Lambrusco e piatti da Carnal, nuovo ristorante Bib Gourmand Michelin
La tappa al ristorante Carnal – nuovo Bib Gourmand Michelin – del Giro del Mondo del Lambrusco, è tra le (rare) occasioni in cui è difficile dire se era meglio la cena o il wine pairing.
L’occasione l’ha offerta il Consorzio di Tutela del Lambrusco con un’iniziativa tesa a promuoverne un’immagine diversa e decisamente più attuale.
E già qui dovrebbero iniziare i distinguo, perché parlare di ‘Lambrusco’ è inesatto. Si dovrebbe usare il plurale, poiché sono ben 13 le varietà riconosciute ufficialmente dal Registro Nazionale delle Varietà di Vite, cioè la banca dati creata e gestita dal Crea per conto del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.
Lambrusco? No, lambruschi
Si tratta in sostanza di una famiglia di vitigni, tutti in vario modo discendenti dall’antica ‘vitis vinifera’ nostrana, e quello che più di tutti mostra un patrimonio genetico intatto, non contaminato da altre varietà giunte nei secoli da est con le migrazioni dei popoli nomadi. Il lambrusco, praticamente, è il made in italy dei vitigni.
Le prime testimonianze della sua presenza nel territorio di Ferrara, Modena, Rimini risalgono al VII secolo a.C., e dobbiamo agli etruschi la prima forma di coltivazione vera e propria sul territorio, a vite maritata. L’evoluzione ha prodotto variazioni genetiche dal primo ceppo, e le varietà che più si distinguono sui territori di appartenenza prendono il nome di Sorbara, Grasparossa, Salamino, Maestri, Marani. Ad essi fanno capo ben otto denominazioni d’origine che coprono in tutto 16.600 ettari vitati e 57 milioni di bottiglie prodotte in totale nel 2020.
Anche gli esiti in bottiglia sono totalmente diversi a seconda della varietà, pur se generalmente coerenti con l’immagine fresca, vivace e spigliata del lambrusco. Che si associa quasi automaticamente ad occasioni conviviali leggere, per il suo carattere non particolarmente alcolico, certamente non impegnativo. Ed è vero, ma sarebbe un errore derubricarlo al ‘vinello’ da grandi quantità e bassa qualità.
Le nuove generazioni di vignaioli infatti, stanno lavorando per riparare i danni d’immagine dovuti a politiche commerciali nefaste e ridare al lambrusco (ai lambruschi) la dignità che merita, per antichità storica e caratteristiche intrinseche.
Non è un caso se l’abbinamento proposto esula dalla tradizionale mortadella e gnocco fritto, e sfida i piatti italo-colombiani di un grande chef, Roy Caceres, già stella Michelin con il Metamorfosi, e ora appunto Bib Gourmand con il nuovo ristorante Carnal – Morso Sabroso, aperto l’anno scorso in zona Prati a Roma.
Il gioco delle coppie del Lambrusco al ristorante Carnal
Sei diversi produttori, sei stili di vinificazione per sei lambruschi dall’antipasto al dolce, abbinati a sapori molto lontani dalla tradizione emiliana eppure sorprendentemente accostabili. A riprova del carattere gastronomico del lambrusco, anche al di fuori dei confini nazionali.
L’antipasto prevede un bunuelo di tapioca, squacquerone, hoshigaki (cachi essiccato) e prosciutto di Modena, che è tra gli sponsor dell’evento. Guarnisce il tutto uno sciroppo di carrube tostate, ottenuto con una cottura lentissima di 3 giorni.
Lo sfidante al ristorante Carnal è il lambrusco Sorbara rosato Doc “Dei Tenori” di Tenute Campana. L’azienda si estende per 180 he, di cui 22 vitati, a ridosso del parco naturale del fiume Secchia, nel modenese, e Dei Tenori è la linea premium. Oltre al Sorbara rosato, comprende il Pignoletto e il Lambrusco di Modena. Colore bellissimo e luminoso, nel calice si apre con un naso piacevolmente fresco, con note di frutta rossa acidula e nettissimo melograno. Il sorso si esprime con la nota agrumata dolce del mandarino e una beva gioiosa.
Combinazione vincente: l’equilibrio tra note fruttate e acidule.
Metti un Sorbara a cena
Seconda portata, la tartare di Fassona, grano tostato e gelato di chipotle, guarnito con crema di mandorle all’olio verde e mazzetto di erbe aromatiche. Piatto delizioso e divertente, da mangiare con la forchetta ma anche con le mani, pieno di consistenze e sfumature di sapore, e il gelato di chipotle anche da solo meritava la ola.
Sul ring, un altro campione, il Rosé del Cristo, il lambrusco di Sorbara metodo classico DOC di Cavicchioli U. e F. Cavicchioli è tra i maggiori produttori del modenese, nata con Umberto e Franco nel 1928, e oggi con Carlo, quarta generazione, ha recepito le esigenze di qualità e modernità che richiede un mercato sempre più attento. Il Rosé del Cristo, punta di diamante del sorbara aziendale, si presenta con un bel bouquet grasso, di frutta gialla, ma con accenni di tostature che mi fanno pensare alla pesca spadellata, pasticceria e frutta secca. Bocca sapida, tonda, lunga, e la noce che resta come nota di coda, finale schietto ed elegante.
