Farfalle al salmone con panna, la ricetta scientifica
Un caso di isolamento allo scaffale mi spinge a scrivere repentinamente la ricetta delle farfalle al salmone. Le farfalle (lisce), insieme alle penne lisce (in realtà rigate) sono state abbandonate a se stesse durante i giorni dell’assalto ai supermercati a causa del Coronavirus.
Formati di pasta ingiustamente scartati dai consumatori in preda al panico.
Eccoci allora a rivalutare le farfalle, rigorosamente lisce, con una delle ricette più anni Ottanta in circolazione, simbolo della milanodabere che fu al pari del cocktail di gamberi o dei tortellini panna e prosciutto.
Ricetta sostanzialmente “moderna”, che risveglia in ognuno di noi ricordi della gioventù o addirittura dell’infanzia: la panna su tutti, simbolo di una cucina di altri tempi (neanche tanto lontani, poi) ma che personalmente preparo sempre con piacere.
Millemila, quasi superfluo a dirsi, le ricette presenti sul web: panna fresca o UHT, salmone fresco o affumicato, aneto o erba cipollina, scalogno o cipollotto, burro o olio, rum o brandy, vodka o prosecco.
Insomma “orientarsi” non sembra facile tanto che, anche stavolta, ho deciso di preparare la “mia” versione, con qualche “supporto” scientifico chiaramente.
La ricetta scientifica delle farfalle al salmone
Ingredienti (per 4 persone)
- 360 g di farfalle lisce
- 200 g di salmone affumicato
- 40 g di burro
- 1/2 bicchiere di whisky/rum/brandy
- 1/2 limone
- 125 ml di panna (circa)
- sale
- pepe nero
- erba cipollina a piacere
1.La pasta
Farfalle, come dicevo, rigorosamente lisce.
Perché l’industria, che nel tempo ha censito oltre 1200 nomi di pasta, ha ben pensato di creare anche le farfalle rigate, per certi versi abbastanza discutibili.
Non entro nel merito di queste scelte, a volte a metà strada tra le necessità di sopperire alle carenze del prodotto industriale (spesso non in grado di “raccogliere” il sugo di turno) e la necessità di voler proporre costantemente novità.
Porrei semmai l’accento sulla necessaria attenzione di cottura anche delle farfalle lisce che, parimenti alle linguine (che, come ho già raccontato, hanno sezione lenticolare che non permette mai una cottura uniforme rispetto agli spaghetti), presentano una sezione centrale di maggiore spessore che potrebbe presentare il conto in fase di mantecatura finale, rischiando una eccessiva nodosità in caso di cottura troppo al dente.
Che dire, se siete veri dummies al posto vostro quasi quasi le preferirei rigate.
2. Il salmone
Il Salmo salar, noto in italiano come salmone dell’Atlantico o semplicemente come salmone, è un pesce osseo d’acqua dolce e marina tipico dei mari temperati e freddi del nord Atlantico.
È simile alla trota di mare da cui si riconosce però a prima vista per la bocca che raggiunge il bordo posteriore dell’occhio senza superarlo, per il peduncolo caudale più sottile, per la pinna caudale con una piccola incisione centrale e lobi appuntiti (profondamente forcuta nei piccoli esemplari) e per la testa in proporzione più piccola rispetto al corpo.
Il salmone è un pesce unico nel suo genere: nel periodo riproduttivo, infatti, i salmoni vanno alla ricerca di acque molto ossigenate e con poco sale. È per questo che risalgono i fiumi per arrivare fino alle sorgenti a deporre le uova. Le femmine depongono tra febbraio e marzo e, in estate, i piccoli salmoni che non arrivano ancora ai 10 cm di lunghezza, riscendono i fiumi per ritornare al mare e viverci fino alla maturità sessuale.
Caratterizzato da carni rosate e grasse, dolci al palato, presenta una polpa soda ed elastica che in commercio si può trovare fresca, in conserva o affumicata.
L’affumicatura, processo che prevede l’eviscerazione e l’eliminazione della testa, viene effettuata con due metodi:
- a freddo: il salmone viene sfilettato e messo sotto sale con una piccola aggiunta di zucchero e messo in contenitori lignei, e poi affumicato per 12 ore con temperatura non superiore a 20 °C.
- a caldo: il salmone viene filettato e messo sotto sale e affumicato con legno di betulla a una temperatura di 120 °C nei primi venti minuti, poi a 80 °C per tre ore, la temperatura interna del salmone non deve andare oltre 75 °C.
Fino a pochi anni fa il consumo di salmone affumicato superava di gran lunga quello del salmone fresco, ma con il dilagare della moda del sushi è cresciuto a vista d’occhio anche il consumo di salmone crudo oltre che l’utilizzo in cucina.
