Gellius a Oderzo: recensione del ristorante museo con stella Michelin
Un ristorante che ha nella pancia un museo. Un museo che ha nella testa un ristorante. Questo è il Gellius di Oderzo. Potrebbe mettere soggezione. Ci sono stata e vi racconto com’è una cena a casa dello stellato Alessandro Breda*.
Lo chef Breda, cinquantenne nato nella vicina Conegliano e cresciuto nella brigata di Gualtiero Marchesi, per poi sperimentare l’estero con il “Tantris” di Monaco di Baviera e il “Four Season” di Londra, ma anche la realtà pluristellata de “l’Enoteca Pinchiorri” e la propria piccola gestione de “Il Capitello a Corbanese di Tarzo, è arrivato a Oderzo quasi per un caso nel 2000.
E si è mosso un passo alla volta per, lo dico con le sue stesse parole, “farsi voler bene dal paese”. Allora Opitergium – questo è il nome latino di Oderzo – con gli opitergini suoi abitanti, gli ha voluto bene. E gliene vuole tuttora.
Certo, il ristorante che oltre ad essere un sito archeologico ha anche dal 2005 una stella Michelin può intimidirvi, ma Breda ha diversificato l’ospitalità e l’offerta in gourmet, bistrot, lounge bar. Sono ambienti diversi e con personalità, décor distintivi, un’accoglienza dedicata ma non ingessata. Diverse clientele li frequentano, incrociandosi.
Una cena non è solo cena (spiate intanto portate e pairing nel menu che vi tengo tra le mani): è anche visita guidata leggendo le pietre antiche con una guida della locale associazione culturale Athena. Anche per capire perché Gellius si chiama Gellius.
Perché il Gellius si chiama così
Colpa e merito di una pietra: un’epigrafe romana reimpiegata nella costruzione delle mura difensive della Oderzo medievale. Si legge su quella pietra la dedica di un certo Caio Gellio, quadrumviro, al padre Quinto L. Antioco, liberto, e alla di lui moglie Secunda.
Questo per dire che il figlio di uno schiavo affrancato poteva avere una splendida carriera politica in una comunità importante. Sì, perché Opitergium, municipium romano, era una piazza commerciale, come rivela l’originario nome venetico Opterg, che significa appunto mercato.
D’altronde anche un ristorante è un crocevia. Un luogo di scambi. Genesio Setten, l’imprenditore che con una ristrutturazione molto valorizzante ha voluto trasformare il Gellius nella realtà che è ai giorni nostri, ha visto lungo.
Ma sediamoci a cena.
Gellius: un lungo pre- tra benvenuto, tapas, antipasto
Grissini impastati col burro. La voluttà. Caldo e panciuto il pane ai grani antichi (ma ovazione per i grissini), leggiadri i panini a forma di croissant. Una nuvola di burro, a parte, da svenimento…
Mayo, patata americana dolce, spuma di broccoli, broccoli e acciuga. Oh che bell’inizio.
Tre tapas minuscole delicate divertenti, eleganti: Jelly di Americano, limone, anacardi (occhio che allo chef piace giocare con i pilastri dei cocktail!). Topinambour nel suo guscio croccante di buccia, crema alla nocciola. Panino al mais ripieno di baccalà mantecato, insomma una polenta e baccalà portatile.
Brodo di seppia, noodles al nero. Sembrano uguali a delle spirali di liquirizia. Invece si dissolvono appena toccati con la punta della lingua. Sapidi, non prepotenti. Diabolicamente intriganti.
Radicchio tardivo in due modi: crudo e grigliato (dal gusto affumicato). Su crema di patate. E funghi chiodini e lamponi.
Piatto pisciforme con tris ittico, che sulla carta risponde al nome di Antipasto di pesce Gellius e inizia con scampo, caramello d’aceto e crostacei.
