Carlotta Perego: Cucina Botanica, libro di ricette vegane, piace anche a noi
Cosa dobbiamo assumere dai dati di vendita del libro di Carlotta Perego nelle librerie di Milano, che in città più nessuno mangia carne?
E poi chi se l’aspettava un successo simile per “Cucina Botanica” (Gribaudo, 224 pag. 17,50 euro), un libro di ricette vegane.
La ventisettenne di Monza che spopola nelle classifiche dei libri più venduti è l’imprevista sorpresa editoriale della stagione. E pensare che fino al 2017 lavorava nella moda.
Insoddisfatta, prende a frequentare corsi serali di cucina vegana. Si appassiona. Giovane com’è fa ancora in tempo a cambiare vita. Impiega i pochi risparmi per trasferirsi a Los Angeles e iscriversi a PlantLab. È la scuola di cucina vegana dello chef imprenditore Matthew Kenney.
Rientra a Milano, dove lavora per la succursale italiana della scuola, fino a quando non chiude. Ma la svolta per Carlotta Perego arriva nel 2018, quando decide di insegnare come si cucinano i vegetali. Però su internet.
Oggi ha 340 mila follower su Instagram e altrettanti iscritti al suo canale YouTube. I suoi account si chiamano “Cucina Botanica”, proprio come il libro diventato un bestseller. Anche perché, prima ancora di essere pubblicato, aveva venduto 20 mila copie in prenotazione sulle librerie online.
Perché Cucina Botanica piace perfino a noialtri truci carnivori
Lo stile di vita vegano non va imposto come se fosse un diktat. Carlotta Perego è molto attenta a non criticare quel che c’è nel piatto degli altri. E usa poco la parola “vegana”. Non a caso la sua cucina è “botanica”.
Un approccio comunicativo aperto che le permette di essere trasversale. Oggi infatti solo il 10% dei suoi lettori è vegano.
Con il suo veganesimo inclusivo, Carlotta Perego dimostra di aver capito che la scelta vegana è un conto, altro è brandirla come un’arma esigendo che tutti la condividano.
I 5 milioni di vegani italiani che non mangiano alimenti di origine animale, dalla carne al latte alle uova, difendono spesso la scelta con l’aggressività di una setta. Succede nei numerosi eventi vegan e soprattutto nelle accese discussioni online.
Ma non tutti sono disposti a modificare il proprio stile di vita. Per fare proselitismo bisogna accettarlo, smettere di sentirsi moralmente superiori e dare suggerimenti di buon senso. Il famoso “Mangiare cibo vero, non troppo, per lo più vegetale” dello scrittore americano Michael Pollan, è un ottimo inizio.
Come le parole che Carlotta Perego scrive in “Cucina Botanica”:
“Diventare vegani non rende automaticamente delle persone migliori, né mette nella posizione di poter considerare inferiore chi non ha fatto la stessa scelta […] Chi è incuriosito dallo stile di vita vegano, se viene spaventato da un gruppo di persone esclusivo e giudicante, probabilmente tenderà a starci lontano”.
Cosa significa essere vegani per Carlotta Perego
- Cercare per quanto possibile di non nuocere agli animali e all’ambiente tramite alimentazione e stile di vita.
- Capire che tutto può essere vegano, dallo yogurt alla birra, dalla crema spalmabile stile Nutella alle torte. E che, di conseguenza, si può soddisfare il palato anche senza alimenti di origine animale.
- Non arroccarsi sulla difensiva. Si può parlare di tutto, anche dei temi spinosi come la carenza di vitamina B12 nella dieta vegana, da rimpiazzare con gli integratori, in modo semplice, accessibile a tutti, in una parola divulgativo.
Invece, non si può chiedere alle persone, specie di questi tempi, di condividere un altro fanatismo.