodossa. Ovviamente, mettendo la crema pasticciera, si dovranno bilanciare le quantità degli altri ingredienti, diminuendo zucchero e uova in proporzione, mentre il latte, invece, contribuirà alla morbidezza dell’insieme. Non volete sentire parlare di crema pasticciera o non avete voglia di perdere cinque minuti per prepararne un paio di etti? Nessun problema, procedete con la versione “tradizionale”, ma sappiate comunque che la crema nella pastiera non è belzebù in persona ma una gustosa e piacevole variazione sul tema.
6. L’acqua di fiori d’arancio
Essenziale per una vera pastiera napoletana è il “neroli”, ovvero l’acqua di fiori d’arancio. Profumatissima ed estremamente aromatica, ne bastano due gocce (di numero) per dare un tocco di freschezza a tutta la pastiera. Peccato che non la troverete così facilmente in commercio: ovunque troverete infatti un composto di sintesi all’aroma di acqua di fiori d’arancio, prodotto artificialmente; cosa che potrete constatare direttamente leggendo gli ingredienti delle etichette dei boccettini di cui abbondano i supermercati e i negozi online. Per essere un aroma naturale, infatti, la dicitura in etichetta deve riportare esattamente la scritta “aromi naturali”, mentre se compare solo la scritta “aromi”, questi sono quelli di sintesi. Intendiamoci, niente di male a usare aromi artificiali, chi scrive non è certo un talebano del “naturale”, anzi, ma… ecco, se pensate di aromatizzare la vostra pastiera con un fresco aroma che arriva direttamente dai romantici fiori d’arancio del nostro assolato meridione, beh, potete scordarvelo.
7. Lo stampo
Attenzione, questo dettaglio sembra insignificante a prima vista mentre è fondamentale per la riuscita di una pastiera perfetta. Sappiate che lo stampo, o come si dice a Napoli ruoto, per pastiera non è un comune stampo da crostata, ma uno stampo più alto, di circa 6 cm altezza e anche leggermente svasato; e se sul secondo aspetto si può sorvolare, sul primo, cioè sulla sua altezza, assolutamente non è concesso. La pastiera infatti non è una crostata di marmellata (ok, ok, confettura) ma un dolce in cui il ripieno è il vero protagonista, e quindi l’involucro di frolla deve essere una sorta di ampio (ampio!) scrigno in grado di contenere il tripudio di ricotta, grano, canditi e tutto il ben di Dio che una pastiera comprende. Quindi, ricordate: pastiera perfetta? Stampo alto.
E ora, la nostra ricetta.
La ricetta della pastiera napoletana
Ingredienti per un ruoto di 26 cm di diametro e di altezza di 6 cm
Per la pasta frolla
350 g di farina
200 g di strutto (o burro)
150 g di zucchero
1 uovo intero e un tuorlo
Un pizzico di sale (2 grammi)
La buccia grattugiata di mezzo limone
Per la crema di grano
250 g di grano precotto
150 g di latte
La scorza di un limone in pezzi grandi
Una noce di burro (20 grammi circa)
Un pizzico di sale
Per la crema di ricotta
400 g di ricotta vaccina (di pecora nella versione tradizionale)
280 g di zucchero semolato
3 uova, di cui serviranno tre tuorli e due albumi
2 gocce di acqua di fiori d’arancio (neroli)
100 g di buccia d’arancia candita
La scorza di arancia e limone grattugiate (opzionale), 1 cucchiaio
1 cucchiaino estratto naturale di vaniglia (o la polpa di mezza bacca di vaniglia)
Un pizzico di cannella (facoltativo)
Procedimento
Per la frolla
Impasto con mixer o planetaria
Setacciate la farina.
In un robot da cucina (o nell’impastatrice con il gancio a K), mettete il burro a pezzetti non troppo freddo (circa 13-15°C), la farina setacciata, il sale, lo zucchero l’uovo intero, la scorza di limone grattugiata e fate girare per circa 40-60 secondi, fino a che si formeranno delle grosse briciole (qualche minuto invece con la planetaria, unendo prima solo zucchero e burro fino a formare una crema e poi aggiungendo gli altri ingredienti).
Trasferite il tutto su un piano di lavoro e compattate velocemente le briciole con le mani, formando un panetto leggermente appiattito.
Avvolgete nella pellicola e mettete in frigo per almeno mezz’ora.
Impasto a mano
Se volete fare a mano l’impasto, lavorate tutti gli ingredienti con due coltelli o con un cucchiaio, arrivate ad avere delle grosse briciole e compattate velocemente a mano formando il panetto che poi avvolgerete nelle pellicola e metterete in frigo. In alternativa, potete utilizzare il “metodo sabbiato”, cioè formando prima con le mani una sorta di crema con le uova e il burro morbido e poi prendendo man mano la farina e lo zucchero e sfregando i palmi delle due mani insieme fino ad avere un composto simile alla sabbia che poi si compatterà in grosse briciole e infine nel panetto.
Mentre la frolla è in frigo, preparare la farcitura.
Per la crema di grano
In un pentolino mettete il grano precotto, il latte, il burro (strutto per i puristi), e la scorza di limone (solo la parte gialla) a pezzi grandi. Fate cuocere per una ventina di minuti, a fuoco basso, mescolando spesso: dovrete ottenere una sorta di crema. Togliete la scorza di limone, fate raffreddare e tenete da parte. Alcuni frullano circa un terzo di questa crema per avere un composto ancora più fine, cosa abbastanza inutile se il grano è ben cotto e morbido.
Nel frattempo, preparate la crema di ricotta.
Montate due albumi a neve con un frullino elettrico e un pizzico di sale. Tenete da parte.
Passate la ricotta attraverso un setaccio poi unite lo zucchero (oppure, più velocemente, “frullatela” qualche secondo con un frullatore a immersione o con un mixer insieme allo zucchero), poi unite la scorza grattugiata dell’arancia e (se le utilizzate), le scorze d’arancia candite, l’estratto naturale di vaniglia e i tre tuorli. Unite anche la crema di grano cotto e infine, con delicatezza, unite anche i due albumi montati a neve e, se la usate, la cannella. Tenete da parte.
Riprendete l’impasto dal frigo, lavoratelo velocemente per renderlo stendibile poi staccatene circa un terzo (servirà per le strisce in superficie).
Stendete i rimanenti due terzi su una superficie allo spessore di circa 5 mm, poi trasferite il tutto nello stampo precedentemente imburrato. Punzecchiate il fondo con i rebbi di una forchetta, per non far alzare l’impasto in cottura, rovesciatevi sopra la crema di grano e ricotta, livellando con un coltello i bordi di pasta. Stendete quindi il terzo di pasta rimanente e ritagliate delle strisce di circa un centimetro di larghezza, e disponetele sulla superficie del dolce in diagonale, formando i classici rombi.
Scaldate il forno a 170°C, statico, e cuocete per circa un’ora-un’ora e un quarto, posizionando il dolce sulla griglia medio-bassa del forno (non quella centrale ma quella immediatamente sottostante, per non fare colorire troppo la superficie della pastiera data la lunga permanenza in forno) o comunque fino a quando la superficie non sarà diventata di un bel colore ambrato scuro.
Togliete dal forno, lasciate raffreddare nello stampo, poi sformate, e gustate preferibilmente il giorno dopo, conservando al fresco.