Cannonau Pala: il vino che vi fa bere l’anima della Sardegna
Se la trappola più grande per una produzione storica è di rimanere uguale a se stessa, il Cannonau Pala non corre decisamente questo rischio.
Anche se l’azienda conta oltre settanta vendemmie (festeggiate da poco) e quattro generazioni in vigna, l’attuale proprietario, Mario, continua a studiare, provare sperimentare e migliorare.
Oggi Cantine Pala è una delle più importanti realtà del territorio del cagliaritano-oristanese, con vigneti situati negli areali più vocati per l’espressione di uve autoctone come il Monica, il Bovale, il Nuragus, Carignano e naturalmente Vermentino e Cannonau di Sardegna.
Sono circa 600mila le bottiglie prodotte ogni anno, articolate in diverse linee di produzione. Il mercato principale è l’estero, con il 56% della produzione che parte per gli Stati Uniti, il Giappone, l’Australia, le Maldive, gli Emirati Arabi, il Regno Unito e il Nordeuropa. Tanto che per l’Ismea è tra le realtà più diffuse al mondo, non per numeri ma per presenza.
Pala, vini e terreni di Serdiana
L’azienda dispone di 100 ettari vitati, suddivisi tra cinque diverse tenute, prevalentemente nel territorio intorno a Serdiana, piccolo comune a una ventina di km a nord di Cagliari, dove è la cantina.
Il restyling produttivo e stilistico avviene nel 2010, quando Mario Pala ha voluto riorganizzare tutta l’azienda.
L’idea era riuscire a esprimere il territorio – anzi, territori – del centro sud dell’isola, senza indulgere in tanta potenza e alcool. Che è un po’ l’idea diffusa sul Cannonau e sui rossi sardi in generale.
Nasce così la linea I Fiori, autoctoni in purezza da vigne relativamente giovani (sui 40 anni), e le etichette della linea di punta, anche qui autoctoni ma da parcelle particolari, cru e viti vecchie (tra i 40 e i 130 anni).
Soprattutto, sono gli anni in cui nasce il Cannonau Pala Riserva, che è stato il primo Cannonau Riserva del sud dell’isola a venire premiato con i Tre Bicchieri dal Gambero Rosso (annata 2011).
Cannonau Pala e gli altri rossi di Sardegna
Il lavoro che è stato fatto da allora e fino a tempi recenti, grazie anche alla consulenza dell’enologo Lorenzo Landi, è la valorizzazione dei tanti tipi di suolo all’interno dei vigneti di proprietà.
Per farsene un’idea basta fare un giro per le strade bianche sterrate, lungo i muretti a secco, e guardarsi intorno. Il profilo della zona è per lo più pianeggiante con dolci rilievi collinosi, in cui i colori del terreno mutano improvvisamente dal bianco sporco al ruggine, dal grigio al rosso.
Sabbie e marne calcaree (il mare non è lontano), argille e depositi vulcanici si alternano a macchia di leopardo anche all’interno dello stesso vigneto.
Un lavoro certosino di identificazione e valorizzazione che è confluito nelle etichette dell’alta gamma Pala, vini di personalità decisa e d’impatto.
Cannonau Pala, la mini verticale
Cannonau chiama Sardegna, è il vitigno più rappresentativo della produzione isolana, ma anche altrettanto misterioso.
Sulla sua storia si sa e non si sa, nei villaggi nuragici sono state rinvenute tracce della sua presenza sull’isola che risalgono a oltre 1000 anni avanti Cristo.
Parente del grenache ma diverso dal grenache, insomma, il Cannonau presenta tanti elementi di originalità, proprio come l’isola che lo ospita.
Quello che diventa Cannonau Pala Riserva cresce su una collina calcareo argillosa, a circa 200 metri slm, nella vigna Is Crabilis, esposta a sud da est a ovest.
Le uve sono raccolte manualmente, e dopo una macerazione di una decina di giorni, riposano un anno in botte grande.
Segue l’affinamento in acciaio per altri tre mesi prima dell’imbottigliamento e un ulteriore riposo in cantina prima di uscire sul mercato.
Per capire la personalità del Cannonau Pala Riserva non c’è niente di meglio di una piccola verticale.
L’annata più giovane, la 2019 (19 €), si presenta con color rubino deciso e un naso già elegante, non aggressivo. C’è un bel frutto lievemente appassito, note di pout pourri e una speziatura decisa, stemperata da accenni di olio essenziale di arancia amara.
Al palato si percepisce una giovinezza che ingannava l’olfatto, e la beva è asciutta e molto scattante, complice una bella spalla acida e un tannino presente ma fine.
La 2015, che è stata una bella annata anche in Sardegna, ha premiato in freschezza, ed ecco che dopo 6 anni il frutto rosso è ancora croccante, e genera un bel contrasto con note più scure e intense di polvere da sparo, liquirizia e pepe.
Al palato l’attacco è dal principio caldo, ma sfuma subito in un’eleganza diffusa in cui l’acidità vibrante e un tannino fine e risolto si rincorrevano con dinamismo.
Chiodi di garofano, pepe e frutta di bosco in retrolfattiva richiamano il naso e chiudono il cerchio.
