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8 Marzo 2017

Chi è Antonia Klugmann, la chef che sostituisce Carlo Cracco a MasterChef

Carlo Cracco ha appena annunciato il suo abbandono più o meno temporaneo di Masterchef, la produzione tace: eppure, si stanno già rincorrendo online le
Chi è Antonia Klugmann, la chef che sostituisce Carlo Cracco a MasterChef

Carlo Cracco ha appena annunciato il suo abbandono più o meno temporaneo di Masterchef, la produzione tace: eppure, si stanno già rincorrendo online le prime voci su chi potrebbe sostituire il cinquantenne giudice vicentino (anzi, di Creazzo) che ha terrorizzato e affascinato i concorrenti per sei edizioni.

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Anzi, la voce che si rincorre è una sola: il prossimo quarto giudice di Masterchef sarà una donna. E mi piace scriverne qui il nome proprio l’8 marzo, giornata dedicata alle donne: Antonia Klugmann.

D’acccordo, è una voce dal sen fuggita – ma assolutamente credibile. E dopo averla vista in uno showcooking a Identità Milano 2017, ci crediamo ancora di più.

Trentasettenne, triestina, un’aria da friulana timida che svanisce non appena si mette a parlare della sua cucina, della sua terra, delle sue ricette (se volete potete leggere qui la sua ricetta perfetta dei cannelloni alle cime di rapa e baccalà).

Studentessa per scelta ma poco convinta di legge, inizia a frequentare la scuola milanese di Altopalato, per passare poi a lavorare all’Harry’s Grill di Raffaello Mazzolini a Trieste, e in seguito in diversi ristoranti italiani.

La farina di Napoli Mulino Caputo

Un incidente automobilistico la ferma per quasi un anno, ma riprende il lavoro appena possibile, e nel 2006 apre con Romano De Feo, il suo compagno, il suo primo ristorante, l’Antico Foledor Conte Lovaria a Pavia di Udine. Finalista al concorso di Luigi Cremona Miglior chef emergente del Nord Italia nel 2009, vince il torneo esordienti 2009-2010 della Prova del Cuoco.

Nel 2011, chiuso l’Antico Foledor, lavora al Ridotto di Venezia, dal 2013 è al Venissa sull’isola di Mazzorbo. A dicembre 2014 apre L’Argine di Vencò, a Dolegna del Collio (Gorizia), a 150 metri dal confine sloveno. Che si guadagna già nel 2015 la (prima) stella Michelin, e il titolo di Novità dell’anno per la guida del Gambero Rosso. Mentre è della Guida dei Ristoranti d’Italia 2017 dell’Espresso il premio Cuoca dell’Anno.

E ora arriva (arriverebbe) Masterchef. Me la vedo già: l’aria per niente glamour, l’aspetto dolce, ma – mi sembra di capire – dura ed esigente. Ma soprattutto brava in cucina, e diversa da Cracco e da Barbieri, sicuramente. Magari un po’ più simile a Cannavacciuolo.

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Comunque: il suo showcooking a Identità ha svelato alcuni aspetti molto interessanti di questa cuoca e della sua cucina – in pochi casi la distanza fisica da un ristorante mi è sembrata risibile, e un viaggio degno di essere affrontato. Ed è proprio all’insegna del viaggio che è iniziato il suo intervento.

Ho sempre avuto paura dei viaggi, e dei rischi connessi ai viaggi. Ma non ho avuto mai paura della contaminazione: vengo da Trieste, luogo di contaminazioni. Anche per questo il mio scrittore preferito è Salgari: ho trovato in lui un uomo che non viaggiava fisicamente ma che era libero con la mente.
E comunque non saranno i viaggi di pochi cuochi a cambiare la cucina, ma gli spostamenti dei popoli del mondo.

Tanto per fare un esempio, ha osservato Klugmann, René Redzepi è sì danese, ma suo padre è di origini albanesi.

E la cucina? Due i piatti raccontati: Rapa, crauti e tartufo, e Variazioni di finocchio. E attraverso i piatti, Antonia ha raccontato anche se stessa, il suo ristorante, il suo orto, e il suo territorio, da dove i piatti nascono, e di cui fanno parte.

E una miriade di osservazioni di cui far tesoro.

Così, abbiamo saputo che i tartufi si trovano vicino al suo locale, nel Collio, che l’acidità del crauto si sposa benissimo con il tartufo, che il cavolo cappuccio lo comprano a pochi metri, in Slovenia, e lo fanno fermentare – tagliato sottile, con sale (dal 5 al 7%). E così via, fino ad arrivare alla conclusione di un piatto per la cui preparazione non c’è praticamente costo energetico.

Anche la lavorazione del finocchio è interessante: l’intento è quello di usarlo per intero, il che ha senso sia dal punto di vista della sostenibilità che da quello del gusto. E se nella preparazione del piatto si usano solo i cuori, il resto sarà il pranzo del personale. Ovvero, si fa un discorso complessivo, di tecnica, di preparazione, ma anche di gestione delle risorse, e di conti economici. Che a volte non vengono proprio considerati.

Possiamo ipotizzare che la sua presenza a Masterchef rappresenterà una piccola svolta, dal punto di vista culturale.

[Immagini: Brambilla Serrani per Identità Golose]

Emanuele Bonati
"Esco, vedo gente, mangio cose" Lavora nell'editoria da quasi 50 anni. Legge compulsivamente da sessant'anni. Mangia anche da oltre 60 anni – e da una quindicina degusta e racconta quello che mangia, e il perché e il percome, online e non. Tuttavia, verrà ricordato (forse) per aver fatto la foto della pizza di Cracco.
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