Bufale. Non era di Mammut la carne servita alla cena degli esploratori
Quante volte avete provato ad indovinare un ingrediente di un piatto? Probabilmente hanno provato anche i membri dell’Explorer Club, un circolo di esploratori che aveva l’usanza di riunirsi a tavola e mangiare cibi esotici e rari.
Come la carne di mammut.
Riavvolgiamo il filo del tempo seguendo le orme di un articolo di Wired.
Siamo nel 1951 e all’Hotel Roosvelt a New York, il 17 gennaio, va in scena una cena insolita. Il gruppo si appresta a banchettare con un ritrovamento speciale, un mammut.
Vero, falso? Di cosa dovrebbe sapere la carne di un mammut scovato nei ghiacci che a contatto con l’aria si sarebbe putrefatta rendendo impossibile una qualsiasi destinazione gastronomica?
La soluzione più di 60 anni dopo – nel 2014 – sembra a portata di mano di Matt Davies, dottorando in paleontologia a Yale che scopre l’assente giustificato in quella cena: Paul Griswold Howes, l’imbalsamatore del gruppo che, impossibilitato a partecipare, si era fatto consegnare la sua porzione e l’aveva esposto al Bruce Museum di cui era curatore.
Quel pezzo di carne è ora, dal 2011, al Yale Peabody Museum of Natural History e porta un’etichetta applicata nel 1951: Megatherium e non Mammuthus. Cioè Bradipo Gigante, un altro animale già estinto all’epoca che secondo le cronache del tempo sarebbe stato trovato nell’isola di Akutan (Alaska, nelle Aleutine) dal geologo Bernard Rosecrans Hubbard e dal capitano George Francis Kosco.
Un’altra notizia bomba e in quel lontano 1951 ancora più appetibile: una carne di bradipo gigante avrebbe fatto ancora più notizia. Tutto quadra e non ci sarebbe stato motivo di non credere alla ricostruzione. L’etichetta era quella originale apposta da Wendell Phillips Dodge in persona, l’impresario teatrale che presiedeva l’organizzazione della cena annuale.
Sarebbe bastato leggere l’etichetta per accorgersi della bufala e mettere a segno un altro colpo scientifico: l’area di residenza del bradipo gigante era ben più ampia di quello che si era creduto.
Matt Davies non ci crede e affida la porzione della cena alle cure di una genetista, Jessica R. Glass. Che dopo un po’ di tentativi per eliminare le distorsioni dovute alla cottura risolve l’enigma: la carne è di una tartaruga marina, la Chelonia mydas o tartaruga verde.
Centro. Siamo alla bufala della bufala.
Dodge in realtà con una dichiarazione rompicapo in un bizzarro editoriale aveva provato a dire la verità:
“Non potrebbe essere che il presidente del comitato per la cena annuale abbia scoperto una pozione in grado di trasformare, per esempio, Cheylone mydas Cheuba [sic] dell’Oceano Atlantico in bradipo gigante dell’Abisso di Ade, nelle Aleutine?”
La controprova arriva dal menu della serata che prevedeva, guarda un po’, zuppa di tartaruga.
Nasce così una portata assai particolare: la carne di bradipo che era di tartaruga e voleva diventare di mammut.
Ricordatelo quando sarete al cospetto, che so, di una patata che ambiva a diventare tartufo da Massimo Bottura.
O ogni volta che tentate al ristorante di riconoscere l’ingrediente che lo chef, beffardo, vi propone a mo’ di indovinello.
La bufala potrebbe essere dietro l’angolo.
[Link: Wired. Immagini: Hulton Collection/Getty Images. Giulia Marruccelli]