Carne da animali clonati. Primo sì alla vendita in Gran Bretagna
La carne e il latte provenienti da animali clonati e dalla loro progenie non sono dannosi e non presentano rischi per la salute. A questa conclusione è giusta la Fsa, l’ente britannico nato nel 2000 dopo lo scandalo di Mucca Pazza per vigilare sulla salute pubblica in relazione al cibo. Una conclusione in linea con quanto già espresso tre anni fa dalla Food and Drug Administration (Usa) ma in contrasto con la recente decisione dell’Unione Europea di mettere al bando, per cinque anni, la clonazione animale per scopo alimentare e di vietare l’importazione di carne e latte proveniente da animali clonati. Messa al bando che arriva mentre si attende che tutta la materia dei cosiddetti novel foods (gli alimenti non utilizzati nell’UE prima del 15 maggio del 1997), attualmente in discussione, sia regolamentata in via definitiva.
Insomma, due scuole di pensiero, l’una contro l’altra armate. Quella anglosassone (Fda e Fsa), più aperta e “commerciale” e quella europea, più prudente e sensibile agli interrogativi etici e ai dubbi dei consumatori. La Food Standards Agency sostiene che “alla luce delle limitate evidenze disponibili non esistono differenze nella composizione tra la carne e il latte degli animali convenzionali e quella prodotta da animali clonati” e che “eventuali differenze sono improbabili dalla seconda generazione in poi”. Per l’europea Efsa, l’esiguità degli studi disponibili deve indurre invece alla prudenza nella valutazione del rischio. Nel dubbio, l’Europa si è data tempo prima di decidere ma intanto una tracciatura nelle importazioni di prodotti “non convenzionali” sarebbe auspicabile visto che il 98% delle vacche da latte europee è il risultato dell’inseminazione artificiale e il 3% del seme è importato.
Il dibattito sul tema era esploso in estate dopo la notizia, confermata dalla Fsa, che carne di animali discendenti da esemplari clonati era entrata (illegalmente) nella catena alimentare e l’ammissione, da parte del Governo svizzero, che latticini e carne di animali “non convenzionali” giunti alla seconda-terza generazione erano già stati venduti nel territorio elvetico. Un problema che certo non lascia indifferente l’Italia, il più grande importatore di latte e derivati. Ora, dopo il parere di “sicurezza”, si attende la decisione finale della Fsa, a dicembre, per l’eventuale autorizzazione dell’alimento. Ma la conclusione appare quasi scontata.
[Fonte: newscientist.com, fsa.com]
Foto: agricolturaonweb.imagelinenetwork.com, salus-oring.blogspot.com