Aiuto. Mangiamo carne clonata!
Dopo quello sui latticini multicolori, l’ultimo allarme nell’insidioso mondo del food “rivisitato” viene dalla carne. Mucche, pecore e maiali geneticamente modificati sarebbero già da tempo finiti sugli scaffali dei supermercati europei insieme a latticini ottenuti con cloni di animali. A instillare il dubbio nella mente dei consumatori è l’International Herald Tribune che, nella sua sua edizione di ieri, portava, a riprova dell’inquietante ipotesi, la testimonianza di alcuni allevatori inglesi.
Secondo un dipendente della Humphreston Farm di Michael e Oliver Eaton, un’azienda agricola vicino Birmingham, qualche esemplare di animale discendente da embrioni clonati importati è stato allevato nella sua azienda e venduto. Ammissione analoga è arrivata da una altro allevatore inglese che ha dichiarato di utilizzare latte di mucche discendenti da progenie clonata e di vendere egli stesso, ad allevatori canadesi, embrioni prelevati dai suoi animali. La conferma giunge anche, secondo il quotidiano americano, dal Governo svizzero il quale ammette che diverse centinaia di capi di bestiame derivanti da esemplari clonati allevati in territorio svizzero sarebbero giunti ormai alla seconda-terza generazione e avverte che “con tutta probabilità, latticini e carne derivanti da animali clonati sono già stati venduti in Svizzera”.
Su quale scaffale di supermercato sono finiti quella carne, quel latte e quei latticini? La commercializzazione di prodotti provenienti da cloni è soggetta all’autorizzazione delle autorità UE e, in particolare, alla legislazione che regolamenta l’immissione sul mercato di prodotti che rientrano nella categoria dei “novel food” e cioè alimenti contenenti organismi geneticamente modificati o da essi derivanti. Ma poiché nessuna autorizzazione in merito è stata richiesta alle autorità europee competenti, la conclusione ovvia è che il consumatore non è stato, ancora una volta, correttamente informato.
Il problema si è già imposto all’attenzione del Parlamento Europeo che proprio questo mese ha messo al bando la vendita di carne e latticini derivanti da animali clonati e a settembre si riunirà ancora per definire meglio le regole attuative. E’ prevedibile che allora il divieto, come ricorda l’International Herald Tribune, si scontrerà con la necessità di non ingaggiare guerre commerciali con i grandi partner commerciali dell’Europa come l’Argentina, il Brasile e gli Stati Uniti, più aperti in materia di immissione nella filiera alimentare di prodotti derivanti da animali clonati. Decisamente possibiliste sono infatti le autorità Usa (da dove gli embrioni e lo sperma sono stati importati). La Food and Drug Administration ha dichiarato nel 2008 che il consumo di carne di maiali, capre e pecore derivanti da esemplari clonati non causa danni per la salute mentre il Ministero dell’Agricoltura Usa ha invitato gli agricoltori ad astenersi volontariamente dall’immettere nella filiera alimentare “cloni diretti” per un periodo non specificato in modo fa facilitare una “ordinata” transizione verso il mercato.
Posizione più cauta rispetto a quella dell’Agenzia americana è stata espressa nel 2008 dall’Agenzia per la Sicurezza Alimentare Europea di Parma che da allora ha continuato a raccogliere dati e potrebbe sfornare presto nuove conclusioni in materia. Dopo aver premesso che “le incertezze nella valutazione del rischio sorgono a causa dell’esiguo numero di studi disponibili”, nel 2008 l’EFSA concludeva che “non vi è alcuna indicazione dell’esistenza di differenze in termini di sicurezza alimentare tra la carne e il latte dei cloni e della loro prole e latte e carne di animali allevati in modo convenzionale”.
Chi non ha dubbi in materia è Cesar Diez, autore dell’inseminazione di Got, il primo toro da corrida clonato: “Quando è possibile selezionare animali che producono tanta più carne rispetto al mangime consumato, la logica della clonazione diventa inevitabile”. Non deve essere il solo a pensarlo, a parte, ovviamente, i giganti specializzati nella clonazione sul bestiame, molti dei quali, come ricorda l’edizione internazionale del New York Times, sono europei (Alta Genetics, CRV, Genus e Viking Genetics). Dopo le caute aperture dell’Europa sugli OGM, non è infatti escluso che anche su questo versante cadranno un giorno le barricate erette da associazioni dei consumatori, ambientalisti e consumatori sciolti. Ma quel giorno deve essere lontano, se chi decide di immettere nella catena alimentare carni e latticini “non convenzionali” lo fa senza dire niente a nessuno.
[El Pais, Ap, Listicles, International Herald Tribune]