4 locali a Acciaroli e Pioppi indicano il futuro del turismo in Cilento
Acciaroli, Pioppi e Pollica sono finiti nel mirino dei commenti negativi questa estate. L’accusa principale, che serpeggia nei gruppi Facebook dedicati, riguarda l’accoglienza e i prezzi. Scarsa l’una, alti i secondi. Con il corollario della perduta tranquillità dei borghi di pescatori e di collina del tempo che fu. In questa parte del Cilento, per i turisti – i villeggianti – di lunga data il tempo si sarebbe dovuto fermare agli anni ’70. Però con le comodità degli anni ’20 di questo millennio. Spiagge deserte o quasi anche a ferragosto, ma acqua dai rubinetti. Isolamento garantito dalle stradine (chi ricorda cosa significava valicare le Ripe Rosse), ma treni veloci e metrò del mare assicurati. Silenzio e tranquillità, ma richiesta di divertimento per i più giovani.
C’è da chiedersi quale sia l’identità di Acciaroli e Pioppi, due paesi di mare sospesi tra un passato verginale e un presente che li mette sotto esame. Il ritorno al futuro, lo stargate, le pellicole in bianco e nero si sovrappongono in un mondo confuso frutto di passioni e interpretazioni personali. Diventeranno chiassosi come Mykonos o Ibiza? O diventeranno silenziosi come una nuova Sparta?
Acciaroli e Pioppi vs resto delle mete turistiche
Riflettevo chiacchierando sul porto di Acciaroli con un assiduo frequentatore reduce dalla festa Settembre ai Fichi di San Mauro Cilento. E soprattutto “traditore” dopo circa 10 anni di vacanze continuative ad Acciaroli con una puntata a Porto Rotondo. Non è che in Sardegna non ci sia stata la routine estiva dello scontrino selvaggio. Ma al netto degli estremismi, il confronto tra i prezzi dell’ospitalità alberghiera ed extra alberghiera è abbastanza impietoso. Vince la Sardegna sul Cilento soprattutto alla voce servizi e qualità degli alloggi.
Marito e moglie in Sardegna, figlio adolescente a Mykonos, l’altro in Spagna. Perfetto esempio di quello che chiamo “salto generazionale acciarolese”. Fino ai 16 anni, Acciaroli e Pioppi sono paradisi. Poi si cerca il divertimento, i bar con la musica, la discoteca e inizia la scoperta di altri luoghi e la disaffezione. Il tempo di permanenza in Cilento cala drasticamente fino ad arrivare a zero per qualche anno. Poi la riscoperta, soprattutto aiutata dai figli piccoli perché il mare è pulito e la spiaggia di sabbia impareggiabile per i castelli. E il ciclo riprende con i sedicenni transfughi diventati genitori.
Nel confronto tra località del mio inconsapevole intervistato non c’è differenza per un aspetto: la ristorazione. Alcuni locali trasportati in Sardegna non solo reggerebbero il confronto ma li batterebbero ampiamente. Ovviamente una rondine non fa primavera. Con i ristoranti entra in gioco la particolare affezione che lega un cliente a un piatto o a un menu. Siamo un po’ tutti edotti che mentre mangiamo nel nostro locale preferito intessiamo confronti con questo o quell’altro ristorante. Parliamo di mangiare mentre mangiamo.
Il poker d’assi dei fratelli Esposito e Morinelli
E quali sarebbero questi locali? Sono 4, tra Acciaroli e Pioppi, curiosamente diretti da due coppie di fratelli. Gli Esposito, naturalizzati cilentani, e i Morinelli, cilentani cilentani. Enzo e Fabio Esposito che da Portici si sono trasferiti a Salerno ma hanno iniziato l’attività di ristorazione ad Acciaroli per poi aprire a Salerno. Antonio e Enrico Morinelli, di Pioppi, che hanno avviato la ristorazione proprio a Pioppi per continuare poi a Salerno.
Le loro insegne sono ben conosciute e non solo ai lettori di Scatti di Gusto.
I Morinelli hanno un’unica insegna, Suscettibile, declinata in più versioni. La casa madre di Pioppi aperta 10 anni fa, il fine dining a Salerno e da quest’anno la champagneria con cucina sul molo di sopraflutto a Acciaroli.
Gli Esposito con la pizzeria Il Borgo attivo dal 1995 ad Acciaroli, il Veliero sempre sul porto di Acciaroli, dal 2010, con accanto l’Iris. E a Salerno, in ordine di apertura, Pescheria, la pizzeria Gli Esposito, Bistrot di Pescheria, Gioia.
Il Borgo e Il Veliero, Suscettibile a Pioppi e a Acciaroli tratteggiano come potrebbero essere i due paesi alla voce ristorazione. Non una mera esecuzione della Dieta Mediterranea il cui vero problema è proprio chiamarsi dieta che confligge con l’idea di divertimento estivo. Anche perché la Dieta Mediterranea patrimonio Unesco non è solo quella italiana. Più correttamente bisognerebbe parlare di Cucina Cilentana rivisitata. Le denominazioni di questo tipo sono sempre un problema perché individuano ma non definiscono. Anche perché devono tenere conto delle richieste del mercato. Un ristorante non è un centro studi.
Quanta cultura gastronomica cilentana c’è ad Acciaroli e Pioppi
Quindi qua e là affiorano salmone, alici del Cantabrico, Nerano, tiramisù. Ampiamente sovrastati da pescato locale che va dalle alici alle aragoste passando per ricciole, polpo e tonno.
Il gradiente cilentano è più elevato per un ristorante che per una pizzeria. Ma qui entra in gioco il predominio della pizza napoletana con le sue farciture classiche e più o meno moderne.
Ma è impossibile resistere alla tentazione dei super gamberoni rossi di Acciaroli o alle alici fritte di Pioppi. Come alla triglia farcita alla cilentana, alle linguine con i gamberi, ai carpacci e all’innovazione della cacio cozze e tartufo e del semolino del pescatore. O alla pizza cilentana con il sugo cotto anche se sul disco tondo napoletano o alla carne in padella con olio e prezzemolo. E al diluvio di verdure delle frazioni interne che non basterebbero in quantità se tutti i locali di Acciaroli e Pioppi le mettessero in carta.
C’è da perfezionare il modello di questi quattro locali che però sono un prototipo eccellente di ospitalità e cordialità pur scontando la cronica assenza di personale. Che in un’attività stagionale è, se possibile, ancora più grave.
La ristorazione è un tassello del mosaico del turismo ad Acciaroli e a Pioppi come in mille altre località turistiche italiane. Ma di peso specifico molto elevato. E, per fare un esempio, il cibo ha da fare molta strada sui lidi e negli alimentari. Costruire un percorso di cibo, servizi e divertimento che abbia come elemento centrale lo stile cilentano potrebbe essere la soluzione. Non è che prima non si cantasse o ballasse. Tocca solo vedere qual è la corretta rivisitazione, proprio come nei piatti. Per evitare che tutto diventi una processione o alici ‘mbuttunate.