La cucina di Tokushima al ristorante Osaka di Milano
Le Prefetture giapponesi sono 47. E mi sa che – una ad una – stanno sbarcando tutte qui in Italia, a Milano anzi, per l’Expo. Ormai ho perso il conto di quante hanno organizzato presentazioni, degustazioni, cene per promuoversi in occasione del loro turno di partecipazione all’evento.
Il loro sbarco in Italia in occasione dell’Expo 2015 ha i caratteri di una vera e propria (benevola) invasione, con la loro storia, le loro attrattive, i loro prodotti, la loro cucina.
L’ultima in ordine di tempo è stata Tokushima da viaggiare e da gustare, presso Osaka, uno dei più rinomati ristoranti giapponesi della scena milanese. Presentazione che incrociava turismo e gastronomia: una serie di slide a illustrare le bellezze della regione, i prodotti tipici, la gastronomia. Un oratore giapponese, una traduttrice altrettanto nipponica che però ha rovinato la presentazione con una traduzione poco intelligibile (sembrava stesse traducendo al momento una cosa mai vista, anche se leggeva). Ho l’impressione che i giapponesi non si fidino molto degli stranieri, e tendano – non è la prima volta che lo osservo – a mantenere uno stretto controllo su tutto quanto. Peccato che a volte questo finisca in una comunicazione difettosa.
Meno male che i posti sono sembrati particolarmente affascinanti – i gorghi di Naruto e i ponti sospesi di Iya in particolare. E che l’indaco, il loro colore “nazionale”, sia particolarmente bello e profondo. E che abbiamo potuto fare delle interessanti “scoperte” gastronomiche.
Anzitutto: ma com’è che ’sti giapponesi non mangiano sushi? Ovvero – che in queste serate ben raramente mi è capitato del sushi, o qualcosa di altrettanto “familiare”?
Anche in questa serata – che avrà un seguito al padiglione giapponese all’Expo, che ospita in questi giorni appunto la Prefettura di Tokushima – ho potuto conoscere aspetti gastronomici insoliti, anche grazie ai piatti preparati da Yoshiji Saito, chef e proprietario de La Maison Saitou a Tokoshi Ginza, Tokyo, e “ambasciatore” ufficiale della Prefettura.
A partire dalla seriola, un pesce parente della nostra ricciola, che prospera nei mari di Tokushima, allevata anche nella zona dei gorghi. A quanto mi diceva un gentile commensale giapponese, i pesci hanno nomi diversi a seconda delle dimensioni: un po’ come i nostri, che cambiano nome a seconda della regione.
Seriola, dunque: alimentata con sudachi (un agrume tipico della zona, aspro, di cui si usa solo il succo), ci è stata servita all’interno di uno yuzu (aiuto! un altro agrume tipico eccetera, dal sapore fra il pompelmo e il mandarancio) svuotato, in tartare, marinata nel succo dello yuzu stesso, e in due fettine su un letto di foglie – veramente interessante la marinatura.
A seguire, una crema di patate Naruto Kintoki, una sorta di patate dolci dalla buccia color rosso (che ci sono state servite anche come fine pasto, assieme al caffè), e radici Renkon: anche qui, un ottimo risultato.
Come per l’orata al vapore, con salsa al vino e alghe di Naruto, servita su una cappella di fungo Shitake: mentre di solito questi funghi hanno dimensioni ridotte, quelli di Tokushima sono enormi. E teneri. E buoni.
Il dolce: una tortina di riso zucchero e farina cotta a vapore (può essere insaporita con fagioli azuki, tè matcha, o altro) detta Uiro, una specie di mochi. E a me piacciono molto i mochi, quindi…
E quindi, i giapponesi sono soliti proseguire dopo la fine del pranzo con un’altra portata: ecco una delicata zuppa di grano saraceno proveniente dalla valle di Iya.
Il tutto accompagnato da sakè locali, liquori di prugne e a base di yuzu. Sono stato attento a non versarmi il sakè da solo, ma solo ai miei commensali, come mi dicono si usi in Giappone, chiedendo sottovoce all’amica alla mia destra di versarlo anche a me; e in effetti quando mi sono versato dell’acqua da solo, un giapponese dall’aria molto preoccupata è arrivato in mio soccorso. Ormai sto diventando un esperto: ho anche mangiato a uno dei tavoli giapponesi, grazie al cielo non così basso da costringermi ad accovacciarmi, ma comunque, rigorosamente, senza scarpe.
[Immagini: Tokushima, iPhone Emanuele Bonati, Angela Odone]