Gerusalemme. Adom, il ristorante che fonde le culture gastronomiche
Per un occidentale in Israele Shabbat e Kosher sono due parole che si rincorrono magicamente. Rappresentano la sintesi immediata della cultura che non conosci e ti incuriosisce. Anche per i piccoli aspetti pratici che significano prendere un aereo a tarda sera del sabato in Italia per sbarcare alle 3 e mezza del mattino a Tel Aviv in un aeroporto così affollato che ti chiedi subito quale sia l’ordine delle lancette in questo Paese.
Oppure guardare nell’albergo iper moderno il segnale dello Shabbat in ascensore che vuol dire “smettere”. Di funzionare, di chiedere a colazione qualcosa oltre un caffè. Sono 39 le azioni non permesse durante il sabato santificato al riposo, alla riflessione e ai rapporti familiari. E, ovviamente, ne rientrano attività del cibo come cuocere e impastare anche se è previsto il consumo di tre pasti.
Andare dopo qualche giorno trascorso nella capitale israeliana in un ristorante che non è kosher ed è aperto di sabato mi fa pensare al proibizionismo. Sarà l’empatia per la città, suppongo.
Abbiamo capito probabilmente un decimo della complessità di Gerusalemme dalle parole di Dado Rathaus (vi lascio la mail, potrebbe servirvi: dadoways[at]gmail.com) che ci ha fatto da guida per le strade della Città Vecchia.
In italiano e con coscienza italiana ha messo a posto subito i tasselli dall’alto del bastione della fortezza di Davide. Smontando preconcetti e stereotipi che escono in un fiume di parole e immagini dai consueti canali di informazione.
Eliminerò rappresentazioni come Gerusalemme Est, paure connesse alle fermate dei tram, modernissimi, o al passeggiare per il mercato della città nuova a tarda sera.
Adom è il ristorante che fa questo: smonta la ricerca da rabdomante della tipicità che il turista cerca ad ogni costo. Con Noam Rizi, che assieme al fratello Assaf ha messo su questo ed altri due ristoranti oltre che attività legate al wedding, ho concordato i concetti cardine di un Israele rivisitato: no war, no desert, no camel.
E rientra in questa linea anche un ristorante a-tipico come Adom. “Pensa a New York, all’Eleven Madison Park, a Le Bernardin, al Per Se che sono nella 50 Best. O ad altri egualmente famosi. Fanno cucina francese. O cucina italiana”, vuole convincermi Noam.
Ci siamo spostati di tavolo rispetto alla serata che ha inaugurato la settimana dedicata all’Italia con i piatti di Viviana Varese, chef stellata di Alice, e la compagnia dell’ambasciatore italiano in Israele.
Siamo nella zona bar che, eresia, è predisposto per accogliere i fumatori. Adom esiste da molti anni, 17, ed ora è qui nella vecchia “First Station” che è stata ristrutturata e destinata a cibo e cultura come spiega la targa all’ingresso che ricorda l’anno di fondazione: 1892.
Il ristorante ha un’aria internazionale, è raffinato ma pratico, molto popolare a Gerusalemme. E affollato. Pochi turisti e un variegato mondo locale.
Non funziona la nozione di alta cucina, se state pensando alla presenza di Viviana Varese. La soglia psicologica da borsellino di un Israeliano a tavola non è altissima. Al cambio, circa 50 €. Un po’ poco.
Elran Bouzaglo, lo chef, deve fare i conti insieme alla proprietà su questo aspetto non secondario per governare una cucina che fa fusion anche con questi incontri tra culture gastronomiche. Oltre all’italiana Viviana, settimane sono state dedicate al Giappone e alla Francia. E tracce restano nel menu proprio come accadrà con i piatti proposti dalla chef di Milano.
Partiamo con una zuppa di spaghetti e gamberi con broccoli croccanti e una bella spolverata di piccante. Alle spezie qui non si rinuncerebbe mai.
Il coriandolo si affaccia sul tonno accompagnato da broccoli, arachidi e cavolfiore. Ma resta in equilibrio.
Un po’ più di speziatura del dovuto sul sashimi di branzino appoggiato su una foglia, ma il risultato è piacevole.
Lo cheviche con gazpacho di pomodori gialli è uno dei piatti centrali del menu dell’Adom che ha una sezione Pasta & Risotto che supponiamo si arricchirà dopo questa settimana di scambi in cucina con Viviana e Aniello. Buono e fresco come si preannunciava.
Il piatto della serata è il “quinto quarto all’israeliana”, una spadellata di fegatini, midollo, reni con olio di oliva e una salsina tahini che esce benissimo con il Bollinger scelto da Sandra Ciciriello (molto azzeccato il cofanetto con la carta dei vini divisa in schede secondo la tipologia da casual a classic).
Segue il filetto di manzo servito con una pera cotta nel vino e ampiamente speziata con i chiodi di garofano e la cannella. Un po’ troppo dolce, ma la carne si conferma un ottimo asset per la ristorazione di Gerusalemme.
Facciamo un’interruzione. Alle 21:30 alla Torre di Davide nella Città Vecchia c’è lo spettacolo che racconta la storia di Gerusalemme proiettando sulle mura le immagini come un gigantesco cartoon. L’empatia aumenta e ringrazio Noam per questo pre dessert che vi consiglio a prescindere da quale ristorante scegliate nel vostro soggiorno a Gerusalemme (e già vi abbiamo consigliato una locanda).
Ritorniamo all’Adom e ai dolci – dolcissimi – che chiudono la serata. L’atmosfera è di festa, di pacche sulle spalle per la costruzione di un gruppo spontaneo che ha funzionato benissimo in cucina. E anche a tavola.
Adom mi entra nella rubrica degli indirizzi come ristorante con consapevole curiosità e voglia di approfondire le culture gastronomiche seguendo un senso di rivoluzione che ho già conosciuto un paio di sere prima.
E più prosaicamente ve lo segnalo perché se sarete a Gerusalemme durante lo Shabbat difficilmente avreste un posto da preferirgli. E questo me lo ha sussurrato un entusiasta avventore al bancone che ha chiesto di restare anonimo.
Facile perché non ho appuntato il nome confidando sulla memoria. E mi sento di condividere il pensiero di Davide (il nome è di fantasia, sia chiaro).
Adom. 4 David Remez, First Station. Gerusalemme. Israele. Tel. +972 2-624-6242