Carciofi e carbonara al Settimo cielo con vista sui tetti di Roma

Spenti i motori del Carbonara Day che ha portato milioni di uova ad infrangersi sulla pasta, a stilare elenchi e mappe per sapere dove mangiarla e ovviamente a mettere in fila le istruzioni per la ricetta perfetta da fare a casa, resta la voglia di carbonara.
Ci si cimenta da nord a sud e la fanno e offrono consigli anche chef insospettabili. Ma la carbonara è di Roma. Miti, leggende e storie spurie scansatevi: se si parla della pasta alla carbonara la pancia dice Roma. Con ennemila tavole che la propongono. Beninteso in una con la triade di amatriciana, cacio e pepe, gricia.
Egualmente, di stagione, il carciofo è argomento di Roma. Potete arrostirli, farci i risotti ma con la coratella, alla giudia o – appunto – alla romana sono nati e cresciuti dentro le mura aureliane. E poi si sono allargati fino al confine dell’Urbe, cioè il GRA.
E solo a nominare questi piatti insieme a supplì, al telefono ovvio, e baccalà le immagini di rimando sono la trattoria, Trastevere, gli indirizzi più conosciuti di vicoli e piazze. Con il fil rouge del piano strada. Da trattoria, insomma, come piace all’oleografia imperante o alla tipicità autentica.
A volare alto, di piani, poco ci si pensa. Ma gli alberghi sono fatti proprio per questo, gastronomicamente parlando. Mettono i ristoranti in cima al palazzo, su terrazze e rooftop. E a Roma con la vista – aridaje – sugli “iconici” tetti. Se il pensiero vi parte subito per i fagottelli alla carbonara, eccovi accontentati.
Settimo a Roma di nome e di fatto

Ma non è l’unico luogo di Roma a proporre carbonara ad alta quota. Basta salire al settimo piano del Sofitel, albergo che sta tra via Veneto, Trinità dei Monti, Villa Medici e Villa Borghese e oplà, la carbonara è servita.

Me lo diceva un amico viaggiatore che cerca di mettere insieme cuscini e cucine in un sol colpo. Due piccioni con una fava, in pratica. E allora ci sono andato su questa terrazza che si chiama – nome lunghetto e istituzionale – Settimo Roman Cuisine & Terrace. Terrazza romana e cucina romana al settimo piano.

Di sera e con tempo ancora incerto si sta al coperto del tetto apribile come le migliori B24 spider o Duetto. Altri tempi quando forse non ti saresti nemmeno aspettato l’incrocio tra cucina francese e padelle de Roma.
Lo chef

Ci pensa lo chef Giuseppe D’Alessio, originario di Teggiano in Campania, che ha girovagato in lungo e in largo per l’Europa prima di gettare l’ancora da parecchi anni al Settimo. Chef navigato che sa di dover coccolare gli ospiti stranieri dell’albergo e provare ad intrigare i Romani con l’amo del panorama. Che, basta guardare una foto con stagione e meteo favorevoli gentilmente allungata dal book, soddisfa l’occhio.
Bella anche la sala in versione hard top mentre si scruta il menu che propone una degustazione di pesce (100 €) e una di carne (95 €). E poi una nutrita carta che prova a mettere d’accordo chi cerca romanità e chi vuole estro e trend come la stracciatella, le alici di Cetara, i tacos, l’irrinunciabile polpo.
Ma siamo qui per la romanità e lo chef che saluta gli ospiti a un altro tavolo si avvicina sospettiamo causa accento delle sue parti natali.
E ci segue nell’ordine sommando ai supplì che sono evidentemente telefonati nella carta, il carciofo alla giudia – annuisce – e “aggiungerei uno alla romana” (approvato), carbonara (appunto), cacio e pepe e a chiudere il salato il baccalà della casa.
Ambiente easy e quindi si può condividere senza troppe cerimonie.
Come si mangia da Settimo a Roma

Partendo dai due supplì (21 €) che si telefonano con i fiori di zucca fritti appena scoperchiata la cuccuma con base traforata. Sui primi ci spalmiamo pure la crema di pecorino in dotazione da Settimo e, sì, siamo a Roma.

Arrivano i carciofi e – cavoli, siamo sempre nell’orto – sono proprio buoni. Quello alla romana, pur con un intruso, profuma ed è gagliardo al morso. Quasi croccante.

Croccantissime le punte del carciofo alla giudia con la spuma di patate che accompagna leggera (22 €). Molto buono.
Due piatti che starebbero bene anche in un’osteria.
I primi piatti e il baccalà

Direttamente Dalla Tradizione (la sezione della carta di Settimo) ecco i tonnarelli cacio e pepe con pecorino gentile e pepe rispettoso (24 €). Una versione meno strong del normale ma egualmente piacevoli.

Stessa filosofia di cucina per gli spaghetti alla carbonara (23 €) che sono cremosi con giudizio e con un guanciale di giusta consistenza. Una carezza e non un pugno ma a queste altezze il piacere deve essere sussurrato.

Chiudiamo la parte salata della cena da Settimo con un bel filetto di baccalà cotto in olio al rosmarino e accompagnato da crema di broccoli e cipolle in agrodolce (36 €). Bella sfogliatura e ottima realizzazione.

Il finale dolce è un super classico con il tiramisù al cioccolato e gelato (15 €). Fa compagnia a una lista di tradizione che diventa guida didattica per gli ospiti stranieri e perfetta comfort zone per gli Italiani.

Resta ancora la voglia di tornare a terrazza aperta e infilzare con una forchetta le mezze maniche del Cavalier Cocco alla amatriciana (22 €). Scommettiamo un calice che Giuseppe D’Alessio ci convince di nuovo?
Fatti due conti, il costo medio di un pasto con tre piatti al ristorante Settimo Roman Cuisine & Terrace a Roma è di 80 €.

Voto: 7/10
Settimo Roman Cuisine & Terrace. Via Lombardia, 47. 00187- Roma. Telefono: +3906478022998. Instagram