Tokyo. Promossi e bocciati nel mini tour della birra
A distanza di un anno sono ritornato a Tokyo che mi affascina per cultura, storia, tradizioni e per visitarla come un comune gaijin, uno straniero che si perde nei quartieri fashion e tra le fotopanoramiche in diurna e notturna. E per fare un mini tour birrario, industriale e non. Promossi, bocciati, conferme e sorprese.
Iniziamo dalle conferme. Bakushu Popeye che ha ottime birre, quasi la totalità giapponesi. È un pub, non un ristorante, il cibo è buono, la pizza non è da urlo, gli spaghetti sono cotti al dente. Come stuzzichino di benvenuto stavolta mi è arrivato un cubetto di spezzatino con uno spicchio di patata in umido degno della cucina di mia madre. Il tutto in un ambiente caotico ma accogliente. Mi siedo e mi presento ai vicini di bancone. Itariajin, sono Italiano, e i giapponesi fanno ooooohhhhhh. Poi dopo un paio di birre qualcuno che parlotta inglese lo trovi e inizia la fiera dei Kampai, i brindisi. Il Giapponese ti mette alla prova. Lo sanno loro e lo sapevano i latini: in vino veritas, se da brillo rimani cordiale, socievole ed educato sei pulito d’animo e sei ben accetto. Delle birre del Bakushu cito la miglior Barley Wine mai assaggiata, meglio di quella dell’ anno scorso: la Hakusekikan Hurricane 2007, 15° che arrivano morbidi, ma arrivano e neanche troppo lentamente. Le luci magari ingannavano ma, dentro l’ampio calice da vino, il colore è un rosso rubino scuro con riflessi vinaccia, non crea cappello. Al naso secondo me ha fatto un passaggio in botte di vino rosso, si sentono le acidità tipiche che i legni rilasciano. In bocca queste sensazioni sono confermate, insieme alla prugna, ciliegia e ad altri frutti rossi. È morbida, vellutata, complessa la bevuta. Nonostante la gradazione che va ben oltre un cannonau invita e invoglia la bevuta. Pericolosissima! Solo alla terza ho mollato il colpo.
Ad Ebisu ho visitato il museo della birra che prende il nome del quartiere, la Yebisu (oggi proprietà del marchio Sapporo) come il dio protettore dei pescatori, ma la Y è muta quindi si pronuncia sempre Ebisu. Dal treno entro direttamente nella stazione della birra in un tripudio di pubblicità alla birra che ti accompagnano per tutto lo skywalk fino allo Yebisu Garden, il centro commerciale all’aperto che ospita il museo. Bellissimo nella sua veste di legno scuro. È una galleria che ripercorre la storia del birrificio punteggiata da gigantografie dell’impianto originario e dalle pubblicità. Scopro che negli anni 30 in Giappone si beveva birra non pastorizzata e nel ’33 si parlava dell’ importanza della manutenzione dell’impianto di spillatura per garantire una buona birra al cliente. Non c’è biglietto di ingresso e per ogni oggetto o foto c’ è la descrizione in inglese. Esiste un tour guidato a pagamento che comprende una degustazione guidata, ma dovete conoscere il giapponese. In compenso per noi gaijin a corto di idiona c’ è il tasting salon, cioè un pub dentro al museo. Acquisto i gettoni da 400 ¥ l’uno e con 2 gettoni, quindi 7 € scarsi, scelgo un piatto di formaggi alle erbe e prosciutto dolcissimo di Sapporo e una birra a scelta tra le 5 presenti, bicchiere solo da 0,25. La Yebisu non l’ho mai vista nei ristoranti giapponesi nostrani ed è un peccato. È una industriale degna di nota: 5 birre diverse con un significato, niente per cui gridare al miracolo, ma un pelo al di sopra ad alcune nostre industriali.
Comincio dalla Lager da battaglia, l’ unica che è un po’ anonima con un sapore di cereale pronunciato nonostante la chiusura più amara senza guizzi. Ben bilanciata è la Premium, sempre una Lager ma ambrata: crosta di pane all’inizio, ma poi rimessa in carreggiata da un piacevole amaro e con una carbonatazione stuzzichevole. Passo alle nere. Consigliato dal ragazzo alle spine proseguo con la Black, una Dark Ale che al naso ti sembra una stout: i malti tostati escono con note di caffè e invece abbiamo una birra amara priva di corpo e di facile bevibilità. Per gli appassionati e bevitori “seri” ovviamente è una birra del quale non se ne sentiva la necessità ma contestualizzata va benissimo Passo alla Creamy Top Stout, morbida e beverina: al naso sa di toffee, sapore morbido (mild mi aveva detto il tipo), tende al dolce ma rimane nei ranghi e la tostatura è attenuata dalla cremosità. Corpo medio, si lascia bere. Ultima la Mix. Io pensavo fosse un blend in cask, invece sono 2 spine affiancate. Il blend è nel bicchiere, la Lager e la Black, anche la schiuma è bicolore, sembra quella del cappuccino, il risultato è la nera meno amara ma con un po’ più di corpo, pensavo fosse una ciofeca invece se po fà. Bello bello bello, anche la zona souvenir è carina. Sarebbe bello avere un museo così da noi.
Bocciato: Devil Craft a Kanda. Avevo letto un punteggio alto su ratebeer, ma mi sa che c’ha un sacco di amici e basta. Locale piccolo anzi, per il piano terra dove stavo io, angusto è la parola più adatta. 15 spine, un terzo solo sono nipponiche, e neanche da ricordare. Sul menu ci sono le note di degustazione, ma poi serve birrette mediocri. Alla spina monta Asahi che sarebbe come dire mettere in vendita una birra da GdO al Maccheseivenutoafà o al Baladin. A questo aggiungo una pizza col cornicione da 3 cm, Los Angeles Style mi dicono e io dubito della correttezza della citazione. Ed è pure costoso, media a 1000 ¥. Le birre bevute non ve le dico: lo sconsiglio e basta: volevo andare anche al nuovo locale aperto in un’altra zona, ma ho rinunciato.
Bocciatura anche per Asahi. Allora perché sono andato alla Asahi Hall? Perché il palazzo merita la visita solo per poter fare la foto dall’altra parte del fiume Sumida che dà il nome al quartiere, con lo Skytree (la torre più alta del mondo) a fare da sfondo. In notturna è uno spettacolo. La hall è a forma di bicchiere e sulla sommità c’è una struttura dorata che rappresenta stilizzata la schiuma portata via dal vento… oppure una cacca! Sì perché quello sembra. Il nome originale è Asahi Golden Flame, ma viene soprannominata la cacca dorata, o anche lo st****o dorato. Assaggiato le due birre scure di Asahi: dimenticabili. Nota a margine, hanno una nuova unità di misura, lo skytreeglass, un boccale alla tedesca con capacita 634 ml, cioè i metri della torre.
Spero di avervi dato un paio di suggerimenti se andrete a Tokyo. Io aspetto i vostri e rientro a casa con un paio di riviste per selezionare i locali da visitare nel mio prossimo “third Impact”: come se fossi in una puntata di Neon Genesis Evangelion.
[Immagini: laforeta.blogspot.it, animevice.com, japandailypress.com]