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Pizza da 966 € e conto finale da 6.500 € a Busto Arsizio ma è truffa

La truffa del bancomat architettata dal titolare di una pizzeria di Busto Arsizio con le pizze da asporto pagate a peso d’oro
venerdì, 07 Giugno 2024 di

966 euro per una pizza e un conto da 6.500 euro per una sfortunata coppia di avventori di una pizzeria a Busto Arsizio. E per giunta i prezzi sono di pizze da asporto. Ma non siamo di fronte all’inizio di un nuovo capitolo della saga degli scontrini. Né al cospetto di una pizza del Marocco pagata 235 dirham che scatenò infinite polemiche. Argomenti che tengono banco ogni estate.

Semplicemente il cliente abituale della pizzeria di Busto Arsizio dove si recava ogni venerdì per acquistare pizze da asporto è stato truffato. Se n’è accorta la moglie, cointestataria del conto, quando gli acquisti di pizze hanno fatto superare il plafond di 5 mila euro.

A quel punto marito e moglie hanno controllato i movimenti del conto. E hanno scoperto che in pochi mesi in quella pizzeria di Busto Arsizio in cui compravano le pizze da asporto ogni venerdì avevano speso una cifra spropositata.

Il meccanismo della truffa delle pizze a Busto Arsizio

pizza da asporto truffa a Busto Arsizio

La coppia ha denunciato il proprietario della pizzeria di Busto Arsizio per quei conti esosi delle pizze. E i carabinieri coordinati dal pm Susanna Molteni hanno ricostruito la presunta truffa. In effetti il raggiro ha un meccanismo semplice. Il titolare della pizzeria di Busto Arsizio e il cliente si conoscevano da tempo. Quest’ultimo riponeva fiducia nel commerciante e non aveva mai dubitato che i mancati funzionamenti del Pos dichiarati dal ristoratore fossero solo espedienti per far passare più volte il bancomat sul lettore. Solo che a ogni passaggio con tanto di inserimento del pin corrispondeva un pagamento. E nemmeno del vero costo delle pizze. Tanto che una pizza era costata appunto 966 euro.

Il proprietario della pizzeria con le pizze più costose di Busto Arsizio è finito a processo. L’accusa è di truffa aggravata da abuso di prestazione d’opera, come riporta La Prealpina.