Alinea, ristorante tre stelle Michelin, fa solo consegne a domicilio
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In emergenza Coronavirus con il delivery per ristoranti e pizzerie è impossibile pareggiare i conti: meglio stare chiusi. È la considerazione più frequente che si ascolta in Italia da quanti hanno deciso di restare chiusi anche potendolo praticare. E dove non si può, come in tutta la Campania, “l’asporto” – come viene chiamata la pizza anche se consegnata a domicilio – è come l’acqua che non spegne la sete. Meglio stare chiusi e anzi rimproverare quelli che penserebbero anche a una parziale riapertura per le consegne a domicilio. Siano anche laboratori di pasticceria.
Non è che si pensi di stare in vacanza, ma è meglio attendere gli aiuti dello Stato e comunque evitare la preoccupazione di adottare misure di protezione degli addetti ai lavori per scongiurare il rischio di contagio.
Invece guardate cosa accade dall’altra parte del mondo, negli Stati Uniti.
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Un lavoratore di Alinea, il ristorante tre stelle Michelin di Chicago, guardando la fila delle auto che aspettavano i bambini aveva detto: “Sarei molto più entusiasta di aspettare il filetto alla Wellington che mio figlio”.
Nick Kokonas e il suo socio, lo chef Grant Achatz, proprietari di Alinea, Next, The Aviary, Roister e St.Clair Supper Club hanno pensato di ridisegnare la mission del ristorante tristellato.
E hanno messo su un Menu to Go per la consegna a domicilio. Capite? Un tre stelle Michelin che si dà al delivery.
Ovviamente dalla cena che costava 300 dollari cadauno si è accontentato di mandare in giro pasti a 35 dollari, quasi 10 volte di meno.
Risultato? Il primo lotto di cene è andato esaurito in 5 ore.
E dentro c’era – giustamente – il filetto alla Wellington.
I clienti ordinano i pasti su Tock, il sito di prenotazioni fondato dall’amministratore delegato del gruppo Alinea Nick Kokonas, che di solito commercializza i voucher per alcuni dei ristoranti più esclusivi del mondo.
La lussuosa sala di Alinea, rifatta nel 2016, è stata trasformata in un centro di distribuzione dei sacchetti di carta. L’ingresso al ristorante è precluso ai clienti e fuori dalla porta del locale c’è anche un avviso che il bagno non è disponibile. I lavoratori operano con mascherine e guanti rispettando le distanze di sicurezza. Proprio quelle in Italia si spera non saranno mai applicate.
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In un particolare il filetto alla Wellington di Alinea si avvicina alla pizza a domicilio napoletana: è previsto l’asporto con i clienti che dopo aver ordinato il filetto (nel sacchetto c’è anche un purè di patate (preparato con il 50% di burro) e una creme brûlée.
Si arriva a casa e si infila la confezione in alluminio del filetto nel forno a microonde seguendo le istruzioni.
E ci sono anche le variazioni: zuppa al curry; cavoletti di Bruxelles con scalogno, pancetta e pepe nero; funghi selvatici saltati. O anche panini.
Quindi si può salire a 40 € mettendoci anche una bottiglia di vino.
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E la creme brûlée può essere nuovamente caramellizzata con la fiamma.
Alinea indica questi pasti come confort food e in questo periodo nero la definizione ci sta tutta.
Anche perché Kokonas ha spiegato che vede questo motore al minimo come un modo per mantenere in piedi il ristorante: “Il nostro obiettivo è quello di avere profitti da poter condividere con i membri del team nonché di ruotare lo staff in modo che tutti abbiano almeno un lavoro part-time. Qualsiasi eccesso di denaro che vada oltre il pagamento delle spese generali andrà al personale, non ai proprietari o agli investitori”.
E la tesi sembra avergli dato ragione. In pochi giorni hanno venduto 2.000 pasti a portar via.
Ma certo loro hanno gli aiuti americani che sono tutta un’altra cosa.
E forse anche una bella lasagna o una carne in crosta di pane. Proprio come si faceva nei forni durante il tempo della guerra.
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Gabriele Bonci aveva preparato una zuppa di pecora con il tappo di pane in un’altra situazione di emergenza, ora che ricordo.
[Link e immagini: Eater]