Ancora indietro nel tempo, il Cannonau Riserva 2012 si annuncia più scuro e misterioso, già dal colore nel calice. Il naso rivela una maturità consapevole, con note di frutta matura, di timo, di resina e spezie delicate, già in secondo piano sulla scala dell’evoluzione.
A una bocca che ci si aspetterebbe materica e piena, si contrappone invece un sorso ancora snello e fresco, molto coerente ed elegante.
Sembra proprio che Mario Pala sia riuscito nella difficile missione di conciliare corredo alcolico (parliamo sempre di un rosso corposo, di 14,5°) e finezza di beva, che non stanca e offre un maggior ventaglio di utilizzi gastronomici.
Ne abbiamo avuto prova a cena, con gli abbinamenti proposti dagli chef Luigi Pomata e Renzo Corona.
L’antipasto, di gambero rosso crudo e animelle, cavolfiore e roux al burro di cacao sfida il bouquet del Cannonau Pala con un corredo aromatico di tutto rispetto. C’è intesa.
S’Arai Isola dei Nuraghi IGT, Cannonau Pala e…
S’Arai (cioè l’aratro) è il vino di punta della cantina, e prende il nome da Tanca S’Arai, cioè il vigneto delimitato dal muretto a secco (sa tanca).
Lì Cannonau Pala, Carignano e Bovale (in percentuale 40, 30, 30) crescono su terreni scoscesi calcarei in superficie e argillosi in profondità, da viti di circa 80 anni.
Tutte le uve vengono vinificate separatamente e dopo la fermentazione e il successivo assemblaggio trascorrono un periodo in vasche di cemento sotterranee prima dell’affinamento in barrique di rovere francese per 10 mesi circa, e poi in bottiglia per altri 6.
La 2019 al naso racconta di frutta già matura, di tabacco e fiori viola, mentre in bocca si sprigiona ancora una bella freschezza.
Tesa, speziata, di macchia mediterranea, dal tannino ancora vagamente astringente è comunque materica, corposa, dalla beva sostenuta da una sapidità spiccata, che si esprime con un attacco di chiodi di garofano e risolve nella scorza d’arancia.
Si tratta di un vino importante che viene prodotto solo nelle annate migliori (la 2018 non c’è). Anche il prezzo è importante, intorno ai 30 €.
Macarones de busa con ragu di selvatico è un pairing che si gioca sulle intensità aromatica e il corpo.
Siyr, Isola dei Nuraghi IGT
E’ il Carignano il protagonista di questa bottiglia, da viti di 60 anni coltivate nella stessa tenuta di Tanca S’Araj, caratterizzate da una resa molto bassa, appena 60 quintali/ha.
Curioso per un vitigno vigoroso e produttivo come questo, che però è proprio nel controllo in vigna che sviluppa intensità e personalità. Non autoctono – origine è spagnola – ma naturalizzato sardo, il Carignano di Cantine Pala affina in legno di piccolo calibro per circa 8 mesi, prima dell’imbottigliamento e un ulteriore riposo in vetro.
Al naso si presenta subito intenso, con un frutto rosso e succoso preponderante, che lascia intravedere note evolutive in trasparenza.
La bocca, nonostante l’apparente matericità, non risulta particolarmente calda, ma è avvolgente e ancora abbastanza tannica, con freschezza e acidità percepibili e un finale leggermente ammandorlato.
La bottiglia complessivamente rispecchia l’annata, è intensa ma non particolarmente ampia (15 €).
Con l’agnello ai carciofi la componente fruttata gioca una bella partita, e ne esce a testa alta.
A proposito di Bovale
Oltre al Cannonau Pala, tra i vitigni che l’azienda ha scelto di valorizzare, è il Bovale. Di probabile derivazione aragonese, si è trovato particolarmente bene nei terreni sabbiosi, bianchi e calcarei della zona di Terralba, nell’oristanese.
Vitigno difficile per l’alta alcolicità, i tannini bruschi e l’acidità spiazzante. Mario Pala invece ci ha creduto, e ben due sono le etichette che lo esprimono in purezza.
Il Thesys (annata 2019) è quella più immediata, semmai si può parlare di immediatezza riferita al Bovale. Questo cresce a poca distanza dal mare, direttamente sulla sabbia.
La resa bassissima (45 q/ha), l’attenzione nel processo di fermentazione e di affinamento (legno e vetro) si esprimono nel calice con note fiorite e di piccoli frutti rossi resi più intriganti da sfumature iodate e salmastre.
Al palato è piacevole conviviale e gastronomico, con un corredo gusto-olfattivo molto coerente, in cui spicca la componente fresca e la beva, snella e giovane. Al pubblico costa 14 €.
Essentja, come il nome suggerisce, è l’espressione più complessa e adulta del Bovale di casa Pala. Tutte le uve che diventano Essentja crescono nel terralbese, nelle tenute di Uras, Terralba e San Nicolò d’Arcidano, da vigneti ancora a piede franco, coltivati ad alberello basso tradizionale.
Qui ci sono sabbia e silicati a sostenere viti vecchie, da 80 a 130 anni, che rendono al massimo 40 quintali/ha, carezzati dalla brezza marina che dista solo 4 km.
