Focaccia di Recco. Il disciplinare è una follia
Si fa presto a dire focaccia.
Ancor prima si fa a dire fugassa con il formaggio, vale a dire quel tripudio di grassi che si gusta a Recco, nella Riviera Ligure di Levante sin dai tempi delle invasioni saracene che vedevano ripiegare nell’entroterra terrorizzati contadini che esorcizzavano la paura a suon di farina di semola e formaggetta.
O meglio, si faceva presto. Perché la fugassa, arrivata a noi uguale uguale dall’anno 1000, da oggi si potrà mangiare solo ad Avegno, Camogli, Sori e naturalmente Recco.
E chiunque osi chiamare fugassa una qualsiasi altra focaccetta col formaggio viene punito con la pena capitale. Appena poche settimane fa, infatti, la focaccia recchese ha ottenuto l’agognato IGP, vale a dire l’Indicazione Geografica Protetta che se da un lato ne consacra la valenza identitaria e ne suggella l’inimitabilità, dall’altro limita mostruosamente, ottusamente, la diffusione di un prodotto che pure racconta la storia, l’evoluzione gastronomica del nostro paese e che nulla ha a che vedere, nel suo processo di produzione, con i luoghi dove è stato concepito.
Copio-incollo cosa è successo.
A dar fuoco alle polveri un episodio che va in scena alla Fiera dell’artigianato di Rho, Milano, due settimane fa e dietro il quale tutti intravedono l’operato di un corvo ostile all’iniziativa. C’è il banchetto che offre, per promozione, la focaccia di Recco al formaggio agli ospiti della manifestazione. È lo stand ufficiale, quello di Lucio Bernini, il promotore del Consorzio che per anni si è battuto con l’obiettivo di ottenere l’Igp. Ma arrivano i Nas, fanno riavvolgere gli striscioni e parte una denuncia per frode in commercio. Le regole sono regole: nessuno può servire altrove la focaccia col formaggio di Recco se non a Recco: neppure chi ha voluto la prestigiosa attestazione europea. […] Si scopre che al consorzio hanno aderito solo otto ristoranti nella cittadina e tre nella vicina Sori
È come se il babà, per dire, si potesse mangiare solo in riva al Reno perché è lì che un annoiato Stanislao Leszczinski se l’è inventato nel 1700, ma uova, farina e latte sempre quelli sono, non c’è IGP che tenga.
E non a caso la fogassa è ad oggi l’unico prodotto da forno ad aver portato a casa l’ambito merito superando il severissimo disciplinare (non ci è riuscita la pizza in secoli e secoli di storia) però a ben vedere non si sa se sia davvero un bene per i panificatori della regione ai quali è impedito perfino di venderla oltre i confini, organizzarsi con dei semilavorati, surgelare, congelare, ovviamente esportare.
Che se chiami fogassa una cosa che è uguale uguale alla fogassa ma stai, per dire, a Genova porto, arrivano i Nas e ti fanno smontare l’esercizio.
Allora? Ne valeva davvero la pena? Questa focaccia val bene un IGP?