Food porn. La Perla di Martin Benn al Sepia è il miglior piatto 2014
L’ho vista e mi è subito piaciuta. La Perla di Martin Benn, chef del Sepia di Sydney è soprattutto bella, anzi, bello come piatto e come dolce, pre-dessert. E’ stato eletto miglior piatto 2014 dalla SMH Good Food Guide, all’altro capo del mondo, in Australia. Sta lì, davanti a me la sfera argentata e dura come la superficie di una biglia, sottile e resistente al tempo stesso. È ripiena, lo vedo da fuori, e mi incuriosisce. Bisogna toccare il guscio con un colpo secco e far implodere la sfera per liberare lo zenzero e il lime del sorbetto e della crema che si spanderà in bocca.
Martin Benn ha impiegato tre mesi di alchimie per far diventare la sfera sottile come il guscio di un uovo vero ma abbastanza resistente per non spappolarsi. La disposizione delle schegge sembra quasi studiata a tavolino. La sfera luccicante va in frantumi in maniera scenografica.
Mi ha ricordato un’altra sfera, quella di Francesco Apreda e del suo pastry chef, di cui ho letto qui. Ricordo di uovo.
Martin Benn è al Sepia dal 2009. A 39 anni è partito dalla natia Inghilterra del sud per andare a Londra a 18 anni nella Brasserie di un hotel francese. In successione va per due anni al ristorante stellato Michelin, l’Oak Room guidato dallo chef Michel Lorrain e poi da Marco Pierre White al Criterion per restarci un anno prima di volare in Australia nel 1996 alla volta del Level 41. A Sydney, nel 1999 è da Tetsuya Wakuda per restarci 8 anni.
Martin Benn utilizza tecniche contemporanee come nel dessert pearl, ma custodisce metodi di cottura ben più tradizionali come il grill. Gli chiedo qualcosa mentre guardo la cucina, le preparazioni, i piatti che lo hanno reso famoso.
Franca Formenti. Come immagini la ristorazione del futuro, lusso per pochi o più low budget?
Martin Benn. L’Australia è un paese molto ricco in cui non c’è soltanto un economia ricca ma anche gli standard di vita sono molto alti. Più che la materia prima è costoso assumere personale. Credo che l’alta cucina avrà sempre più successo in Australia.
FF. Slowfood chiede cibo locale e stagionale e niente multinazionali. Tu da che parte sei?
MB. L’Australia è sempre due passi indietro rispetto all’Europa anche per quanto riguarda la ristorazione. Noi prendiamo ispirazione da quello che succede in Europa. In questi anni anche gli chef australiani cercano di usare il cibo locale e quindi tutti cercano di abbracciare questa filosofia. Alcuni ristoranti hanno i propri orti o hanno le proprie farm in cui coltivano i loro prodotti e allevano i propri animali. Io ci tengo ad usare il più possibile il cibo locale, ma è anche vero che diventa insostenibile seguire un orto o allevare degli animali.
FF: Priorità all’etica o al gusto?
MB. Ogni singolo prodotto che acquisto per io mio ristorante ha un motivo. Se io compro un pollo, so che quel pollo viene da uno dei migliori allevatori locali che ho trovato in zona o in Australia e ho le garanzie che non abbia subito maltrattamenti ma è anche stato alimentato in modo eccellente.
Allo stesso modo non prendo in considerazione il dentice perché in Australia è vietato in quanto non sostenibile.
Quindi uso solo materia prima che sia eticamente e stagionalmente sostenibile e chiaramente la sfida è portare avanti la mia ricerca culinaria rispettando questi parametri etici e sostenibili.
FF. Arte e cibo, cosa ne pensi?
MB. Sono molto appassionato di arte contemporanea e ne traggo ispirazione ma tengo le due cose separate perché i mie piatti sono complicati, però quando li guardi sembrano semplicissimi.
Suppongo che vogliate sapere come si mangia al Sepia. Molto bene, ma forse è inutile aggiungerlo.