Quello che si trova sui banchi del pesce italiani è principalmente salmone allevato, anche se esiste il salmone selvaggio che vive e cresce in natura. Il salmone selvaggio ha un colore più inteso, più tendente al rosso, e ha meno striature di grasso visto che in natura ha la possibilità di nuotare di più e affrontare le correnti. Per lo stesso motivo in alcuni periodi dell’anno può avere carni molto più compatte.
3. La panna
La panna o crema di latte, è un latticinio costituito dalla parte grassa del latte.
È un’emulsione di un grasso in acqua prodotta dalla lavorazione del latte attraverso la scrematura.
Un tempo veniva prodotta per affioramento, lasciando cioè alla panna, più grassa del latte e quindi meno densa, il tempo necessario per affiorare.
Oggi, si produce per centrifugazione, processo molto più veloce ed efficace e che permette di avere un prodotto migliore.
La panna è la materia prima per produrre il burro.
Coagulando la panna con acido citrico o acido acetico alla temperatura di 75 °C si ottiene il mascarpone.
Una volta ottenuta la crema di latte, che contiene all’incirca tra circa il 36%-44% di grassi, viene di solito pastorizzata, riscaldata cioè per un certo periodo di tempo sufficiente a distruggere gli eventuali batteri patogeni e ridurre in generale il numero di microorganismi.
La pastorizzazione, come ci racconta il Prof. Bressanini, ha anche lo scopo di disattivare gli enzimi naturalmente presenti come la lipasi, che porterebbero all’irrancidimento dei grassi.
Più alta la temperatura di pastorizzazione, minore è il tempo necessario per uccidere i batteri.
La pastorizzazione viene effettuata a varie combinazioni di temperatura/tempo:
75 °C per 15-30 secondi, mentre Il trattamento UHT (Ultra High Temperature) invece è molto più “forte” e sterilizza la panna a 135 °C – 150 °C da uno a quattro secondi.
Ed è in questo modo che il latte o la panna hanno modo di rimanere sugli scaffali di vendita non refrigerati per molto tempo, anche se a risentirne, purtroppo, è il sapore.
La panna viene solitamente classificata in base al contenuto di grassi e si è soliti distinguere tra la panna da caffetteria, che contiene tra il 10 e il 20% di grassi, la panna da cucina, che contiene tra il 20 e il 30% di grassi, e la la panna da montare o panna da pasticceria, che contiene almeno il 30% di grassi, fino al 35%.
4. Le variazioni
Difficile un elenco esaustivo, mi limiterò qui a riportarne alcune:
- Cipolla, cipollotto o scalogno a fare da base.
- Olio extra vergine al posto del burro.
- Salmone fresco in sostituzione di quello affumicato.
- Vino bianco o prosecco al posto di rum/brandy/vodka.
- Prezzemolo o anche basilico nella bella stagione.
- Aneto, finocchietto o bacche di pepe rosa.
5. Preparazione e cottura
Semplice, semplicissima la fase di preparazione.
Prepariamo il salmone, tagliandolo grossolanamente, e comunque mai in pezzi non troppo piccoli.
In una padella a fuoco medio facciamo sciogliere il burro, uniamo il salmone, mescoliamo e spruzziamo con il succo di limone.
Facciamo evaporare, aggiungiamo la panna, il liquore scelto, sale, una macinata di pepe e cuociamo non più di tre minuti.
Punto d’attenzione: negli ingredienti ho indicato una quantità minima di panna. Non esitate, a seconda del gusto personale, ad aumentare leggermente la quantità indicata, cercando di mantenere un giusto bilanciamento tra gli ingredienti.
Nel frattempo lessiamo le farfalle in abbondante acqua salata che scoleremo piuttosto al dente.
Non dimentichiamo che volendo potremo utilizzare anche la tecnica della cottura passiva della pasta.
Tagliamo sottilmente l’erba cipollina.
Passiamo le farfalle in padella mantecandole per almeno un minuto o fino a quando non si sarà addensato il tutto aggiungendo l’erba cipollina.
Se necessario non esitiamo ad aggiungere un po’ d’acqua di cottura, l’effetto mappazzone è sempre dietro l’angolo.
Punto d’attenzione: non inorridite, dopotutto abbiamo usato già burro e panna, ma io in mantecatura non esito ad aggiungere un po’ di grana padano appena grattugiato.
Impiattiamo macinando al momento del pepe nero e la restante erba cipollina.
Buon appetito!
[links:welovepasta.it; tonnonostromo.it; bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it;]
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