Cortina. Al ristorante SanBrite come in una favola contemporanea
Al ristorante SanBrite a Cortina d’Ampezzo vogliono trasmettere le tradizioni, ma soprattutto il modo di vivere questa terra, questo ecosistema, la montagna, il bosco.
Un racconto composto dalle materie prime che ruotano attorno al casale, la carne e il latte soprattutto. Lo chef Riccardo Gaspari fa parte di una famiglia di allevatori e di casari. E poi ci sono i frutti del bosco e dei prati, anche i più impensabili, e dell’orto. Il loro ovviamente.
“La mia cura – essere in contatto con la materia che poi lavorerò, vederla nascere, toccarla, farla crescere, dargli l’importanza che merita”, spiega Gaspari.
Il mondo SanBrite è nelle sue parole: “Esprimere le mie sensazioni nei piatti, guidare le persone attraverso le mie mani e portarle nel mio mondo“.
Menu e prezzi del SanBrite
Lo si può fare pescando dalla carta con antipasti a 23 €, primi a 25 € e secondi a 35 €. O con un piccolo menu degustazione (4 portate più il dolce) Germoglio a 90 € o con il più completo Sentiero a 120 €, che vi racconto. Gli abbinamenti al calice, per questi ultimi percorsi, richiedono rispettivamente una fiche da 40 e 50 €.
Offerta al calice piuttosto ampia e varia, grazie all’utilizzo del Coravin, e che va ad attingere da una carta dei vini che predilige prodotti artigianali, di cui alcuni naturali.
Tra questi ultimi, noi abbiamo scelto una bottiglia etnea di Munjebel rosso ’18 di Frank Cornelissen – da uva nerello mascalese – che, pur non trovandosi in fase totalmente distensiva, è vino di ottima eleganza, lontano da vecchi ricordi di rusticità e stravaganza stilistica.
Versatile e quindi perfetto per cucine d’avanguardia come quella del SanBrite.
L’ambiente è concentrato in una sala dominata dal legno. Respiriamo montagna e bosco ed il servizio, assicurato da cinque persone, è puntuale.
I piatti sono raccontati con uno spirito molto genuino, per nulla impettito, e non potrebbe essere altrimenti.
Andiamo allo scoperta delle cucina del SanBrite gustando ingredienti che valorizzano le portate del menu. Alcuni sono di tale rarità che meritano attenzione particolare.
I piatti vegetali che incantano
Herbarium. Fiore di levistico marinato, pigna e germoglio di larice, ginepro di montagna, sorba dell’uccellatore sottaceto e in versione chutney (al centro), finferlo in conserva. Emanuela ed io ci guardiamo divertiti. Non capita tutti i giorni di approcciarsi con questo tipo di prodotti, ed è stato un corretto e giocoso benvenuto, con svariate “prime volte” (quanti di voi hanno provato una baby pigna di larice?)
Salad. Salanova, salsa acida, emulsione al levistico, limone fermentato, crumble di pane e riduzione di panna. Ogni volta che dirò “ci facciamo un’insalata” dovrò impegnarmi a donare dignità alla lattuga. Merita accompagnamenti confacenti ed esaltazioni della croccantezza e della sua freschezza minerale, come in questo piatto in cui le acidità sono poste in energica ma rispettosa dose.
Radici. Altro piatto ludico che richiede il servizio in autonomia dalla piastra e dalle piccole ciotole poste sul tavolo. La radice di romice con fiori di achillea dà continuità al piatto Herbarium e ci fa scoprire gusti e consistenze inedite. Mi viene del tutto naturale chiudere gli occhi per registrarne le sfumature che alternano l’amaricante ed il dolce.
La rapa rossa (qualche difficoltà nel consumo delle foglie fini e croccanti) ed il topinambur sono arrostiti. La carota e la patata sono nascoste sotto il carbone vegetale. Non ci resta che dosare la salsa alla melissa e la maionese al burro bruciato, per trovare la combinazione migliore. Altamente umami il brodo che esalta ogni sentore, lo accompagna elevandolo e poi pulisce il palato. Un vero guizzo.
