Lo chef del futuro esiste: si chiama Flynn McGarry e ha 15 anni
Ciuffo biondo laccato, sguardo da baby latin lover. Ha 15 anni e non è il nuovo masterchef junior d’America, ma un ragazzo che di certo, l’America, l’ha presa per la gola.
Il New York Times lo indica come chef del futuro, regalandogli una copertina patinata da vero Gordon Ramsay in piccolo. Un vero prodigio, così lo descrivono i colossi dell’informazione mondiale.
Si chiama Flynn McGarry e le idee per il futuro non mancano: a 19 anni vuole aprire “il miglior ristorante al mondo”, e tanto per far palestra sperimenta ad ogni ora del giorno, forte del suo training presso grandi chef come Ari Taymor dell’Alma, che – assicura – “E’ un prodigio, basta vedere il modo in cui si muove in cucina. Il suo talento è innato”.
Mente aspetta i tanto attesi 19 anni, cucina per amici e genitori, ma siamo quasi certi che gli ospiti di casa McGarry siano sempre molti.
Numerosi anche i suoi tour negli Stati Uniti, quasi come fosse un Justin Bieber dei fornelli. E, a quanto pare, effettivamente lo è. La passione per la cucina è esplosa a 3 anni, mentre la maggior parte di noi comuni mortali ridevano guardando le smorfie del proprio padre; poi a 11, la rivelazione: Flynn non è l’Hercules della Disney.
Fu costretto a stare chiuso in casa per 3 mesi a causa di una tosse persistente: dato poco interessante, ma fondamentale. Comincia a seguire tutte le puntate di Iron Chef Japan, uno show di cucina giapponese, che poi metteva in pratica. Un po’ alla mò di Prova del Cuoco della Clerici, magari più interessante e non solo per pensionati.
Il giovane creativo si rimbocca le maniche e si mette il cappello da cuoco: comincia a fare varie sessioni di apprendistato in vari ristoranti, costruendosi fin da subito un’ottima reputazione per la creatività e la concentrazione estrema, anche se sotto pressione.
I suoi piatti sono piccole opere d’arte, per lo più con diversi colori e minimaliste, ma con ingredienti comuni. Ed è anche questo che piace. Riuscire a far diventare gustosa una carota a testa in giù non è da tutti, in fondo.
Dalle puntate dello show Giapponese, ha saputo trarre ispirazione per l’impiattamento e per la composizione delle pietanze, donando a piatti con pochi ingredienti, come funghi e cremine varie, un imprinting orientale.
Sapere che anziché guardare gli Aristogatti o Aladdin un bambino di 3 anni incollava gli occhi a carni crude, coltelli, fornelli e jappo food un po’ inquieta. Di strada, assicura il giovane, ne ha da fare, ma di certo non se ne sta con le mani in mano.
E comunque, se pensate che guardare Masterchef e Benedetta Parodi possa rendervi chef famosi, fareste bene a cambiare canale. Il suo è un caso più unico che raro.
[Link: New York Times via D Repubblica. Immagini: Peden & Munk/The New York Times, Eater]