Come può il panettone da 3,69 € essere migliore di uno che costa 14,25 €?
Abbiamo parlato del panettone da comprare al supermercato per Natale. Era un commento alla classifica di AltroConsumo. Lo trovate qui, se vi dovesse andare.
Tempo 5 minuti e ci avete martellato di domande. Non è corretto: martellato con una domanda. Spiegateci – avete chiesto, come può un panettone da 3,69 euro (il panettone Le Grazie, venduto da Esselunga) prendersi il podio della classifica superando marchi blasonati e costosi, come Vergani, prezzo 14,25 euro, e Le Tre Marie, prezzo 11,45 euro.
Domanda rifatta il giorno dopo, quando abbiamo parlato del pandoro da comprare al supermercato per Natale. Era di nuovo un commento alla classifica di AltroConsumo. Lo travate qui, se vi dovesse andare.
Spiegateci – avete chiesto, come può il pandoro Maina che costa 5,67 euro, superare marchi illustri come Scarpato (prezzo 21,40 euro), e Perberllini (prezzo 19,43 euro).
AltroConsumo, per chi non la conoscesse, è la rivista della più longeva associazione di consumatori italiana, che ha un’esperienza ultra ventennale in confronti tra prodotti alimentari e non. Sono test che prevedono analisi di laboratorio e assaggi sensoriali da parte di esperti alla cieca, cioè a marca coperta. In tutto questo, le classifiche della rivista sono ritenute molto attendibili.
Fatte le presentazioni, avendo voi chiesto, chiesto, chiesto, passiamo alle risposte.
Panettone artigianale
Cosa incide sui prezzi elevati. La qualità degli ingredienti, ovvio. Lo spreco sicuramente maggiore rispetto all’industria cui va incontro l’artigiano. Il giusto riconoscimento della sua abilità tecnica. La creatività della ricetta, quando c’è. La freschezza assoluta dei prodotti, componente che da sola fa buona parte della differenza.
Panettone industriale
Cosa incide sui prezzi bassi. L’acquisto in quantità rilevanti degli ingredienti. Le politiche della grande distribuzione. Il costo inferiore del tempo-macchina rispetto al tempo-uomo. Le economie di scala e l’omologazione dei processi. La durata più lunga dei prodotti.
Tutto ciò fa dei panettoni industriali prodotti di serie B? Affermarlo è temerario. Perché gli industriali italiani sono tra i pochi al mondo capaci di gestire su ampia scala prodotti realizzati con il lievito naturale.
Cos’è un panettone, artigianale o industriale, lo stabilisce un decreto legge
Se il prezzo di un panettone artigianale arriva a essere 30 volte superiore alle sue versioni industriali, allora cos’hanno a che fare l’uno con gli altri? Uno è una follia da nababbi e gli altri tutti immangiabili?
Non è così, ma per spiegare dobbiamo andare a fondo. Riuscirete a sopportarci?
Leggendo il decreto legge che decide cos’è un panettone, scoprirete che devono essere fatti tutti con uova fresche (tuorli: non meno del 4% del totale); burro (non meno del 16% del totale); zucchero; farina; uvette; scorze di agrumi candite (non meno del 20% del totale); sale e lievito naturale.
Sono permesse aggiunte a discrezione dei produttori, tra queste anche emulsionanti e conservanti.
La qualità non può scendere sotto un certo livello
È chiaro che i portabandiera del panettone artigianale puntano su un livello elevato di qualità. Impiegano ingredienti costosi, dalla vaniglia del Madagascar alle farine iperspecializzate, dalle uvette australiane “5 corone” al burro nordeuropeo.
Ma anche il livello qualitativo dell’industria non può scendere sotto certi standard. Proprio grazie al famoso decreto legge. Al panettone industriale sono comunque richiesti: uova di categoria A, vale a dire fresche; burro, non margarina o altri grassi; lievito naturale. Cioè una pasta madre acida, cui unire ogni giorno nuova farina per alimentarne i fermenti.
Possiamo dunque affermare che la base degli ingredienti è la stessa, sia per gli artigiani che per l’industria.
La lavorazione dura almeno 30 ore, nel panettone artigianale come in quello industriale
Avete letto bene. Si inizia con il lievito naturale, impastato la sera con una parte degli ingredienti. Di solito la prima lievitazione dura una notte. Il giorno dopo si reimpasta con nuovi ingredienti. Trascorso il tempo di un ulteriore riposo, l’impasto viene spezzato nelle dosi necessarie per i singoli panettoni, poi inserite negli stampi di carta responsabili della forma. Segue la seconda lievitazione, dopo la quale si inforna. La ricetta di alcuni tra i migliori pasticcieri artigianali, come Vincenzo Tiri o Iginio Massari, prevede una terza fase di lievitazione.