Pane e burro da antologia
Pane di patate a lunga lievitazione con pasta madre e pane con farina tipo 1 con lievito di birra. Il burro è montato con il 2% di sale. A volte, le foto parlano da sole. Vi state chiedendo se è davvero buono come sembra? Di più, soprattutto con il pane di patate.
Salmerino marinato, levistico e lenticchie nere, ossalide rossa. Colpisce la compattezza delle carni e la grandissima freschezza e dinamicità. Piatto che, grazie ad accostamenti erbacei, rivela un’impronta iodata, quasi marina, nonostante la provenienza montana.
Porro grigliato e crema di latticello e acciughe. Un comfort food. La porzione in questo caso potrebbe essere rivista in sottrazione, vista l’intensità del vegetale. Svolge il compito di trampolino di lancio per la successiva pietanza.
Il piatto wow del SanBrite
Pino Mugo. Spaghetti Monograno Felicetti con olio al pino mugo e pane croccante.
Si parte assaggiando un lichene di larice essiccato, una vera esplosione di sentori balsamici, di sottobosco, di natura. Il pino mugo che condisce lo spaghetto trova strada spianata ed ha una persistenza quasi infinita. Non è una carezza, non è sussurrato, è carnale, deciso, scava nel profondo.
E’ il piatto simbolo del locale, è l’effetto wow.
Carne sì, carne no
Tartare di manzo, rosa canina, ossalide, elisir di abete. Sprizza acidità con una bella carica elettrica e arriva a questo punto del menu per dare uno stacco dopo il piatto più intenso.
Pezzata. Carne di pezzata alla griglia con salsa al vino rosso, melata del bosco e puré ad alto tenore burroso.
La decisione dello chef è chiara. Non punta su lunghe frollature (tre settimane e non oltre) e trattare il meno possibile le carni, per offrirle nude e appena scottate. Ciò potrebbe regalare un’emozionante esperienza ancestrale o, trovando un taglio più nervoso e coriaceo, compromettere il piacere a seguito di un’ardua masticazione.
E’ successo così che a malincuore (salsa e puré erano inappuntabili) buona parte del piatto sia tornato in cucina.
L’importante è saper rimediare.
L’antidoto – non previsto nel degustazione ma offerto in sostituzione della precedente portata – si chiama Guancia di manzo brasata con puré di patate.
Passiamo ad una lunga cottura, con tutti i classici addendi che portano alla cifra stilistica perfetta, per consistenza, profumo e succulenza. Dopo tanti piatti di estro, qui punta sulla consolidata tecnica.
La ricotta è un gioco buonissimo
Ricotta. Composte di Alpe Pragas (prodotte al Lago di Braies) di mela e cipolla e di pera e zafferano. Torniamo a giocare, questa volta come piccoli casari. In tavola una pentola bollente con ricotta in affioramento e due fuscelle da riempire.
Dolcissima, seppur non edulcorata, la ricotta è un’eccezionale espressione della materia prima. Lo svago potrebbe continuare a lungo, visto il continuo sobbollore, ma dobbiamo dare un taglio al divertimento in vista del dessert.
Mais. Dulce de siero e mela e cremoso alla liquirizia, gelato al mais e brodo di liquirizia. La temperatura molto bassa del gelato al mais, dall’inconsueta consistenza granulosa, non ha permesso l’esplosione al palato dei profumi della liquirizia. Forse, dopo un predessert di stravagante personalità, ci saremmo aspettati un finale più di impatto, in termini di intensità. Per ovviare alla mancanza di zucchero, un pizzico di “sale” non guasterebbe.
Chiudiamo il pasto con un caffè e la piccola pasticceria, anch’essa senza zucchero aggiunto.
Riccardo Gaspari prende qualche rischio ma tiene alta la tensione e l’attenzione, evitando ripetizioni o sali e scendi. Solo il dessert non è sembrato all’altezza del resto dell’offerta, nonostante io sia sostenitore dei dolci non dolci.
Ma sono sicuro che tenacia, caparbietà e convinzione nei propri mezzi garantiranno una crescita che non troverà sosta.
SanBrite. Via Alverà. Cortina d’Ampezzo (BL). Tel. +390436863882