“Cioccolato puro” in etichetta. L’Europa condanna l’Italia
La Corte di Giustizia Europea ha condannato l’Italia per aver autorizzato la denominazione “cioccolato puro” sulle etichette. La denominazione non è contemplata nella normativa europea e può ingannare il consumatore, ledendo il suo diritto ad un’informazione “corretta, parziale e obiettiva”, si legge nella motivazione. D’ora in poi il consumatore dovrà dedurre la (eventuale) purezza del cioccolato dall’assenza, in etichetta, delle materie grasse vegetali utilizzate in sostituzione del burro di cacao, più nobile e costoso. Per evitare un ulteriore ricorso della Commissione Europea e la pena pecuniaria, il Parlamento italiano dovrà correre ai ripari mettendo fuori legge la normativa nazionale che consente l’indicazione incriminata.
“E’ una sentenza che colpisce le imprese italiane che operano nella qualità e nella tradizione e contro gli stessi consumatori i cui interessi vengono soverchiati dalla logica delle lobby”, ha commentato la Confederazione Italiana Agricoltori. “Non vorremmo che dopo il cioccolato si passasse all’olio e venisse eliminata anche la denominazione di ‘olio extravergine’ costringendo il consumatore che voglia comprare olio di qualità a cercare in etichetta il grado di acidità”.
Un altro attacco al made in Italy, fa notare Coldiretti, che passa in rassegna l’elenco delle “prese di posizione ambigue dell’Europa” in materia di produzioni di qualità. Per esempio “la possibilità per i Paesi del Nord Europa, introdotta con la riforma del settore vitivinicolo del 2008, di zuccherare il vino ma anche di commercializzare i vini ottenuti dalla fermentazione di frutti diversi dall’uva come lamponi e ribes e l’invecchiamento artificiale del vino attraverso l’uso di pezzi di legno invece che la tradizionale maturazione in botti di legno”. Nella lista degli ostacoli frapposti dall’Europa al made in Italy c’è anche “la decisione della Commissione di non accogliere la proposta italiana di obbligare l’indicazione di origine del latte impiegato nel latte a lunga conservazione e in tutti i prodotti lattiero caseari e di vietare l’impiego di polveri di caseina e caseinati nella produzione di formaggi”. La conferma, secondo Coldiretti, di un atteggiamento altalenante e ambiguo dell’Europa nei confronti dell’agroalimentare di qualità, fiore all’occhiello dell’economia italiana.
Smorza i toni della sorpresa Eugenio Guarducci, Presidente di Eurochocolate: “Si tratta di una notizia ormai nota agli addetti ai lavori. Dobbiamo domandarci piuttosto quali sono state in questi anni le azioni che il nostro paese ha messo in atto per proteggere la cultura del cioccolato. E’ mancata una sensibilizzare politica costante che poteva riportare all’esclusione dei grassi vegetali dalla ricetta originaria del cioccolato che deve prevedere solo massa e burro di cacao”.
E qui casca l’asino.Una volta introdotta, con la Direttiva europea sul cioccolato del 2000 (votata anche dall’Italia), la possibilità di utilizzare, entro il limite del 5%, grassi diversi dal burro di cacao nella ricetta del cioccolato, prevedere l’indicazione “cioccolato puro” per distinguere i prodotti più nobili da quelli più scadenti, equivaleva a chiudere la stalla quando i buoi erano già scappati.
Con la Direttiva del 2000 l’Europa aveva voluto armonizzare le legislazioni dei paesi europei in materia. Un intervento reso necessario dall’estrema disomogeneità dei prodotti in circolazione e delle normative di riferimento. Un esempio: il cioccolato prodotto in Danimarca, Regno Unito e Irlanda è tradizionalmente più ricco di grassi sostitutivi del burro di cacao.
Quella direttiva, oltre a fissare il limite massimo delle materie grasse vegetali diverse dal burro di cacao utilizzabili nel cioccolato (burro di illipé, stearina di shorea robusta, burro di karité, burro di cocum, nocciolo di mango e, solo per la copertura dei gelati, olio palma) prevedeva anche che l’eventuale presenza di grassi diversi dal burro di cacao fosse menzionata in etichetta in modo ben visibile e leggibile ma non prevedeva l’indicazione “cioccolato puro”. Ora la sua presenza, dopo la sentenza della Corte di Giustizia, è da ritenersi illegale.
[Fonte: Ansa.it, Agi.it]
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