A cottura ultimata, i panettoni si girano al contrario perché non perdano la forma bombata. È il momento, curioso, immortalato da centinaia di foto. Quindi si lasciano raffreddare per 10-12 ore. Non in tutte le industrie. Alcune, applicando la tecnologia del sottovuoto, riducono la durata dell’operazione a pochi minuti.
Al netto di questa pratica, che non riguarda nemmeno tutte le industrie, i sistemi usati dagli artigiani sono gli stessi. Ma il tempo delle industrie è in prevalenza tempo-macchina, mente per gli artigiani è tempo-uomo. Il costo cambia sensibilmente.
L’industria porta al massimo il rapporto qualità/prezzo
C’è una serie di altri non trascurabili vantaggi che l’industria ha rispetto all’artigiano. Nell’affrontare un dolce complesso come il panettone, “l’Everest dei lievitai”, dispone di esperti che sottopongono gli ingredienti a diversi test. Controllano ph, temperatura e umidità dei vari ceppi di lievito madre. Organizzano metodi di lavorazione impeccabili ripetuti nel tempo.
Sono competenze che gli artigianali non sempre hanno, cui sopperiscono con strumenti semplici (per esempio i piaccametri, misuratori di acidità). Oltre alla loro lunga esperienza. Con il panettone l’imprevisto è sempre in agguato. Per esempio, può capitare che l’impasto sia pronto per la fase successiva mezz’ora dopo o prima del previsto. Allora, per non ritrovarsi a buttare 100 chili di ingredienti, capita di dover presidiare la produzione per 30 ore di seguito. Nell’industria questi processi vengono standardizzati per annullare lo spreco di ingredienti e del tempo-uomo. In pratica, eliminando gli imprevisti, l’industria può permettersi di portare al massimo il rapporto qualità/prezzo.
I panettoni industriali costano poco perché sono prodotti civetta dei supermercati
Il basso costo dei panettoni nella grande distribuzione dipende da un altro motivo, slegato dalle industrie. Costrette, tuttavia, a farci i conti. Perché l’ultima parola sui prezzi non è la loro, ma del distributore. Da decenni i supermercati impiegano i dolci da ricorrenza –panettoni e colombe in particolare– come prodotti civetta, venduti cioè sottocosto per attirare clienti nei punti vendita.
La necessità di portare al massimo i ricavi ha concentrato la produzione tra poche aziende dolciarie. Così si rendono più efficaci le economie di scala e le posizioni contrattuali da tenere con la grande distribuzione.
Più sono bravi, più gli artigiani possono giustificare prezzi alti
L’inizio di un colpo di calore che investe il lievito naturale può modificarne del tutto il pH e, di conseguenza, il sapore del panettone. Lo sapevate? E sapevate che la stessa cosa può capitare innalzando la percentuale del burro dal 16 al 20 per cento?
Il panettone non permette approssimazioni. Se vuole prevedere i risultati del suo lavoro, il bravo artigiano deve avere una preparazione meticolosa anche su questioni tecniche e scientifiche. Quando è così, cioè quando l’artigiano non è uno qualunque, le frecce al suo arco aumentano. Può inventare e variare sul tema, non come l’industria che è obbligata a standardizzare la produzione. Se gli riesce, l’artigiano è nel pieno diritto di chiedere per il suo panettone 35-40 euro al chilo.
Ultima ma non ultima: la conservazione
È un punto fondamentale per capire le logiche commerciali dei panettoni artigianali e industriali. Se l’élite dei pasticcieri lavora sul fresco (scadenza dei prodotti tra uno 1 e 2 mesi), i pasticcieri che propongono sul mercato quantità maggiori e le industrie devono puntare su scadenze allungate fino a 4/6 mesi.
Va bene che il lievito naturale ha di per sé funzioni di conservante naturale, ma entro certi limiti. Ecco perché nella lista ingredienti dei panettoni che devono mantenersi a lungo trovate i mono-digliceridi. Conservanti del tutto consentiti dalla legge che però i sostenitori dei panettoni artigianali non vogliono.
Rappresentarli come deleteri è sbagliato, oltre che falso. Ma è innegabile che tra un panettone contenente mono-digliceridi e un altro che deve la sua freschezza al fatto di essere stato preparato pochi giorni prima, la differenza si sente.