Coppia perfetta per l’intensità e la stratificazione dei profumi e dei sapori.
Stress test del Salamino al ristorante Carnal
Terza prova con il Taco di Mais blu al Pastor Carnal, forse il più sudamericano dei piatti in menu. Il mais blu è tipico del Messico, e ha un profumo particolarmente fiorito rispetto al mais giallo e bianco, con in più le sensazioni dolci e fruttate dell’ananas arrostito ed erbacee del coriandolo.
Lo sfidante al ristorante Carnal è il Reggiano Lambrusco Doc Spumante Lombardini Brut di Cantine Lombardini. Altra azienda che sta per compiere il secolo (nata nel 1925), non coltiva uve ma seleziona mosti, e solo i migliori sul territorio possono fregiarsi del nome Lombardini. La varietà in abbinamento è il Salamino, dalle caratteristiche note di mora e mirtillo. Qui, in versione charmat lungo, deve superare uno stress test, con le intensità del piatto. E sorprendentemente, tra frutti rossi, morbidezza e piacevolezza di beva dialoga bene sia con le note acidule che con quelle vegetali, esaltando in particolare il coriandolo che resta come finale. Per qualcuno un male, per altri un bene, ma il coriandolo fresco è un’erba che divide.
Bello il gioco tra tostature del ripieno e dolcezza fruttata, con il coriandolo denominatore comune tra piatto e vino.
Il morso sabroso all’anguilla del ristorante Carnal
Di nuovo Sudamerica, stavolta con una tortilla di mais con ripieno di anguilla laccata al carrube, melograno, tagete e funghi cardoncelli. Un ‘morso sabroso’ nel vero senso del termine, pieno, terroso, succulento. Una testa di serie, difficile da battere o quanto meno da contenere.
Risponde alla battuta del ristorante Carnal il Reggiano Lambrusco Doc “Concerto” di Medici Ermete & Figli. Di nuovo un Salamino, e di nuovo da un’azienda antica, presente nel territorio reggino dalla fine dell’Ottocento. Le uve per questa bottiglia arrivano da una vigna in particolare, La Rampata, vinificate con il metodo charmat (lungo) producono un lambrusco dal naso di frutti di bosco, di mora e mirtillo, e dal sorso asciutto, schietto con note balsamiche sul finale, perfetto per contenere l’esuberanza dell’anguilla, della laccatura, la dolcezza del mais e l’intensità dei funghi.
Tra humus e bacche, il sottobosco è il linguaggio per un dialogo continuo tra cibo e vino.
Mole e Salamino, profondo rosso
Il quinto round si gioca con il lombatello di Podolica alla brace, salsa mole rosso (ricetta del ristorante Carnal), zucca, mandorle e mizuna. Sapori molto caratterizzati, dalla brace, al cioccolato e peperoncino del mole, e le note sulfuree del mizuna, crucifera giapponese. Abbinamento non facile con il vino.
Si cimenta Lini910, cantina fondata da Oreste, bisnonno dell’attuale generazione di vignaioli, che si è sempre distinta per la qualità dei suoi lambruschi. L’etichetta proposta al ristorante Carnal è il Labrusca rosso, vino frizzante da uve Salamino (e Ancellotta al 15%), che rappresenta la versione più tradizionale del lambrusco. Spuma rosata, note di amarena e mirtillo al naso, e una bocca schietta, dritta. Un lambrusco molto buono, con ricordi di legna arsa e lieve tannino, ma dal corpo snello e bollicina delicata, forse un po’ troppo per un piatto strutturato come quello proposto. Ma si difende bene, soprattutto sul lato dell’intensità aromatica.
Forse un metodo classico avrebbe avuto più carte da giocare.
La sfida impossibile
Sesto e ultima sfida al ristorante Carnal, quella del dessert con il lambrusco. Il merengon del ristorante Carnal, cioè la meringa, con noci di Macadamia, limone di Amalfi e basilico è squisito. E il martellino in dotazione per rompere il guscio croccante aggiunge una dimensione ludica al tutto.
Audace l’abbinamento con il Grasparossa di Castelvetro Doc “Vini del Re” di Cantine Settecani. Premiato come miglior vino frizzante italiano al Vinitaly 2019, si offre al naso con note intense di frutti di bosco maturi, mora e mirtillo, e un sorso senza compromessi, decisamente asciutto. Sicuramente perfetto per primi e secondi di un certo calibro, con la meringa e soprattutto con il limone non veniva esaltato al meglio. Ma mi avrebbe stupito il contrario. Nulla ha impedito di apprezzare comunque questo Grasparossa in purezza, nella sua categoria tra i campioni.
Meglio soli che male accompagnati
Più Lambrusco per tutti
Abbinamenti alcuni perfetti, altri ambiziosi, ma piatti e vini lambrusco proposti in modo divertente a tutti i clienti del ristorante Carnal che hanno aderito al mood della serata.
Produttori presenti e in prima linea a raccontare di vini, di tecnologie e di sostenibilità. E mostrare le tante personalità di un vino poliedrico e trasversale, dall’eccellente rapporto qualità prezzo, che meriterebbe più attenzione da parte di pubblico e operatori del settore.
Carnal – morso sabroso. Via dei Gracchi, 19. Roma. Tel. +390642917690