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9 Giugno 2011 Aggiornato il 12 Luglio 2011 alle ore 15:40

Borough e Maltby Street, due mercati ai ferri corti. In nome della qualità!

Il Borough Market, il brulicante mercato del cibo situato a sud-est di Londra, è ormai entrato nel suo terzo secolo di vita. Dieci anni fa è tornato di
Borough e Maltby Street, due mercati ai ferri corti. In nome della qualità!

Il Borough Market, il brulicante mercato del cibo situato a sud-est di Londra, è ormai entrato nel suo terzo secolo di vita. Dieci anni fa è tornato di moda diventando un modello di shopping a km 0. Da giovedì a sabato decine di venditori sistemano i loro banchi per vendere prodotti (carne, formaggio, cibo cucinato) per la folla dei Londinesi (e dei turisti stranieri) che lo frequentano.

Poi è arrivato il Maltby Street Market, non un mercato in senso stretto (diversamente dal Borough non è un’entità ufficiale), una comunità di artigiani del cibo che realizzano, stagionano e immagazzinano i loro prodotti sotto gli archi della ferrovia a Bermondsey, a 20 minuti di cammino dal Borough Market. Maltby Street è aperto alla vendita il sabato solo per cinque ore, dalle 9 alle 14, e nei suoi due anni di vita si è guadagnato un’ottima reputazione per i suoi prodotti di altissima qualità finendo per sottrarre al Borough il suo primato di mercato di qualità del sud-est di Londra.

Alcuni dei venditori si trovano in entrambi i mercati ma la cosa ha creato tensioni tra gli artigiani del Borough Market Trust, l’entità che controlla il Borough Market, tensioni che sono scoppiate durante il fine settimana del 1° maggio quando Glenis Reagon, direttore del BMT, ha dato lo sfratto a sette dei suoi migliori commercianti: The Borough Cheese Co., The Ham and Cheese Co., Hophurst Farm/Rennet and Press, Kappacasein, Kaseswisss, and Mons and Topolski. Il motivo? La loro presenza anche al Maltby Street. “Se vogliono vendere anche al Maltby Street sono liberi di farlo ma non se ricevono sussidi dal Borough Market”, ha dichiarato all’Independent il presidente del Borough Market, Peter Wilkinson.

Una decisione ingiusta, secondo i venditori sfrattati. “Non avendo affrontato per anni una serie di problemi centrali come gli spazi per i magazzini, la distribuzione all’ingrosso, il trasporto, il parcheggio, l’affollamento del mercato o i turisti che non comprano, hanno offeso un piccolo gruppo di venditori che questi problemi li hanno affrontati da soli”, ha detto un venditore che ha chiesto di restare anonimo. “Il management del mercato si è rifiutato di venire a constatare personalmente quello che stiamo facendo. Si sente minacciato da qualche piccola azienda e ci ha trattato come traditori. Dimenticano che i veri nemici sono le grandi aziende che controllano il settore della produzione, della distribuzione e della vendita di cibo in questo Paese”. L’hanno presa male i residenti che su Twitter e sui forum si sono espressi decisamente a favore degli artigiani sfrattati, autosoprannominatisi “I sette di Bermondsey”. Alcuni commentatori si sono impegnati a boicottare il Borough.

Condivido l’opinione diffusa che il Maltby Street Market offra uno standard qualitativo superiore rispetto al Borough. A meno di non conoscere bene i suoi venditori, fare la spesa e mangiare al Borough Market può essere deludente e ora che alcuni dei suoi migliori venditori sono stati espulsi sarà difficile per il BMT soddisfare la promessa, fatta ai Londinesi, di rendere migliore la loro qualità della vita. “E’ stato un periodo di grande preoccupazione per per i venditori e per il loro staff”, ha detto un commerciante che ha chiesto di restare anonimo “A perdere i lavoro sono stati proprio i più appassionati, i più onesti e impegnati nella qualità”.

Si mostra ottimista, malgrado la situazione, Dom Coyte di Borough Cheese Company: “Vogliamo restare concentrati sui modi di produzione e conservare l’energia e l’impegno che mettiamo da sempre nel nostro lavoro”. Ho provato a raggiungere Glenis Reagon e il BMT per avere chiarimenti ma non ho ottenuto alcuna risposta. Incerti restano la direzione che il Borough Market prenderà e il futuro dei venditori sfrattati.

Foto: parlafood.com

 

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