Al centro, branzino, finocchio gin & tonic che… ta-dah, ri-strizza l’occhio alla mixology. Il mio preferito, poi scalato in seconda posizione dopo aver assaggiato capesante, scarola, lime, burro alla nocciola, che ho scoperto essere uno dei più riproposti anche dallo chef.
Lo chef non è un maniaco del km zero, v. pesce in una zona che mare non è. Ma è ossessionato dalla qualità perfetta degli ingredienti. Che vede la cucina come un divertimento, un rifugio (e io aggiungerei un’arte esercitata con umiltà e grande consapevolezza). Sono sicura che il divertimento è bilaterale per cuoco e cliente.
Le portate principali del Gellius. Leit-motiv caldo e dorato
Risotto al baccalà mantecato, (polvere di) zucca, gelato alla cipolla. Magnifico. Sapori d’oro, colori dorati. Qualcuno dei convitati avrebbe spaiato i pairing preferendo il Riva Arsiglia delle cantine Menti destinato all’entrée di radicchio al posto del dorato greco Assyrtico 2017 abbinato a questo risotto. Personalmente mi andava bene …
Uovo cremoso, cavolfiori, castagne, tartufo nero. Un’ode all’autunno, dove niente è crudo, ma dove cottura significa anche trattamento delicatissimo dell’albume e composizione dei profumi. L’uovo cremoso è molto caro allo chef. Il Milanese Imbruttito che è in me direbbe “è un signature-dish”. In effetti, ogni anno e ogni stagione ha il suo uovo cremoso in carta.
Grandi lodi al pairing, un Le Sid 2004, Cahors, Cosse Maisonneuve, Francia.
Wagyu, sedano rapa, crocchette di mele e rafano. Il rafano sì, così amato in quest’area geografica e nella Mitteleuropa. E il wagyu, Oriente. Goduria per i carnivori questo cubo di carne tenero sotto il coltello come un budino.
Pre-dessert che potrebbe già fare da dessert definitivo: fiordilatte alla salvia, decorato con una tigratura di caramello al beurre salé.
E il dessert è un gioco ab ovo
OVO, il dessert. Un gioco di parole gli ingredienti: caco, cacao, cocco, curry. Un gioco picchiettare per romperlo e dentro avere l’effetto di un tuorlo dal colore vivo e sano come in un uovo di campagna. Dopo l’uovo vero come portata, l’illusione d’uovo come dessert. Per mangiarsi il “guscio” fino all’ultima briciola.
Nei calici, un In Sé del 2015, Vendemmia Tardiva dalle casa Cescon. A seguire, una folla di post-dessert.
A parte, cioccolato e marshmallows, con variante mango per i commensali lactose-free…
Ghiaccioli all’anice stellato, che sembrano caramelle iridescenti su un letto di ghiaccio. Caramelline tremule, cioè cubetti alla gelatina mango-passion fruit. Mini-mini-mignons ai frutti di bosco. E c’est fini.
La carta, i prezzi
Cenare al Gellius pone la questione se scegliere un percorso-degustazione o mangiare à la carte. Essendo la carta attuale più concentrata, difficile consigliare o sconsigliare.
I percorsi hanno un suono antico e bello: Quinque (85€) e Septem (110€) che suggeriscono il numero di portate anche nella versione con pairing enologico piatto per piatto (per cui il Quinque diventa 130€ e il Septem 175€) curato dal maître sommelier Mattia Garon. I prezzi à la carte? Gli, antipasti tra i 9€ della singola ostrica e i 50€ dell’antipasto di pesce sunnominato. I primi sui 25€ in media, i secondi dai 30-35€ ai 50€.
In alternativa, una cena al bistrot Nyù, che, come è giusto che sia, è un po’ il prêt-à-porter rispetto alla couture della stessa firma.
Quando sarà, sarà. Ma mettete una gita a Oderzo nella lista dei desideri.
Gellius Ristorante – Nyù Bistrot. Via Calle Pretoria 6. Oderzo (TV). Tel +39 0422 713577
[Immagini: iPhone di Daniela]