La vinificazione è gentile e prevede lieviti selezionati tra i ceppi presenti in azienda. Tra la fermentazione e l’affinamento nelle vasche di cemento sotterranee passa un periodo di riposo. Seguono poi 2 anni di elevazione in legno (botti da 10 hl) e poi ancora acciaio e bottiglia, per un totale di circa 3 anni in cantina.
Tanto lavoro che poi si esprime appieno in degustazione. Anche qui tornano le note fiorite, che però assumono una sfumatura più agée, di rosa essiccata.
Già il colore suggerisce concentrazione, ma anche grande espressione. La bocca è ampia, avvolgente, tannica ma fine. Spezie, il caffè della moka, note balsamiche e una retrolfattiva lunghissima di macchia mediterranea chiudono un sorso fine e piacevole, intenso ma assolutamente elegante. L’annata 2019 costa 22,50 € ben spesi.
Porceddu e capretto arrosto al mirto giocano bene con i ricordi di erbe officinali, intensità e corpo.
Assoluto, Isola dei Nuraghi IGT
Non poteva mancare un vino da dessert. Assoluto (19 €) viene da da uve Nasco 80% e Vermentino 20%, direttamente da alcuni filari della vigna di Is Crabilis, di 60 anni circa.
Anche qui rese parossistiche (35 quintali/ha), vinificazione attenda e tradizionale, per ottenere il ‘vino degli amici’, perché per tradizione agli ospiti veniva offerto vino di Nasco.
Tra le varietà più antiche e ormai piu rare dell’isola, è il vitigno aromatico locale, da cui si producono vini dolci ma molto fini. Caratteristico del campidano, predilige i terreni molto calcarei.
Abbandonato quasi del tutto, è tra gli autoctoni che vivono una seconda giovinezza, anche se per ora gli ettari coltivati sono ancora pochi.
L’abbinamento ideale è con il dessert a base di gelato al fiordilatte, gel e cremoso di cachi, meringa e crumble.
Pala e i bianchi di Sardegna
Mario Pala ha riservato ai suoi bianchi le stesse attenzioni del Cannonau di Sardegna, del Carignano e del Bovale. Almeno due sono le referenze bianche di Cantine Pala che meritano la menzione.
Va detto innanzitutto che il loro vermentino, lo Stellato (17 €) è tra i più apprezzati e riconosciuti a livello internazionale, nonché l’unico Vermentino del sud Sardegna ad aver conquistato i Tre Bicchieri del Gambero Rosso (annata 2015).
Buono? Certo che è buono, ma quello che mi ha particolarmente colpito è una variante, davvero azzeccata. Lo Stellato Nature.
Stellato Nature, vermentino sur lie
La resa sfiora il ridicolo: 35 quintali/ha, le uve vengono solo da alcuni filari nella vigna di Is Crabilis, la stessa del Cannonau Pala Riserva, ricca di calcare e di scheletro. Vengono selezionate e macerano sulle bucce per una notte, fermentano in acciaio con batonnage continui per 4 mesi prima dell’imbottigliamento, con i lieviti.
Naso minerale e fiorito, nonostante le note evidenti dei lieviti, di frutta secca e pasticceria, che però restano delicate e fini. Al palato si rivela avvolgente e intenso, con ricordi di zucchero filato, buccia di agrume, frutta a polpa bianca dolce.
E’ una gran bella beva, di quelle che non stancano, lunghe e vibranti, saline e seducenti. Produzione limitatissima, solo 750 bottiglie. Non costa poco, ma li vale tutti i suoi 52,00 €.
Sta bene anche con il pomodoro: il sugo semplice al basilico con i culurgiones ripieni di patate sono un connubio molto azzeccato.
Entemari 2016, Isola dei Nuraghi IGT
Blend di uve bianche per l’Entemari, il bianco di punta dell’azienda. Vermentino, Chardonnay e Malvasia sarda dai pendii calcareo argillosi delle tenute nei dintorni di Serdiana.
Solite rese bassissime, vigne di 45-60 anni, il mosto dopo la pigiatura soffice resta 12 mesi in acciaio sui lieviti.
Nelle procedure è prevista anche una fermentazione breve in legno per una piccola parte di produzione (serve? boh), ma non in questa annata. Qui il grosso del lavoro lo fa l’uva. Il naso è minerale e fiorito, si allarga alla frutta gialla e alle suggestioni marine e iodate.
Un lieve idrocarburo gioca con la dolcezza del fiore d’acacia rendendo il tutto più intrigante. Il sorso è glicerico e tondo, predomina la frutta secca, l’agrume candito, contrastato da una spiccata sapidità. Finale pulitissimo e netto, in cui torna il ricordo del miele, naturalmente di acacia. L’annata 2019 costa 21 €.
Cantine Pala organizza visite con degustazioni per chi desidera entrare in contatto con il vino della Sardegna del centro-sud. Un’occasione da mettere in agenda per i prossimi soggiorni sull’isola.
Cantine Pala, Via Giuseppe Verdi, 7. Serdiana (CA). Tel. +39070740284